Calendario romano: Gv 6,60-69
di Dante Balbo*
«Qualcosa ci deve essere!», mi dicono quando discutiamo di fede, di origine del mondo, di realtà trascendenti. Tutto il rispetto per chi intuisce che il mondo non si è fatto da sé, indipendentemente dalle corrette analisi scientifiche, che danno ragione del come, ma non del perché sia quello che è. Nel Vangelo della XXI domenica del Tempo Ordinario però la questione è posta in modo totalmente diverso. Gesù ha appena detto che per avere la vita eterna bisogna mangiare la sua carne e bere il suo sangue, permettendogli di divenire cibo, vita che scorre nella nostra umanità, con la potenza della sua nuova esistenza di Risorto. A questo punto molti se ne vanno, dimentichi dei prodigi, delle guarigioni, delle parole che hanno scosso le loro certezze. Restano con lui gli Apostoli, perché non possono credere che sia impazzito, o non hanno il coraggio di tornare alla loro vita quotidiana. Tuttavia sono sconcertati e hanno il coraggio di manifestare a Gesù che ha detto delle cose difficili, incomprensibili, inaccettabili. Il nazareno non cede neanche per un attimo, è disposto a perdere tutto, non può e non vuole addolcire il proprio messaggio, anzi, senza mezzi termini chiede loro se vogliono andarsene come gli altri. Lo stesso accade nella prima lettura, in cui Giosuè che ha sostituito Mosè alla guida di Israele, domanda al popolo cosa desidera fare: seguire gli dèi antichi, oppure quelli della terra in cui sono appena entrati. Quanto a lui, con la sua famiglia sceglie di servire il Signore. Soprattutto nei momenti più difficili, ci viene chiesto di scegliere, non fra due idee, ma fra due modi di vivere, al cui centro c'è una relazione personale: seguire sé stessi, le proprie forze, le proprie convinzioni, o fidarsi di un Dio che ha carne e sangue come noi e per amore offre la vita e si fa cibo. Il motore immobile della filosofia è un bel risultato del pensiero, ma al bisogno d'amore risponde solo l'amore.Certo che c'è un Dio, ma se non è per me, non conta niente.
*Dalla rubrica televisiva Il Respiro spirituale di Caritas Ticino su TeleTicino e su YouTube
Calendario ambrosiano: Mt 10,28-42
di don Giuseppe Grampa
Domenica scorsa leggevamo le parole di Gesù ai discepoli inviati in missione e oggi si conclude questo «discorso missionario» con altre indicazioni. Anzitutto, il discepolo non parte, ma è «mandato». E proprio perché «mandato» non intraprende una iniziativa personale, solitaria. Insistente è il richiamo: chi accoglie voi, accoglie me e anche un bicchiere d'acqua fresca dato al discepolo proprio perché discepolo non passerà inosservato agli occhi di Dio. Il discepolo parte forte di una presenza che come ombra lo accompagna: un Altro parla in lui, di un Altro sono le parole che deve dire, ad un Altro prepara la strada. Uno sguardo vigile lo segue, lo sguardo di quel Padre che conta perfino i capelli del nostro capo e si prende cura dei passerotti. Se il volo dei passerotti e la sorte dei nostri capelli non sfugge allo sguardo di Dio, potrà sfuggirgli la sorte di uno dei suoi discepoli? Di qui nasce il coraggio. Il discepolo dovrà affrontare prove decisive e compiere scelte coraggiose. È possibile che la sua stessa vita sia a rischio e che debba scegliere tra la vita da un lato e la fedeltà alla missione dall'altra. Confidiamo che a noi sia risparmiata una tale drammatica scelta ma ci è comunque domandato il coraggio della coerenza con l'Evangelo, ad ogni costo. Ancora una volta, con questa parola carica di minaccia che sembra distante dall'Evangelo, viene affermata la nostra libera scelta: dobbiamo liberamente scegliere di stare dalla parte di Dio, scegliere di dichiararci suoi. Infine la coerenza con l'Evangelo potrà esigere dure scelte che segnano dolorosamente anche gli affetti più cari, i legami familiari. I vincoli del sangue che chiamiamo «sacrosanti» non devono impedirci la coerenza con l'Evangelo che è «spada a due tagli» (Eb 4,12). È questa la spada che Gesù è venuto a portare, appunto quella Parola che è segno di contraddizione, è giudizio, è coraggiosa decisione. Il coraggio può nascere in lui solo dalla fiducia in questo sguardo.
Intervista a fra’ Michele Ravetta, cappellano delle strutture carcerarie cantonali.
Un centinaio di persone, il 15 dicembre, hanno fatto un percorso dal sagrato della chiesa di S. Rocco fino alla chiesa di S. Giorgio, dove si è potuto ammirare, in una grotta, la rappresentazione vivente della Natività.
Raccolti CHF 26'500 a sostegno delle persone in difficoltà in Ticino. I fondi saranno destinati a due realtà locali che incarnano i valori di solidarietà ed assistenza: alla Lega Cancro Ticino (in aiuto ai bambini) ed alla Fondazione Francesco (di fra Martino Dotta)