Sforzarsi di “entrare per la porta stretta”: è il suggerimento offerto da Gesù a chi gli chiede “se sono pochi quelli che si salvano”. Sembra offrirci un’immagine diversa del “Padre dell’amore e della misericordia” con le braccia sempre aperte “per accoglierci”, dice il Papa all’Angelus, in piazza San Pietro, in realtà quello di Cristo è un monito per quanti pensano di essere perfetti cristiani ed è anche un richiamo alle difficoltà e ai sacrifici da affrontare quando si intraprende la strada evangelica.
Il Signore non vuole scoraggiarci. Le sue parole, invece, servono soprattutto a scuotere la presunzione di coloro che pensano di essere già salvati, di quelli che praticano la religione e, perciò, si sentono già a posto. In realtà, essi non hanno compreso che non basta compiere atti religiosi se questi non trasformano il cuore: il Signore non vuole un culto separato dalla vita e non gradisce sacrifici e preghiere se non ci conducono a vivere l’amore verso i fratelli e a praticare la giustizia.
Non basta professare la fede con le parole
Leone XIV spiega che quanti non avranno un amore vero verso il prossimo, nel momento in cui “si presenteranno davanti al Signore vantandosi di aver mangiato e bevuto con Lui e di aver ascoltato i suoi insegnamenti, si sentiranno rispondere: ‘Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!’”.
Mentre a volte ci capita di giudicare chi è lontano dalla fede, Gesù mette in crisi “la sicurezza dei credenti”. Egli, infatti, ci dice che non basta professare la fede con le parole, mangiare e bere con Lui celebrando l’Eucaristia o conoscere bene gli insegnamenti cristiani. La nostra fede è autentica quando abbraccia tutta la nostra vita, quando diventa un criterio per le nostre scelte, quando ci rende donne e uomini che si impegnano nel bene e rischiano nell’amore proprio come ha fatto Gesù.
La “porta stretta” della croce
Quella che Cristo ha scelto non è “la via facile del successo o del potere”, chiarisce il Papa, anzi, “pur di salvarci, ci ha amati fino ad attraversare la ‘porta stretta’ della croce”. Perciò Gesù “è la misura della nostra fede”, “la porta che dobbiamo attraversare per essere salvati”, e questo “vivendo il suo stesso amore e diventando, con la nostra vita, operatori di giustizia e di pace”.
La vita nuova nell’apertura agli altri
Il cammino cristiano, insomma, comporta “scelte faticose e impopolari, lottare contro il proprio egoismo e spendersi per gli altri” e “perseverare nel bene” quando “sembrano prevalere le logiche del male”. Ma solo così, conclude il Pontefice, “scopriremo che la vita si spalanca davanti a noi in modo nuovo” ed “entreremo nel cuore largo di Dio” e anche “nella gioia della festa eterna che Egli ha preparato per noi”. Da qui l’invito ad invocare Maria “perché ci aiuti ad attraversare con coraggio la ‘porta stretta’ del Vangelo”, e ad “aprirci con gioia alla larghezza dell’amore di Dio”.
L’appello per Capo Delgado
Leone XIV ha lanciato infine un appello per la situazione drammatica della regione di Cabo Delgado, in Mozambico, auspicando che si riporti pace e sicurezza nel Paese africano.
È infatti dal 2017 che sono in corso attacchi di matrice jihadista a Cabo Delgado, dove si registrano più di 5mila morti. L’intera provincia è devastata, più di un milione i profughi, bisognosi di assistenza umanitaria. Nelle ultime settimane si sono verificati attacchi molto significativi specialmente nel distretto di Chiure, ai confini con la provincia di Nampula, più a sud rispetto a Cabo Delgado, e a Metuge. Una cronaca di sangue per lo più dimenticata a livello internazionale e sulla quale il Pontefice accende i riflettori:
Esprimo la mia vicinanza alla popolazione di Cabo Delgado, in Mozambico, vittima di una situazione di insicurezza e violenza che continua a provocare morti e sfollati. Mentre faccio appello a non dimenticare questi nostri fratelli e sorelle, vi invito a pregare per loro ed esprimo la speranza che gli sforzi dei responsabili del Paese riescano a ristabilire la sicurezza e la pace in quel territorio.
L'appello viene diffuso a pochi giorni dalla denuncia, da parte del passionista Fonseca Kwiriwi, della diocesi di Pemba, sulle pagine di Nigrizia, degli orrori nella regione con bambini rapiti dai terroristi di Al-Shaabab per essere indottrinati e diventare bambini-soldato.
Vaticanmedia/red