di Corinne Zaugg
Abbiamo incontrato la dott.ssa Myriam Caranzano, già direttrice dell’ASPI (la fondazione ticinese per l’aiuto, il sostegno e la protezione dell’infanzia) ed esperta a livello internazionale del tema della prevenzione della violenza e dell’abuso sui minori, al suo rientro da Uppsala, in Svezia, dove aveva partecipato ad un importante convegno su questo tema.
Myriam Caranzano, le recenti vicende che hanno scosso la diocesi d Lugano, ci hanno lasciato tutti da un lato increduli e dall’altro con dentro un forte sentimento di impotenza circa la possibilità di poter mai venire a capo di questa piaga. Lei, invece, ci dice che è possibile. Che violenza ed abusi possono venir azzerati. È davvero possibile?
“Abbiamo tutte le conoscenze e le competenze necessarie per porre fine alla violenza e agli abusi sui bambini. Non sono io a dirlo, ma l’Organizzazione Mondiale della Sanità.”
Questa sì che è una bella notizia. E in che modo?
"Non è questione di cancellarle la violenza con la bacchetta magica, ma di mettere insieme tutta una serie di strategie che permettono di agire su più livelli".
Ce le vuole svelare?
"Ad esempio, se le famiglie non hanno eccessivi problemi finanziari questo si ripercuote positivamente sulla qualità di vita di tutto il nucleo. C’è poi l’importante aspetto del sostegno alla genitorialità, che è fondamentale. Perché se non è facile fare il genitore alle volte è altrettanto difficile essere un bambino. Per cui sostenere i genitori perché possano aiutare i loro figli a crescere, senza fare uso della violenza, è molto importante. Ed è possibile. Ve lo dico da mamma di quattro figli. E questo è un aspetto fondamentale della prevenzione. Perché si sa che quando si riesce a proibire l’uso della violenza nell’educazione, è la società tutta che ne guadagna.”
Se queste sono ambiti che riguardano in primo luogo i genitori, vi sono anche degli ambiti su cui si può lavorare insieme ai bambini?
"Certamente. Attraverso le cosiddette life skills, ossia le competenze che si possono sviluppare nei bambini stessi. Se un bambino ha imparato che nessuno può fargli del male, farlo star male, urlargli addosso, picchiarlo o invadere la sua sfera privata, tutto questo può fare la differenza".
A settembre in diocesi prenderà avvio, per la seconda volta, un ciclo di prevenzione dedicato ai preti e seminaristi della diocesi. Quali i suoi obiettivi di questo percorso?
«Il primo obiettivo è quello di fare chiarezza su tutti i tipi di abusi: sessuali, fisici, psicologici, spirituali. Il secondo, capire come un prete o una persona di Chiesa debba comportarsi incontrando una vittima che viene a confidarsi con lui. Il terzo obiettivo è mostrare come un prete possa contribuire alla prevenzione. Il nostro obiettivo è quello di fare in modo che non ci siano più vittime. Per cui è importante che anche i preti contribuiscano a questa prevenzione primaria. Infine, vorremmo far passare il messaggio che esistono strutture dove una persona che sente di avere una attrazione di tipo sessuale verso i bambini, possa chiedere aiuto: e questo vale per qualsiasi persona, uomo o donna. Perché ricordiamoci che anche le donne posso mettere in atto comportamenti abusanti. Il corso può essere anche opportunità per trovare l’aiuto necessario per non passare all’atto. È un punto delicato, perché ammettere una cosa del genere non è facile. Ma è un invito che rivolgo sistematicamente: se qualcuno riconosce il problema, l’importante è farsi aiutare. Aggiungo che tale richiesta di aiuto è importante anche per i familiari di chi commette un reato. Farsi aiutare può voler dire evitare anche a loro un’ulteriore sofferenza.”
Sempre in autunno, diventerà operativo il gruppo, da lei coordinato, di ascolto e aiuto alle vittime: una realtà che finora in Ticino non c’era.
«Lo studio dell’Università di Zurigo aveva messo in evidenza l’importanza che i gruppi di auto-aiuto avevano avuto nella Svizzera tedesca e romanda per le vittime di abuso. E visto che nella Svizzera italiana non c’era nulla di simile, con Simonetta Caratti abbiamo visto la necessità di crearne uno. Ci siamo prese del tempo per poterlo istituire in modo davvero solido. E’ importantissimo che le vittime che vi si rivolgono, trovino un ascolto di qualità da parte di persone preparate. A differenza dei gruppi della Svizzera romanda e tedesca, abbiamo deciso di aprirlo a tutti, non per solo vittime. Penso, infatti che chi ha subito un abuso, abbia ancora parecchio da gestire a livello psicologico ed emozionale, prima di riuscire a mettersi al servizio degli altri. Attualmente siamo un bel gruppo multidisciplinare che ha voglia di fare un buon lavoro».
Ascolta l'intervista completa: Oltre gli abusi – Chiese in diretta del 1.9.2024
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