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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (19 dicembre 2024)
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  • Don Italo Molinaro e il ricordo dell'incontro con San Giovanni Paolo II

    Don Italo Molinaro e il ricordo dell'incontro con San Giovanni Paolo II

    La testimonianza di don Italo Molinaro, oggi parroco della parrocchia del Sacro Cuore a Lugano, che il 12 giugno 1984, all’età di 16 anni, venne scelto dal suo parroco per ricevere l’Eucarestia da San Giovanni Paolo II durante la Santa Messa allo stadio di Cornaredo.

    di don Italo Molinaro

    Il mio parroco a Tenero, don Andrea Lafranchi, all’epoca vicario foraneo, era stato incaricato, come gli altri, di indicare alcuni parrocchiani per partecipare al ristretto gruppo di persone che avrebbero ricevuto la Comunione direttamente da papa Giovanni Paolo II. Credo che ci fosse la volontà da parte della Curia di scegliere delle persone del Santo Popolo di Dio, partendo proprio dalla realtà locale, che potessero rappresentare tutto il territorio ticinese.
    Io avevo 16 anni e fui scelto per far parte di questo gruppo. Avevo capito che sarei stato lì, non solo per me, ma anche a nome di tanti altri.
    Di quella giornata mi è rimasta impressa soprattutto l’atmosfera festosa e di gioia. Mi ero vestito per la festa. Avevamo raggiunto Lugano con un treno speciale. Durante la Santa Messa ci avevano fatto accomodare in un settore privilegiato, nelle prime file. Il campo di calcio di Cornaredo era tutto ricoperto di tavole di legno per proteggere l’erba, su cui erano appoggiate le sedie. Mi sono trovato in mezzo ad una grande festa, con musica e canti bellissimi, una celebrazione molto gioiosa.
    Il vescovo Ernesto Togni, che era stato parroco a Tenero e con il quale avevamo un grande legame di amicizia e di affetto, appariva molto sorridente e felice. Sentimenti che ci avevano avvolti tutti.
    Dei contenuti dei messaggi del Papa e del momento in cui ho ricevuto la Comunione da Giovanni Paolo II ricordo molto poco: era forse ancora troppo giovane per poter capire pienamente i gesti e le parole che sono state pronunciate. Ciò di cui mi sono reso conto è che anche la nostra Chiesa diocesana – oggi la chiamerei così – è stata capace di esprimere una grande partecipazione. Mi sono sentito parte di qualche cosa di più grande e legato a questo popolo credente che cantava, festeggiava, partecipava.
    A volte, capita che i giovani nelle parrocchie si sentivano – e si sentono ancora oggi – un po’ delle mosche bianche, ma in quel momento mi son detto: «Ecco, non sono da solo, non sono l’unico, c’è qualche cosa attorno a me e vale la pena continuare a starci dentro».

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