di Dante Balbo
Il giorno del suo matrimonio portava una cravatta decisamente insolita per l’occasione, con i disegni dei Looney Tunes. Per chi lo conosceva, sembrava una deroga alla sua serietà, ma rispose serafico: «Piace a mio figlio!». Questo era Graziano Bassi, un uomo tutto di un pezzo, ma capace di cambiamenti radicali. Si era innamorato di una donna bellissima e da loro era nato Alessandro, un bambino fragile, con il cuore «matto». Graziano non ci pensò due volte e offrì la sua vita al Signore per quel figlio che era tutto per lui. Il Padre lo prese sul serio e lo guidò in un cammino di conversione, fino a far diventare l’Eucaristia così importante da promettere insieme a Liviana, il suo amore, un tempo di castità, in attesa di potersi sposare in chiesa. Lo abbiamo conosciuto in quel periodo, con loro abbiamo camminato, insieme ad altre famiglie, nella realtà del Rinnovamento nello Spirito, che ha abbracciato con la sua consueta passione, fino a diventare responsabile di un gruppo a Locarno. Il Signore ha spianato la via e Liviana ha potuto ottenere la dichiarazione di nullità del suo precedente matrimonio, così che finalmente abbiamo potuto gioire con loro alla festa di nozze e della ritrovata comunione eucaristica. Avrebbe potuto fermarsi a questo punto, godere della famiglia, occuparsi di Alessandro che restava un bambino e poi un ragazzo che aveva bisogno di tutte le attenzioni per la sua salute cagionevole, ma Graziano era un vulcano e lo è rimasto fin quasi alla fine. La sua sensibilità gli ha permesso di accogliere una nuova vocazione, quella al diaconato, che ha concretizzato con il Vescovo Grampa, restio a ordinare nuovi diaconi permanenti, ma che non ha potuto dirgli di no. Il suo impegno nella Chiesa è diventato ancora più intenso, con la concretezza di un imprenditore, la passione di un convertito, l’amore per il suo ministero, il legame profondo con l’eucaristia. Un’altra prova tremenda lo attendeva e noi ci siamo stretti attorno alla sua famiglia, quando dopo un calvario estenuante, Alessandro ci ha lasciato. Come Giobbe, la sua fede non è venuta meno, il suo servizio è rimasto, nel quotidiano dono di sé. Già malato, ha continuato a gioire per la predicazione, i battesimi, i servizi in parrocchia. Mi racconta va un altro diacono che lo aveva sentito qualche tempo fa, quando era ben consapevole di quanto gli stava succedendo e aveva già sospeso le terapie per continuare con le cure paliative, che non aveva tentennamenti e diceva di avere una fede forte. L’unica cosa che lo preoccupava era la debolezza della carne, la possibilità di riuscire ad affrontare il dolore. La solidità della sua testimonianza è rimasta intatta e ha affrontato l’incontro con il Padre a testa alta, finalmente felice di poter guardare in viso il suo Salvatore. Dei morti si parla sempre bene, ma quello che scrivo non è un panegirico, solo la verità di un uomo pratico, capace di scontrarsi con i suoi amici, che non aveva peli sulla lingua, né timore di esprimere il suo dissenso, quando non condivideva le scelte del movimento a cui apparteneva o più in generale della Chiesa quando non capiva. Tuttavia era grato alla comunità e pronto a ricredersi e mai avrebbe ferito la Madre che lo aveva accolto nel suo seno.Piuttosto si faceva da parte e attendeva gli eventi. Se penso a Graziano non posso che immaginarlo come la casa sulla roccia, fondato su Gesù, il suo Signore, divenuto il centro della sua vita.