di Cristina Vonzun*
23 svizzeri e svizzere, adulti e giovani, donne e uomini, hanno vissuto giornate intense e belle partecipando a Roma all’incontro delle équipe sinodali diocesane e nazionali con Leone XIV. Scambi, dialogo, apertura universale sul tema della sinodalità sono solo alcuni degli elementi della grande assise in Vaticano vissuta da 3’000 rappresentanti da tutto il mondo che hanno partecipato a 25 workshops, 3 gruppi seminariali, plenarie e liturgie. Due gli incontri con papa Leone: il dibattito del 24 ottobre con i delegati e la celebrazione conclusiva del 26 ottobre. Dialoghi e testi papali importanti, in quello che è stato un primo passo comune della fase di attuazione del Sinodo mondiale per una Chiesa sinodale. Gli svizzeri presenti vi hanno scoperto la complessità della Chiesa universale. Questa è – in sintesi – l’esperienza del presidente della Commissione Sinodale svizzera, il laico basilese Detlef Hecking. «Sono emersi tutti i temi: dal cambiamento climatico alla democrazia, dalla guerra alla pace, dalle questioni doganali alla persistente divisione dell’Europa tra Est e Ovest, ma anche – e ancora – il tema delle donne». Hecking si è detto lieto di vedere una Chiesa «che vive nel suo tempo e cammina con il tempo». «Dal Segretariato del Sinodo – dice il presidente – ho sentito grande interesse per le nostre esperienze, per raccoglierle, elaborarle e proseguire il lavoro». Questa apertura universale – secondo il presidente della commissione sinodale svizzera – non può che fare bene anche alla Chiesa in Svizzera, sovente troppo concentrata sulle proprie strutture. Gli esempi virtuosi, infatti, non sono mancati a partire soprattutto da quelli provenienti dai Paesi poveri o in situazione di conflitto e difficoltà, diocesi i cui delegati hanno testimoniato un’incredibile vivacità sinodale.
Alcuni esempi: Amazzonia, Medio Oriente e Perù
Ad esempio, la Conferenza Ecclesiale di Amazzonia, nata dopo il Sinodo dedicato alla regione, riunisce indigeni, teologi e vescovi in un’unica battaglia a difesa dell’ecologia integrale in zone di depredazione selvaggia dell’ambiente; oppure le tante strutture sinodali a servizio del bene comune e del dialogo interreligioso e della pace raccontate dal vescovo di Beirut – tra il Libano e altri Paesi del Medio Oriente. Chiese dove si potrebbe pensare che esistano problemi più grandi della sinodalità. Invece, è qui, che grazie al dialogo sinodale, alla conversazione nello spirito anche con uomini e donne di altre religioni, si riesce a condividere opere e idee di pace. Poi a Lima, in Perù, dove 129 parrocchie stanno implementando quel principio di circolarità di idee e risorse tra laici, religiosi, preti, istituti e organismi ecclesiali a vantaggio di una pastorale dal basso, di corresponsabilità, che coinvolge la base. E sempre dal Perù, Leone stesso ha testimoniato di religiose che guidano da anni parrocchie e unità pastorali.
I giovani: apprezzamento per il Papa che mostra di proseguire il cammino di Francesco
Valentina Anzini, una dei cinque ticinesi dell’équipe diocesana reti pastorali e sinodo presenti a Roma, è anche vicepresidente della commissione sinodale svizzera. Si dice, con altri giovani svizzeri presenti, soddisfatta. «Il Papa ha detto parole molto forti e chiare, lasciando le porte aperte anche alla questione femminile. Mi è piaciuto molto quando ha sottolineato: “Poche volte nella vita mi sono sentito ispirato da un processo. Mi sento ispirato dalle persone che vivono con entusiasmo la fede”». Leone invita così a guardare alla sinodalità non come teoria ma quale esperienza di Vangelo e di comunione che può affascinare. Una sfida concreta, ovunque.
Cyprian Grüsser e Thomas Schäppi, due ragazzi svizzeri che con alcuni altri coetanei elvetici hanno preso parte al giubileo delle équipe sinodali, fanno parte del movimento giovanile DACHS-Svizzera. Sia Cyprian che Thomas, si sono detti positivamente sorpresi dall’andamento del percorso sinodale e dall’atteggiamento di Leone XIV. Entrambi sono arrivati a Roma senza grandi conoscenze preliminari. Il primo è subito stato colpito dagli interventi nell’incontro di dialogo tra il Papa ed i rappresentanti dei sette gruppi continentali: “Sono convinto che qualcosa stia davvero andando avanti”, ha detto, affermando di essere uscito dall’aula con un sentimento positivo. Thomas ha sottolineato l’importanza della vicinanza fisica tra i partecipanti durante l’evento: “È stato bello che non ci fosse una separazione spaziale tra vescovi, religiosi e noi semplici giovani.” Questo ha reso possibile stabilire i primi contatti e presentare le proprie prospettive. I due giovani hanno espresso un giudizio particolarmente positivo sull’atteggiamento di Papa Leone XIV. Cyprian Grüsser ha sottolineato la forza di Leone XIV e la sua disponibilità a proseguire il processo avviato. “Il grande potenziale di diversità e di ricchezza” presente nella Chiesa deve essere valorizzato, ha aggiunto il giovane, auspicando che in futuro tale potenziale venga “meno ostacolato”. Schäppi ha sottolineato di aver trovato bello che Leone XIV facesse spesso riferimento a papa Francesco: “Così mostra chiaramente di voler proseguire il cammino avviato da Francesco.” Per entrambi i giovani questo incontro di Roma è stato un’importante occasione di collegamento con altri coetanei, sia a livello nazionale che internazionale.
L’esperienza romanda
Philippe Becquart, laico e teologo, membro della presidenza della commissione sinodale svizzera e delegato per la sinodalità della diocesi di Losanna, Ginevra e Friborgo, ci dice. «Avevo due obiettivi a Roma: ascoltare il Papa e incontrare la realtà del mondo francofono. Ho interpretato questo incontro come momento conclusivo della fase di comprensione, di consultazione e di rilettura del Sinodo per passare ora ad una attuazione non più dall’alto, ma dal basso, con la domanda se questo progetto della sinodalità può trovare una realizzazione nelle comunità ecclesiali e missionarie di base. Sono stato sorpreso, scoprendo negli incontri a Roma che questo processo funziona meglio nelle Chiese povere che in quelle ricche. Ho discusso con rappresentanti di grandi diocesi, con tanti mezzi e mi sono reso conto che la comprensione della sinodalità non era ancora scesa in profondità, in particolare la tematica della missione e della conversione. Invece, dove le Chiese hanno pochi mezzi in termini di personale e strutture, ci sono delle iniziative sorprendenti. E questo conferma l’intuizione fondamentale di papa Francesco delle comunità di base come luoghi propri del cammino sinodale. La sinodalità non è un concetto da discutere: è un’esperienza da vivere. Questa esperienza la sottoporrò al mio vescovo, ai suoi consiglieri ed esperti per vedere come proseguire».
Becquart ci racconta il cammino sinodale in Romandia, nelle zone di sua conoscenza. «All’inizio ci sono state delle resistenze perché molti non capivano il senso della parola sinodalità, mentre oggi essa non è più vista come una sorta di rottura ma la messa in atto del discernimento proposto con il Concilio vaticano II, una tappa successiva dello sviluppo del Concili». Becquart ritiene che la sinodalità parli a tutti, anche alle correnti identitarie cattoliche dell’area francofona, perché tutti necessitano di essere ascoltati, di relazioni, di conversione. Attorno alla sinodalità si gioca l’adesione o meno, al Concilio vaticano II.
Un’immagine eloquente
In conclusione, sono state giornate intense quelle romane, vissute scoprendo e riscoprendo il cuore di questo cammino sinodale che è la nozione di “popolo di Dio” con il suo sensus fidei che ridice e rilancia l’idea tutta del Concilio Vaticano II di una comunità cristiana assembleare e non piramidale, riunita attorno ai Successori degli apostoli e con loro in dialogo. Di temi ne sono usciti molti e i cantieri aperti sono ancora tanti. Il Papa stesso, nel dialogo con i sinodali, ne ha parlato (vedi sotto).
Vorrei terminare con un’immagine molto bella e significativa di questa Chiesa - popolo di Dio e assemblea - evocata da qualcuno tra noi, durante la tavola rotonda svizzera e consegnataci nell’incontro dialogo con il Papa: Leone XVI era seduto al tavolo con rappresentanti di tutto il popolo di Dio: donne e uomini, laici, religiosi, vescovi, preti, cardinali con lui in dialogo. Un’istantanea eloquente di cosa è la sinodalità.
*giornalista, direttrice di ComEc e membro dell’équipe sinodale della Diocesi di Lugano
In attesa dei prossimi passi a livello svizzero e ticinese
Quattro anni fa si apriva il Sinodo della Chiesa cattolica sulla sinodalità, con le sue parole chiave: «Comunione», «Partecipazione», «Missione». Un processo articolato nell’ascolto del Popolo di Dio, a livello prima diocesano e poi continentale, nel discernimento, che è approdato in Vaticano nelle due Sessioni della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi culminato con la pubblicazione del Documento finale, a fine 2024. A luglio 2025 Roma ha condiviso le tracce di applicazione, un testo per l'attuazione del Sinodo nelle Chiese locali. In Svizzera esiste da quest’anno la commissione sinodale svizzera con 31 membri. Vanta anche tre ticinesi: don Sergio Carettoni, coordinatore in Ticino del processo sinodale, Valentina Anzini, in qualità di rappresentante dei giovani e vicepresidente della commissione e Patrizia Cattaneo. «La commissione – spiega Valentina Anzini – riunisce persone provenienti dalle diverse aree linguistiche del Paese. Vi sono rappresentanti di realtà pastorali diverse: donne, giovani, migranti, pastorale dei territori, religiosi e preti». I prossimi passi previsti sono una riunione di verifica tra i partecipanti all’evento di Roma, un incontro della commissione e il punto con i vescovi svizzeri. In Ticino invece esiste l’équipe diocesana reti pastorali e sinodo. L’équipe si incontrerà a breve con i responsabili della diocesi di Lugano.