“Dio ci precede sempre” con il suo amore, un “amore vero”, che “si dà prima ancora che venga ricambiato”, ma lasciandoci liberi di rispondere al suo dono. Accettando tale dono, questo “amore preparato”, facendogli spazio, si scorgono “segni, incontri, parole che orientano” e “la vita può davvero fiorire”. È l’insegnamento che Leone offre all’udienza generale tenuta oggi, 6 agosto, sul sagrato della basilica vaticana, nella prima catechesi del nuovo capitolo del ciclo giubilare “Gesù Cristo nostra speranza”, dedicato al “mistero della passione, morte e risurrezione”, “La Pasqua di Gesù”. Colmo di fedeli, l'emiciclo del Bernini accoglie festosamente il Papa, accompagnato, durante il consueto giro sulla sua jeep bianca tra i fedeli radunati in piazza San Pietro, dalla musica di artisti messicani e dall'esibizione di un gruppo folcloristico.
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L’amore nasce da una scelta consapevole
Il Pontefice pronuncia all'inizio un caloroso saluto in portoghese, poi propone una riflessione su “La preparazione della cena”, invitando a meditare sul verbo “preparare”, che “custodisce un segreto prezioso della vita cristiana”, e ricorda che, nel “primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua”, i discepoli chiedono a Gesù dove organizzarla. Il Maestro dà delle indicazioni precise - “andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua” - e i discepoli trovano tutto come era stato detto loro e una sala già pronta. “È come se ogni cosa fosse stata predisposta in anticipo”, fa notare il Papa, spiegando cosa “rivela” l’episodio evangelico.
L’amore non è frutto del caso, ma di una scelta consapevole. Non si tratta di una semplice reazione, ma di una decisione che richiede preparazione. Gesù non affronta la sua passione per fatalità, ma per fedeltà a un cammino accolto e percorso con libertà e cura. È questo che ci consola: sapere che il dono della sua vita nasce da un’intenzione profonda, non da un impulso improvviso.
Il dono di Dio non annulla la nostra libertà
Quella sala già allestita per la cena pasquale sembra essere un simbolo dell’amore di Dio che ci precede, sottolinea Leone XIV, “ancor prima che ci rendiamo conto di avere bisogno di accoglienza, il Signore ha già preparato per noi uno spazio dove riconoscerci e sentirci suoi amici”. Si tratta del “nostro cuore: una ‘stanza’ che può sembrare vuota, ma che attende solo di essere riconosciuta, colmata e custodita”.
La Pasqua, che i discepoli devono preparare, è in realtà già pronta nel cuore di Gesù. È Lui che ha pensato tutto, disposto tutto, deciso tutto. Tuttavia, chiede ai suoi amici di fare la loro parte. Questo ci insegna qualcosa di essenziale per la nostra vita spirituale: la grazia non elimina la nostra libertà, ma la risveglia. Il dono di Dio non annulla la nostra responsabilità, ma la rende feconda.
Il dono di Gesù
Nella vita tante volte si confondono “i preparativi con le illusioni”, queste ultime “distraggono”, “cercano un risultato”, i primi invece “orientano” e “rendono possibile un incontro”, evidenzia il Pontefice.
L’amore vero – ci ricorda il Vangelo – si dà prima ancora che venga ricambiato. È un dono anticipato. Non si fonda su ciò che riceve, ma su ciò che desidera offrire. È ciò che Gesù ha vissuto con i suoi: mentre loro ancora non capivano, mentre uno stava per tradirlo e un altro per rinnegarlo, Lui preparava per tutti una cena di comunione.
Fare spazio al Signore
Quell’invito a preparare la cena giunge anche a noi oggi, tocca la nostra vita, non riguarda solo la “liturgia”, aggiunge il Papa, ma anche la “nostra disponibilità a entrare in un gesto che ci supera”, come possono essere “ogni atto gratuito, ogni perdono offerto in anticipo, ogni fatica accolta pazientemente”, tutti modi “per preparare un luogo dove Dio può abitare”.
L’Eucaristia non si celebra soltanto sull’altare, ma anche nella quotidianità, dove è possibile vivere ogni cosa come offerta e rendimento di grazie. Prepararsi a celebrare questo rendimento di grazie non significa fare di più, ma lasciare spazio. Significa togliere ciò che ingombra, abbassare le pretese, smettere di coltivare aspettative irreali.
Bisogna allora valutare quali spazi della propria vita vanno riordinati per essere “pronti ad accogliere il Signore”, come “preparare”, “rinunciare a una pretesa, smettere di aspettare che l’altro cambi, fare il primo passo” oppure “ascoltare di più, agire di meno o imparare” a fidarsi “di ciò che già è stato predisposto”. Quando poi si accoglie “l’invito a preparare il luogo della comunione con Dio e tra di noi”, conclude Leone, “scopriamo di essere circondati da segni, incontri, parole che orientano” verso quello spazio, quel luogo, “in cui si celebra incessantemente il mistero di un amore infinito, che ci sostiene e che sempre ci precede”. L’auspicio del Pontefice è che la “disponibilità quotidiana” in ciascuno possa far crescere “quella fiducia serena” con la quale poter “affrontare ogni cosa con il cuore libero”.
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