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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (11 dicembre 2025)
  • Bombe su un ospedale in Myanmar, 33 morti e oltre 50 feriti

    Sono almeno 33 i morti e oltre 50 i feriti provocati dall’ennesimo attacco aereo sul Myanmar. Questa volta l’esercito birmano ha colpito un ospedale di Mrauk U, una località situata nello Stato di Rajine, quasi interamente controllato dall'Arakan Army (AA), un gruppo etnico armato attivo molto prima che l'esercito rovesciasse il governo civile di Aung San Suu Kyi. È proprio nelle aree in cui la presenza delle milizie ribelli è più capillare che la guerra si sta facendo sempre più intensa. Era avvenuto sabato nella cittadina di Tabayin, nel cuore di Sagaing, dove sempre un attacco aereo aveva provocato 18 morti e una ventina di feriti. 

    L'esercito tenta di riconquistare terreno

    I due recenti attacchi di Mrauk U e Tabayin s’inseriscono così in una fase in cui l’esercito birmano sta tentando di riconquistare terreno. In diverse regioni, soprattutto nel nord, le Forze armate birmane (Tatmadaw) stanno sfruttando la nuova campagna di coscrizione obbligatoria, l’uso di droni e la mobilitazione delle milizie locali per rallentare l’avanzata delle molteplici forze ribelli. In effetti, una recente analisi dello ISEAS-Yusof Ishak Institute, citata da The Diplomat, parla di una “ripresa limitata”, che ha permesso ai militari di recuperare alcune posizioni negli Stati Shan, Kachin e Kayin, rompendo assedi e riaprendo corridoi strategici. Si tratta però di successi circoscritti, frutto più della riorganizzazione interna che di un mutamento reale nei rapporti di forza. Ampie zone del Myanmar restano fuori dal controllo della giunta e la violenza sugli abitanti — come quella vista a Sagaing — continua a segnare il conflitto. I ribelli dell’Arakan Army hanno ad esempio sottratto al Tatmadaw la quasi totalità dello Stato costiero del Rakhine, un territorio più vasto di tutto il Belgio. Il risultato è che la giunta mantiene un controllo effettivo solo sul 20-30 per cento del Paese e, secondo diversi analisti, la possibilità di una riconquista totale del territorio resta ancora remota.

    Gli attacchi alle infrastrutture

    A subire le conseguenze di questo conflitto prolungato sono anzitutto le infrastrutture: dal 2021, anno del colpo di Stato in Myanmar, più di 400 strutture sanitarie sono state distrutte o rese inagibili, mentre oltre 240 scuole sono state colpite dai bombardamenti o trasformate in basi militari. Da una simile sorte non vengono risparmiati neppure gli istituti religiosi. Secondo i dati raccolti da organizzazioni civili attive nel Paese — Independent Investigative Mechanism for Myanmar, Centre for Information Resilience e Myanmar Witness —, oltre 200 tra monasteri buddhisti, moschee, chiese e altri siti sacri sono stati danneggiati, saccheggiati o rasi al suolo negli ultimi quattro anni.

    La Chiesa birmana non si tira indietro

    Nonostante ciò, «la Chiesa birmana non si tira indietro», racconta ai media vaticani suor Naw Elsi, delle Ancelle Missionarie del Santissimo Sacramento. La religiosa birmana descrive una comunità che continua a vivere accanto alla propria gente, condividendo «difficoltà, disperazioni, pianti e dolore», accogliendo le ferite di un popolo provato dalla guerra e dalla povertà. Il sostegno passa anche attraverso la presenza nei villaggi più isolati: «Le nostre consorelle aiutano i bambini, gli orfani e i poveri nei campi profondi — ci racconta — portando cibo, acqua, vestiti, medicine, costruendo spazi per dormire e pregare, insegnando catechismo e accompagnando le famiglie nel tentativo di ricostruire un futuro possibile. È un lavoro fatto di visite nelle case, nei campi, nelle scuole, per ascoltare la gente, comprendere il dolore e incoraggiarla a vivere». Un impegno costante nell’ombra che, ripete suor Naw Elsi, la Chiesa birmana non interrompe mai.

    Vatican News

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