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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (19 dicembre 2024)
Catt
  • Storia di una chiamata
    COMMENTO

    Storia di una chiamata

    Pubblichiamo nel blog di suor Sandra parti della sua autobiografia dal titolo «Storia di una chiamata», pubblicata con le edizioni Villadiseriane 2024, INTRODUZIONE Non sono mai riuscita a tenere un diario, anche se ci ho provato. Mi sembra di avere poco da raccontare e poi, a dire il vero, sono una persona piuttosto silenziosa. Leggendo alcune autobiografie, è nato in me il desiderio di scrivere una breve storia della mia vita, fatta di luci e di ombre. Santa Teresa di Gesù Bambino diceva che in Paradiso, avremo la sorpresa e la gioia di comprendere la vita di tutti coloro che abbiamo conosciuto. Così ho deciso di intraprendere questa avventura, andando a ripescare nella mia mente i ricordi che sono rimasti impressi. “Noi ricordiamo qualcuno o qualcosa quando ci tocca il cuore, quando ci lega un particolare affetto.” (Papa Francesco) INFANZIA Mia madre mi raccontò che ero nata al mattino presto, verso le sei. A mio padre e al resto della mia famiglia, giunse la felice notizia mentre erano a colazione. Era il primo di dicembre del 1967. I miei genitori mi hanno accolto con amore e di questo sarò loro sempre riconoscente. I medici avevano consigliato a mia madre di abortire, in quanto avrei potuto nascere handicappata, ma i miei genitori decisero di accogliermi così come ero e, grazie a Dio, andò tutto bene e nacqui sana. La mia sorella maggiore si chiama Isabella, la seconda Bea, e mio fratello, morto in un incidente di cui racconterò in seguito, si chiamava Roberto. Loro sono nati in fila, io sei anni dopo mio fratello. Il 17 dicembre, giorno del compleanno di mamma Nora, ricevetti il battesimo nella chiesa di Santo Stefano a Rancate. Era una giornata gelida, con un freddo pungente. Ricevetti il nome di Sandra, Claudia (mio papà) e Igea (la mia nonna materna). Sandra significa “protettrice degli uomini”. Mia madre mi raccontava che ero una bambina piuttosto tranquilla e silenziosa. Amavo giocare con le mie bambole, e più tardi con la barbie. Mi piaceva anche ascoltare le fiabe che erano il mio passatempo preferito. Della scuola materna ricordo solo che avevo il contrassegno della ciliegia, la pasta di dentifricio alla fragola e il budino al semolino che ogni tanto ci davano da mangiare, e che proprio non mi piaceva. A casa, condividevo la camera con mia sorella Bea e quando ero un po’ triste lei riusciva a tirarmi su il morale. LA MUSICA E LA DANZA Più tardi ho iniziato a suonare il pianoforte prendendo lezioni private. Le insegnanti sono sempre state soddisfatte e per un po’ ho pensato che in seguito avrei potuto studiare al conservatorio, La mia mamma mi spronava a studiare, anche se a volte volevo mollare tutto, ma oggi sono felice di non aver smesso perché questo dono mi è servito molto in convento per animare la messa e accompagnare la liturgia delle Ore. Col tempo ho capito che, sebbene la musica mi piacesse alquanto, non era un ideale abbastanza grande al quale dedicare tutta la mia vita. Cercavo qualcosa di più! Ho provato anche con la danza classica. Non ero particolarmente aggraziata ma avevo sempre la speranza, un giorno, di mettere le scarpette con le punte. Alla fine ho rinunciato. In famiglia ero sì coccolata, ma data la differenza di età dai miei fratelli, a volte mi sentivo come figlia unica, un po’ sola. Ero introversa ma felice con la mia famiglia. C’era una bella armonia. Con mio padre andavamo spesso a camminare, ma quando ero piccola gli chiedevo di tanto in tanto: “papi, quando torniamo a casa?” Lui con pazienza mi spronava a camminare ancora un poco. Gli piaceva quando gli mostravo i fiorellini dei campi e contemplavamo insieme la natura. Avevamo anche un appartamento a Splügen (nel Grigioni) e lì, con tutta la famiglia, abbiamo trascorso delle belle vacanze: in inverno a fare lo sci di fondo e in estate a camminare e a raccogliere mirtilli. Ho dei bei ricordi di quando andavamo alla messa di mezzanotte a Natale, nella chiesetta cattolica al centro del paese. C’era sempre tanta neve e il freddo pungente si faceva sentire. Era piacevole altresì andare a trovare la nonna Igea e trascorrere qualche tempo con lei a Lugano Paradiso. Andavamo col battello fino a Porlezza. A Lugano visitavamo le chiese, accendevamo una candela e poi, per chiudere in bellezza, ci stava pure un cono di gelato. Ho avuto sempre un debole per fare shopping, anche se non è proprio una virtù monastica. Accompagnavo volentieri mamma Nora a fare la spesa e a tirare il carrello. Nora era ed è tuttora, una brava donna di casa. Mia madre, qualche anno fa, mi raccontò che Padre Pio da Pietrelcina, aveva predetto a mia nonna, durante una confessione a San Giovanni Rotondo, che ci sarebbe stata una suora in famiglia, ma questo pensiero era ancora lontano da me mille miglia…Ricordo che un giorno, camminando a Rancate con due mie amiche, passando vicino al ricovero incrociammo una suora e le due ragazze fecero un gesto di disprezzo. Io ci rimasi male e non approvai. (continua) di Suor Sandra Künzli

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