di Daria Lepori*
Il messaggio di Papa Francesco per la 58° Giornata mondiale della Pace mette in relazione il concetto della Pace con la remissione dei debiti, già a partire dal titolo: «Rimetti a noi i nostri debiti, concedici la tua pace». E lo fa nella prospettiva dell’anno Giubilare, facendolo risalire all’antica tradizione ebraica di condonare i debiti per ristabilire la giustizia di Dio. Il Papa contestualizza e attualizza la ricorrenza, suggerendoci di recepirne il segnale d’inizio anno non più in quanto emesso da un corno di ariete, bensì dal «grido disperato di aiuto», quel «grido dei poveri e della terra» di cui continua a parlarci dal 2015 e dalla pubblicazione della Laudato Si’ in poi.
A fronte delle crisi distinte ma interconnesse che caratterizzano l’era che stiamo vivendo non basta «qualche episodico atto di filantropia» ma è necessario un cambiamento culturale. Proprio l’anno del Giubileo ce ne offre l’occasione nella misura in cui possiamo riconoscere che siamo tutti debitori: «Insegnandoci il Padre nostro Gesù ci invita a chiedere: “Rimetti a noi i nostri debiti”. Difronte alla benevolenza di Dio ci confessiamo tutti debitori e bisognosi gli uni degli altri». Come è giusto aspettarsi da un discorso di inizio anno e a differenza di quello che molti capi di Stato o di Governo, siano essi nazionali o regionali, terranno a giorni, questo non è un elenco di luoghi comuni e non è scritto con il «paraocchi». Il Papa non usa mezze parole, mette il dito nella piaga e denuncia lo stato delle cose. Ha una visione d’insieme, sistemica e di ampio respiro e basata sui valori cristiani di speranza, fratellanza, dignità, solidarietà.
Tre proposte concrete
Tuttavia non si limita a descrivere la situazione e formula tre proposte di azione. Primo: attualizza l’appello di S. Giovanni Paolo II del Giubileo del Duemila a condonare il debito internazionale che pesa su molti Paesi, aggiungendovi la necessità di riconoscere il debito ecologico ed esprimendo l’auspicio che non si tratti di un atto isolato, ma un primo passo verso «un’architettura finanziaria fondata sulla solidarietà e il benessere condiviso ». Secondo: l’abolizione della pena di morte quale simbolo della dignità umana che va protetta «dal concepimento alla morte naturale». Terzo: la creazione di un fondo per sconfiggere la fame e promuovere la formazione nei Paesi poveri, tassando la produzione di armamenti. Egli ci ricorda poi che Dio non smette mai di ascoltare il «grido disperato di aiuto», di cui ognuno di noi deve sentirsi in qualche modo responsabile. Si rivolge a noi, persone «normali» senza responsabilità di governo o di impresa, affinché sperimentiamo che non ci è chiesto nulla che non saremmo capaci di fare: piccoli gesti quotidiani – un sorriso, un gesto di amicizia, l’ascolto attivo, portare pazienza – importanti atti di bontà che trasformano la società e costruiscono la Pace. Il Papa conclude quindi rivolgendosi a Dio, pregando per la Pace e augurando buon anno a ogni persona di buona volontà perché, pur essendo un dono di Dio, la Pace richiede l’impegno di tutte e tutti.
*Azione Quaresimale
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