di Federico Anzini
Domenica 23 novembre, nella chiesa parrocchiale di Massagno, verrà ricordato il decimo anniversario della scomparsa di don Emilio Conrad. La messa delle ore 10 sarà un momento di memoria e di gratitudine verso un sacerdote che ha lasciato segni profondi sia in Ticino sia oltreoceano. L’iniziativa è promossa dalla parrocchia e dall’ASCB, associazione fondata da lui stesso, che raccoglierà offerte in sua memoria da destinare alle opere sociali della parrocchia di San Carlos Borromeo a Barranquilla, in Colombia.
Una vocazione adulta e coraggiosa
Nato nel 1929, don Emilio fu ordinato sacerdote nel 1958, a 29 anni. Fin dai primi anni del ministero mostrò una sensibilità particolare per i giovani e per chi viveva ai margini. «Fu un prete di strada, vicino alle persone, capace di far sentire la Chiesa come casa accogliente», ricorda Mauro Clerici, che per anni ne ha seguito e raccontato le vicende missionarie. Negli anni Settanta, maturò la scelta di partire come fidei donum, sacerdote diocesano inviato in missione. Nel 1972 lasciò il Ticino per le montagne di Policarpa, in Colombia, una zona difficile segnata da povertà e violenza. «Là dove c’era bisogno, don Emilio vedeva un’opportunità per seminare speranza», scrive ancora Clerici.
Il ritorno e la Caritas
Rientrato in Ticino nel 1979, fu nominato direttore di Caritas Ticino, incarico che ricoprì fino al 1987. Sotto la sua guida l’organizzazione consolidò il proprio impegno sociale, aprendosi con coraggio alle nuove sfide dell’accoglienza e della cooperazione internazionale. Fu in quegli anni che nacque in lui il desiderio di tornare a «toccare con mano» la missione.
Nel 1987 ripartì per la Colombia, questa volta a Barranquilla, dove diede vita al progetto diocesano di Los Olivos. In un quartiere povero e popoloso, edificò una chiesa, un centro parrocchiale, un asilo, una scuola media e professionale, e una cooperativa di lavoro: Co-Olivos. Tutte realtà che, ancora oggi, sono gestite dalla comunità locale.
«La sua non è mai stata una pastorale assistenzialista, ma promotrice di sviluppo e attenta ai segni dei tempi», ricorda ancora Clerici. Don Emilio credeva che la fede dovesse generare dignità e autonomia. Per lui la carità non era elemosina, ma partecipazione e corresponsabilità.
Fiducia assoluta nella Provvidenza
Chi l’ha conosciuto ricorda la sua proverbiale fiducia nella Provvidenza. Spesso, nei momenti più difficili, ripeteva: «Se il progetto è giusto, Dio ci penserà». E la Provvidenza non mancò mai. Don Emilio riusciva a ottenere aiuti e sostegni non solo grazie alla sua fede, ma anche alla fiducia che ispirava in chi lo incontrava.
Il legame con il Ticino
Dopo quindici anni trascorsi in Colombia, rientrò definitivamente nel 2002. Continuò a seguire i suoi progetti da lontano e a testimoniare il valore della solidarietà come via di crescita umana e cristiana. Visse gli ultimi anni a Lugano, presso il Convitto di Santa Maria di Loreto e poi al Centro La Piazzetta, dove si spense il 20 novembre 2015.
A dieci anni dalla sua morte, la figura di don Emilio Conrad resta viva. «Non ha mai cercato il successo, ma la fedeltà al Vangelo», conclude Mauro Clerici. Il suo esempio ricorda che la Chiesa è missione, ogni volta che sceglie di «uscire» per incontrare chi ha più bisogno, con umiltà, fiducia e mani operose.