Skip to content
Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (10 novembre 2025)
  • Il Papa agli studenti americani: la vera sfida è la non-violenza

    Non-violenza, migranti, ambiente, rapporto con gli anziani e le nuove tecnologie. E una preghiera iniziale a Maria, Regina della Pace, perché protegga l’Ucraina, le famiglie, i giovani, le vittime degli attacchi partiti la scorsa notte. Questi i temi del dialogo avvenuto virtualmente ieri sera tra Papa Francesco e i rappresentanti degli universitari di tutta l’America, per l’incontro sinodale “Costruire ponti Nord Sud”, ideato e organizzato dal Dipartimento di Teologia della Loyola University, ateneo dei gesuiti a Chicago, in collaborazione con la Pontificia Commissione per l’America latina.

    Dalle 19 alle 20.45, il Papa è rimasto collegato dal salone di Casa Santa Marta per il botta e risposta con Lorena, Leo, Paco, Alejandro, Priscilla, Jefferson e altri ragazzi e ragazze. Tra questi – brasiliani, canadesi, statunitensi, argentini -, alcuni sono migranti, fuggiti da un Paese all’altro oppure trasferitisi dalla periferia al centro delle proprie città in cerca di migliori opportunità di vita. Collegati da smartphone, tablet e computer, divisi in quattro blocchi, hanno raccontato brevemente al Papa la propria storia, denunciano le emergenze dei loro Paesi o presentano progetti sviluppati in questi anni.

    Costruire ponti, parte dell'identità cristiana 

    Nelle prime battute del suo intervento, il Papa ha parlato, come il titolo dell'incontro, di "ponti": “Costruire ponti è parte integrante della identità cristiana. Cristo viene per costruire ponti tra il Padre e noi.

    Un cristiano che non sa costruire ponti, ha dimenticato il suo Battesimo”.

    Non-violenza attiva 

    Per tutto il tempo delle domande dei giovani, il Papa ha preso appunti su fogli di carta, facendo parlare prima i ragazzi, per poi intervenire offrendo suggerimenti e indicazioni per il futuro e dicendo che sarebbe bello se questo spazio sinodale potesse diventare costante tra i giovani studenti e i Pontefici. Rispondendo a una ragazza brasiliana, ha denunciato “la violenza dura e selvaggia” che ha vissuto e che vive il suo Paese. Alla violenza, ha sottolineato il Papa, bisogna rispondere con la “non-violenza attiva”: “Questa è la più grande sfida che si aspettano da voi, la denuncia della violenza”, dice ai giovani.

    “La violenza distrugge, la violenza non costruisce, e lo vediamo nelle dittature militari e non militari nel corso della storia. Abbiamo bisogno della profezia della non-violenza, è molto più facile dare uno schiaffo quando si riceve uno schiaffo, invece di porgere l’altra guancia”, ha affermato, ricordando l’esempio di Gandhi.

    “La gentilezza – ha aggiunto il Papa - è una delle cose umane più belle, nasce dalla tenerezza”.   Francesco ha messo in guardia anche dal “gioco dell’ipocrisia”: “Avvelena la tua vita. La sincerità costa e ti porta avanti nella conversione all’armonia con il mondo”.

    La natura non perdona mai

    Di armonia il Vescovo di Roma ha parlato anche a riguardo della creazione, questione che più di uno studente ha proposto nel suo intervento. Citando dati drammatici: 20 milioni all’anno di persone in fuga dalla propria terra per i cambiamenti climatici; una previsione di 1,4 miliardi di rifugiati climatici entro il 2060. Papa Francesco ha quindi ribadito l’invito alla cura della Casa comune, ricordando un detto spagnolo: “Il Signore perdona sempre, noi perdoniamo a volte, la natura non perdona mai”.

    Accogliere e integrare i migranti

    Nel dialogo, ampio spazio anche al tema delle migrazioni. Toccante l’intervento di una ragazza sudamericana emigrata con la famiglia che denuncia il trattamento ricevuto: “Non siamo stupratori, assassini, tossicodipendenti… Siamo sognatori laboriosi che offrono a questo Paese il meglio di noi stessi”. Il Papa risponde ribadendo il teorema fatto di quattro verbi, utili ad affrontare quello che descrive come “uno dei drammi più gravi” del nostro secolo. “Stiamo vedendo persone che lasciano la loro terra per problemi politici, guerre, problematiche economiche, culturali. Il principio è molto chiaro:

    il migrante bisogna accoglierlo, bisogna accompagnarlo, promuoverlo, integrarlo”.

    Come già in altre occasioni, il Papa ripete che i Paesi devono “onestamente” dire quante persone riescono ad accogliere, così che altri Paesi possano intervenire. In questo modo, si innesca quella “fraternità” necessaria per questo mondo diviso. Il Pontefice dice che è bene insistere sul tema delle migrazioni perché riguarda tutti, visto che tanti sono “figli di migranti”. “Io stesso – ricorda – sono figlio di migranti”, membro di una famiglia partita dal Piemonte quando “mio padre era un giovane contabile di 22 anni”. Gli Stati Uniti stessi sono “un Paese di migranti: irlandesi, italiani…” e “anche la mia terra, l’Argentina, è un cocktail di migranti”. La questione, quindi, interpella ognuno di noi, in particolare gli universitari che, sottolinea il Papa, devono affrontare, studiare e farsi carico del problema attraverso i tre linguaggi “della testa, del cuore, delle mani”, non cadendo nel rischio di diventare “freddi, senza cuore”.

    Prendersi cura delle radici 

    “Radici” è la parola, pronunciata da un ragazzo, che ispira Jorge Mario Bergoglio: “Una delle cose suicide per una società è quando nega le sue radici. Ognuno deve prendersi cura delle proprie radici, per questo insisto sul dialogo tra anziani e giovani.

    Gli anziani sono le radici, tutti i frutti vengono dalle radici”.

    Anche i migranti devono, sì, integrarsi nei Paesi di accoglienza, ma non dimenticare le proprie radici, altrimenti “vivranno con la colpa di questo”. 

    Una Chiesa "per strada"

    Infine, riflettendo sul tema della sinodalità, il Papa non ha mancato di fare un appello a tutta la Chiesa ad essere una Chiesa “per strada”, “in uscita”, non una “Chiesa da museo statico”, dove tutto è pulito e in ordine ma tutto non funziona. Una Chiesa, dunque, che si mette in discussione. A tal proposito, Francesco ha raccontato un aneddoto personale di quando, anni fa, in un barrio di Buenos Aires vide un prete trasformare a Natale e Pasqua la parrocchia in una sala da pranzo aperta a immigrati e a coloro che non avevano nessuno con cui trascorrere le feste: “Mi ha scandalizzato. Ma quello è stato uno schiaffo in faccia per me che ha cambiato il mio cuore”.  

    Fonte: VaticanNews/red

    News correlate