3/3 Reportage dall’Armenia di Chiara Gerosa
Il nostro è stato anche un viaggio di incontri con realtà di missionari cattolici in questa terra. Uno di questi ci ha portato in una steppa immensa e brulla a più di 2000 metri di altezza, al nord dell’Armenia, al confine con la Georgia. Qui, tra una ventina di villaggi di pastori dislocati nella steppa all’apparenza infinita, si trova un ospedale gestito da un vivacissimo 84enne religioso camilliano vicentino, Padre Mario Cuccarollo, che si trova lì da più di 35 anni.
Un ospedale nato dal terremoto
L’ospedale di Ashotsk è oggi un punto di riferimento insostituibile per l’intera regione. La sua storia comincia nel 1988, quando un terremoto devastò l’Armenia. Papa Giovanni Paolo II volle offrire un segno concreto di solidarietà donando un ospedale, e la Caritas Italiana si mobilitò. Le autorità sovietiche accettarono, ma imposero che venisse costruito in un’area remota, poverissima, al confine con la Georgia.
«Quando arrivai qui – racconta Padre Mario con occhi vispi – non c’erano strade, né acqua corrente. Solo neve e tanta povertà». Inviato quasi per caso, senza sapere nemmeno dove fosse l’Armenia («Mi feci indicare il Paese su un atlante da mia nipote e partii» – ci dice), partì pochi giorni dopo la chiamata del suo superiore. «Mi dissero: dammi una risposta in dieci minuti, il telefono costa. Così dissi sì, e partii».
Una missione che continua
Da allora, grazie all’impegno suo e di tanti collaboratori, è nata una struttura che unisce cura medica e attenzione umana. All’inizio i religiosi erano tre, ma nel tempo le vocazioni sono diminuite e Padre Mario è rimasto da solo a portare avanti questa missione difficile, fatta di impegno quotidiano, sacrificio e fede in mezzo a una realtà dura e isolata. Ad affiancarlo una direttrice sanitaria armena che mette l’anima in tutto ciò che fa.
In un paesaggio che per gran parte dell’anno resta coperto di ghiaccio e neve, dove la temperatura in inverno scende sotto i -30°, l’ospedale è più di un luogo di cura: è una casa. «Cerchiamo di prenderci cura delle persone a 360 gradi. Chi viene qui trova una porta aperta, sempre». Negli anni si sono moltiplicati i servizi: una maternità attrezzata, 21 ambulatori per raggiungere i villaggi e tanti servizi extra.
«Il nostro è un lavoro silenzioso, ma costante. E il Vangelo si annuncia anche solo restando accanto a chi soffre», dice Padre Mario.
Leggi anche: Armenia, la fede di un popolo scolpita nella pietra e nei cuori
Leggi anche: La realtà del Nagorno-Karabakh: la croce nel silenzio delle montagne