Cristo, risposta alla perenne “fame” dell’uomo, unico a dare forza e senso alla vita. Cristo, salvezza e speranza per un mondo segnato dalle “ombre” e dalla “indigenza” di interi popoli “umiliati dall’ingordigia altrui”, dalla ingiustificata opulenza, dallo spreco dei frutti della terra e del lavoro. È interamente incentrata su Gesù l’omelia che Papa Leone XIV pronuncia nella Messa celebrata questo pomeriggio sul sagrato di San Giovanni in Laterano, festa in Italia del Corpus Domini. Messa che precede la processione eucaristica lungo via Merulana fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore. Un momento di tradizione e devozione per una festa tra le più sentite del popolo di Dio che vede il Papa portare l’Ostia consacrata lungo le strade di Roma così da porgerlo, come dice, al cuore di chi crede, “perché creda più fermamente”, e al cuore di chi non crede, “perché si interroghi sulla fame che abbiamo nell’animo e sul pane che la può saziare”.
Centinaia di fedeli sul sagrato di San Giovanni in Laterano
Il Papa fa il suo ingresso partendo dall’interno della Basilica alle 17 in punto, mentre la Schola Cantorum intona il canto: “Pane di vita nuova, vero cibo dato agli uomini, nutrimento che sostiene il mondo…”. Seduti sul sagrato, abbellito da composizioni di fiori bianchi e gialli, all’ombra della facciata della Basilica “madre di tutte le Chiese”, ci sono 20 cardinali, 30 vescovi e una cinquantina di sacerdoti, poi centinaia di fedeli e folti gruppi di suore. Tra loro spicca il verde dell’abito delle Missionarie della Divina rivelazione. In prima fila si vedono, tra gli altri, il segretario di Stato Parolin, il vicario Reina, poi Krajewski, Arinze, Coccopalmerio, Piacenza, De Donatis, Braz de Aviz, Harvey, Müller, in berretta e abito corale; poi il sostituto della Segreteria di Stato, Edgar Peña Parra, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali, suor Raffaella Petrini, presidente del Governatorato vaticano.
La "fame" dell'uomo
Il Papa incensa l’altare, poi con il canto del Kyrie dà inizio alla celebrazione di questa “festa” che cade il giovedì successivo alla solennità della Santissima Trinità, spostata invece alla domenica in Italia e in altri Paesi del mondo. Le prime due letture sono tratte dalla Genesi e dalla lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi, il Vangelo è invece quello di Luca sul miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Un brano che dà spunto al Papa per riflettere sul tema della “fame”, non solo quella materiale ma quella soprattutto spirituale. “La fame del popolo” che emerge nel racconto evangelico è segno, insieme al “tramonto del sole”, di “un limite che incombe sul mondo, su ogni creatura: il giorno finisce, così come la vita degli uomini”, dice Leone XIV.
È in quest’ora, nel tempo dell’indigenza e delle ombre, che Gesù resta in mezzo a noi
Forza e senso alla vita
“Quando Dio regna, l’uomo è liberato da ogni male”, assicura il Pontefice. “Egli ha compassione del popolo affamato e invita i suoi discepoli a prendersene cura: la fame non è un bisogno che non c’entra con l’annuncio del Regno e la testimonianza della salvezza”. Al contrario, spiega il Papa, “questa fame riguarda la nostra relazione con Dio”.
Con Gesù c’è tutto quello che serve per dare forza e senso alla nostra vita
Interi popoli umiliati
All’appello della gente Gesù risponde con il segno della condivisione, compiendo una serie di gesti che non sono un “complesso rituale magico”, bensì “testimoniano con semplicità la riconoscenza verso il Padre, la preghiera filiale di Cristo e la comunione fraterna che lo Spirito Santo sostiene”, sottolinea il Papa. E oggi, annota, al posto delle folle ricordate nel Vangelo ci stanno “interi popoli, umiliati dall’ingordigia altrui più ancora che dalla propria fame”, denuncia Leone XIV.
Davanti alla miseria di molti, l’accumulo di pochi è segno di una superbia indifferente, che produce dolore e ingiustizia. Anziché condividere, l’opulenza spreca i frutti della terra e del lavoro dell’uomo
Cristo, pane della vita eterna
Allora c’è bisogno di “moltiplicare la speranza”, specie in questo Anno giubilare, proclamando l'annuncio di Gesù che salverà tutti dalla morte: "Questo è il mistero della fede, che celebriamo nel sacramento dell’Eucaristia”.
Come la fame è segno della nostra radicale indigenza di vita, così spezzare il pane è segno del dono divino di salvezza
L'indigenza saziata dalla grazia
“Cristo è la risposta di Dio alla fame dell’uomo, perché il suo corpo è il pane della vita eterna”, chiosa il Papa. “L’invito di Gesù abbraccia la nostra esperienza quotidiana: per vivere, abbiamo bisogno di nutrirci della vita, togliendola a piante e animali. Eppure, mangiare qualcosa di morto ci ricorda che anche noi, per quanto mangiamo, moriremo. Quando invece ci nutriamo di Gesù, pane vivo e vero, viviamo per Lui”.
Offrendo tutto sé stesso, il Crocifisso Risorto si consegna a noi, che scopriamo così d’essere fatti per nutrirci di Dio. La nostra natura affamata porta il segno di un’indigenza che viene saziata dalla grazia dell’Eucaristia
Portare il Santissimo Sacramento a tutti
Vivo e vivificante, quindi “il Corpus Domini rende noi, cioè la Chiesa stessa, corpo del Signore”, afferma Papa Leone. E spiega ai fedeli il senso della processione che andrà a dispiegarsi subito dopo la celebrazione in Laterano: “Insieme, pastori e gregge, ci nutriamo del Santissimo Sacramento, lo adoriamo e lo portiamo per le strade. Così facendo, lo porgiamo allo sguardo, alla coscienza, al cuore della gente”.
La processione fino a Santa Maria Maggiore
Al termine della Messa il Papa, indossato il piviale, si reca all’altare dove si inginocchia in adorazione dinanzi all’Ostia consacrata. Intanto, a partire dai frati e dai canonici della Basilica, si inizia a formare la processione che accompagnerà il Santissimo Sacramento fino a Santa Maria Maggiore. Viene data lettura del Vangelo dell’Ultima cena, il Papa infine, con il velo omerale prende in mano l’Ostensorio e, a piedi, si avvia verso questa arteria snodata tra i rioni Monti ed Esquilino, intanto gremita di fedeli sistemati dietro le transenne. Molti sono residenti scesi dalle loro case o affacciati da finestre e balconi. Sotto il sole del giugno romano e l'ombra dei platani di via Merulana e dei suoi palazzi antichi, tutti - dai cardinali, con in mano i ceri, ai rappresentanti dei movimenti e gli scout - pregano insieme al Papa, seguono le meditazioni tratte dal Vangelo e dagli scritti di Santi e Beati, cantano inni popolari come "Resta con noi Signore".
Intorno alle 19.08 la processione giunge alle scalinate del sagrato della Basilica liberiana. Il Papa depone l'Eucarestia sull’altare perché possa essere adorata. Lui per primo si inginocchia, seguito dai fedeli presenti, e resta alcuni istanti in silenzio. Poi pronuncia l'orazione conclusiva: "Concedi, o Dio Padre, ai tuoi fedeli di innalzare un canto di lode all’Agnello immolato per noi e nascosto in questo santo mistero, e fa’ che un giorno possiamo contemplarlo nello splendore della tua gloria". Infine la benedizione con l'Ostensorio, il rintocco delle campane, l'antifona del Sub tuum praesidium e un applauso a suggellare questo momento di fede.
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