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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (17 marzo 2025)
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  • Il cordoglio del Papa per la frana in Papua Nuova Guinea. Oltre duemila i morti

    Il cordoglio del Papa per la frana in Papua Nuova Guinea. Oltre duemila i morti

    Papa Francesco esprime “profondo dolore” per la tragedia che ha investito la Papua Nuova Guinea, dove una frana nella provincia di Enga ha colpito decine di abitazioni e alcuni villaggi e provocato finora – secondo le previsioni delle Nazioni Unite – 2 mila morti, rimasti sepolti sotto la terra. In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, indirizzato a monsignor Mauro Lalli, nunzio apostolico nel Paese australe che il Pontefice visiterà a settembre prossimo, Papa Francesco assicura “la sua vicinanza spirituale” a tutti coloro che sono stati colpiti da questo disastro.

    Il Papa prega per i morti e “per coloro che ne piangono la perdita”; assicura preghiere anche per le operazioni di salvataggio in corso “delle molte persone disperse”. Da qui un “incoraggiamento alle autorità civili e al personale di emergenza mentre continuano i loro sforzi di soccorso”. Su tutti Francesco invoca “le benedizioni divine di consolazione e forza”.

    Il disastro

    Ancora oggi vi è molta incertezza sul numero reale delle persone decedute: un’agenzia Onu presente nel Paese parla di circa 670 morti, mentre il Disaster Management Team (Dmt) Secretariat della Png parla di un numero molto più consistente, superiore ai duemila. Il divario nella stima riflette le difficoltà nel formulare un bilancio attendibile e accurato, oltre ai problemi legati all’isolamento dell’area colpita. 

    La frana si è abbattuta sul villaggio di Yambali, nel nord del Paese, intorno alle 3 del mattino del 24 maggio, mentre la maggior parte della comunità dormiva. Più di 150 case sono state sepolte da detriti alti quasi due piani. I soccorritori hanno raccontato ai media locali di aver sentito delle urla provenire dal sottosuolo, ma le operazioni di ricerca e recupero dei dispersi sono complicate. 

    Fonti di AsiaNews nel Paese riferiscono che il villaggio è “parte della parrocchia di Kasap” e sorge “lungo la strada che conduce alla miniera di Pogera” e proprio le operazioni di estrazione potrebbero essere la causa del disastro, anche perché non vi sono state emergenze meteo. Sempre nella zona, prosegue la fonte, “vi sono chiese luterane e avventiste”, mentre “i cattolici sono pochi”. 

    “Ho 18 membri della mia famiglia sepolti sotto le macerie” e “molti altri membri del villaggio che non riesco a contattare” ha detto alla Reuters Evit Kambu, un abitante della zona. Egli dice si sentirsi “impotente” perché impossibilitato “a recuperare i corpi”. A più di 72 ore dalla frana, infatti, i residenti stanno ancora usando vanghe, bastoni e mani nude per cercare di spostare i detriti e raggiungere eventuali sopravvissuti o dispersi. L’arrivo di attrezzature pesanti e di aiuti è stato lento a causa della posizione remota ma anche per i pericoli legati a un conflitto tra gruppi tribali locali che si sta consumando nelle vicinanze. Scontri e violenze che costringono gli operatori umanitari a viaggiare in convogli scortati da soldati e a rientrare nel capoluogo di provincia, a circa 60 km di distanza, di notte.

    Nella guerra tribale sono state uccise otto persone e bruciate 30 case il 25 maggio scorso, come ha riferito un funzionario delle Nazioni Unite. Oggi i convogli di aiuti hanno superato i resti delle case ancora fumanti. Il primo escavatore ha raggiunto il sito solo nella tarda serata di ieri, e finora, sono stati recuperati solo sei corpi.

    I contatti con le altre parti del Paese sono difficili a causa della ricezione discontinua nelle comunicazioni per le limitazioni all’energia elettrica nel sito.

    In una nota l’ufficio comunicazione Dmt sottolinea che “l’Onu continua a lavorare con le autorità locali per verificare le stime preliminari di feriti, dispersi e morti. Il team di coordinamento umanitario delle Nazioni Unite ha raggiunto Wabag e sta collaborando col comitato provinciale per il coordinamento della risposta“. “Acqua pulita, cibo, vestiti, articoli di riparo, utensili da cucina e medicine rimangono priorità urgenti per i sopravvissuti. Sono necessari - conclude la dichiarazione . anche materiali per lo smaltimento sicuro e dignitoso dei corpi e il sostegno psicosociale rimane una priorità assoluta”.

    Vaticannews/Asianews/red

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