La fedeltà declinata nel servizio umile a ogni persona, nel dialogo costante con Dio e con il Suo Popolo attraverso una formazione permanente, nella dimensione di fratellanza tra i sacerdoti e con la Chiesa tutta, nello spirito missionario e sinodale che travalica ogni tentazione all'autocelebrazione. Sono alcune delle priorità che Leone XIV desidera vengano intensificate nella vita sacerdotale contenute nella lettera apostolica "Una fedeltà che genera futuro" firmata l'8 dicembre e diffusa il 22 dicembre.
L'occasione è il sessantesimo anniversario dei decreti conciliari Optatam totius e Presbyterorum Ordinis, documenti considerati "una pietra miliare della riflessione circa la natura e la missione del ministero pastorale", da rileggere con freschezza e attualità considerando quella radice da non perdere mai di vista, insiste il Papa, che è il legame ineludibile tra Cristo e la Chiesa. L'auspicio del Papa è che la celebrazione delle due ricorrenze generi una "rinnovata Pentecoste vocazionale".
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Formazione integrale per prevenire abusi e abbandoni
Fare memoria viva dei due documenti significa, secondo quanto scrive Leone, riattingere innanzitutto alla voce dello Spirito che ha alimentato in origine il desiderio di questa chiamata pastorale, "dono libero e gratuito di Dio". Il Pontefice invita a promuovere iniziative di formazione permanente dei sacerdoti come per esempio quella del convegno a febbraio dell'anno scorso che convocò più di ottocento incaricato da un'ottantina di nazioni. Il seminario, aggiunge, deve essere "una scuola degli affetti" che deve educare ad una solidità tale che ogni dimensione umana e spirituale sia ben integrata. In questo modo si è capaci di "relazioni autentiche con tutti" e si può "assumere l'impegno del celibato e annunciare in modo credibile il Vangelo". In particolare, la riflessione non tace ferite aperte:
In questi ultimi decenni, la crisi della fiducia nella Chiesa suscitata dagli abusi commessi da membri del clero, che ci riempiono di vergogna e ci richiamano all’umiltà, ci ha reso ancora più consapevoli dell’urgenza di una formazione integrale che assicuri la crescita e la maturità umana dei candidati al presbiterato, insieme con una ricca e solida vita spirituale. Il tema della formazione risulta essere centrale anche per far fronte al fenomeno di coloro che, dopo qualche anno o anche dopo decenni, abbandonano il ministero. Questa dolorosa realtà, infatti, non è da interpretare solo in chiave giuridica, ma chiede di guardare con attenzione e compassione alla storia di questi fratelli e alle molteplici ragioni che hanno potuto condurli a una tale decisione. E la risposta da dare è anzitutto un rinnovato impegno formativo.
Nessun pastore esiste da solo
Papa Leone insiste molto sulla tentazione all'autoreferenzialità che va fuggita perché il senso della vocazione sacerdotale è sempre relazionale: "Nessun pastore esiste da solo!".
Non è mai un percorso solo individuale ma ci impegna a prenderci cura gli uni degli altri. Questa dinamica è sempre di nuovo un’opera della grazia che abbraccia la nostra fragile umanità, guarendola dal narcisismo e dall’egocentrismo. Con fede, speranza e carità, siamo chiamati a intraprendere ogni giorno la sequela ponendo tutta la nostra fiducia nel Signore. Comunione, sinodalità e missione non si possono infatti realizzare se, nel cuore dei sacerdoti, la tentazione dell’autoreferenzialità non cede il passo alla logica dell’ascolto e del servizio.
La fraternità presbiterale, incalza ancora il testo, non è solo un ideale o uno slogan, "ma un aspetto su cui impegnarsi con rinnovato vigore". In questa direzione molto resta da fare, dice il Pontefice. Ed entra nel concreto di alcune questioni: "dalla perequazione economica tra quanti servono parrocchie povere e coloro che svolgono il ministero in comunità benestanti" alla previdenza per le malattie e l’anzianità, che in alcune diocesi o nazioni non è ancora assicurata. "La cura reciproca - precisa, inoltre, considerandola una istanza fondamentale -, in particolare l’attenzione verso i confratelli più soli e isolati, nonché quelli infermi e anziani, non può essere considerata meno importante di quella nei confronti del popolo che ci è affidato".
Promuovere forme di vita comune
Il Papa fa riferimento poi ad una delle "derive" che possono intaccare la vita sacerdotale, la solitudine, "che spegne lo slancio apostolico e può causare un triste ripiegamento su sé stessi". Anche per questo, seguendo le indicazioni dei suoi predecessori, Leone XIV auspica "che in tutte le Chiese locali possa nascere un rinnovato impegno a investire e promuovere forme possibili di vita comune" per aiutare a fomentare la vita spirituale e intellettuale e collaborare più efficacemente nel ministero.
In un tempo di grandi fragilità, tutti i ministri ordinati sono chiamati a vivere la comunione tornando all’essenziale e facendosi prossimi alle persone, per custodire la speranza che prende volto nel servizio umile e concreto. In questo orizzonte, soprattutto il ministero del diacono permanente, configurato a Cristo Servo, è segno vivo di un amore che non resta alla superficie, ma si china, ascolta e si dona. La bellezza di una Chiesa fatta di presbiteri e diaconi che collaborano, uniti dalla stessa passione per il Vangelo e attenti ai più poveri, diventa una testimonianza luminosa di comunione.
Valorizzare il diaconato e i fedeli laici
Il diaconato, suggerisce il Papa, va conosciuto, valorizzato e sostenuto. Si tratta di un "servizio discreto ma essenziale", precisa. Così come, prosegue nel documento, va valorizzato il ruolo dei fedeli laici in un'ottica pienamente sinodale. A questo proposito, l'esortazione è ad intraprendere in tutte le Chiese "iniziative adeguate" perché i preti possano familiarizzarsi sempre più con il Documento finale del Sinodo. Le indicazioni del Papa:
Per attuare sempre meglio un’ecclesiologia di comunione, occorre che il ministero del presbitero superi il modello di una leadership esclusiva, che determina l’accentramento della vita pastorale e il carico di tutte le responsabilità affidate a lui solo, tendendo verso una conduzione sempre più collegiale, nella cooperazione tra i presbiteri, i diaconi e tutto il Popolo di Dio, in quel vicendevole arricchimento che è frutto della varietà dei carismi suscitati dallo Spirito Santo. Come ci ricorda Evangelii gaudium, il sacerdozio ministeriale e la configurazione col Cristo Sposo non devono portarci a identificare la potestà sacramentale con il potere [...].
Le tentazioni dell'efficientismo e del quietismo
La vocazione sacerdotale si dispiega, conclude Leone XIV, nella gioia del servizio ai fratelli. Osservando alcune delle tendenze in voga nelle società contemporanee, prima fra tutte l'iperconnessione, il Pontefice mette in guardia dalla duplice tentazione: all'efficientismo fine a se stesso - che si accompagna spesso ad un uso smodato dell'esposizione mediatica - e al "quietismo". L'evangelizzazione non si misura sulla quantità di progetti realizzati, spiega il Papa, né sul numero di prestazioni offerte. D'altra parte, un approccio "pigro e disfattista" ugualmente non è opportuno. "In ogni situazione - sollecita Papa Leone -, i presbiteri sono chiamati a dare una risposta efficace, tramite la testimonianza di una vita sobria e casta, alla grande fame di relazioni autentiche e sincere che si riscontra nella società contemporanea".
L’armonia tra contemplazione e azione è da ricercare non tramite l’adozione affannosa di schemi operativi o mediante un semplice bilanciamento delle attività, ma assumendo come centrale nel ministero la dimensione pasquale. Donarsi senza riserve, in ogni caso, non può e non deve comportare la rinuncia alla preghiera, allo studio, alla fraternità sacerdotale, ma al contrario diventa l’orizzonte in cui tutto è compreso nella misura in cui è orientato al Signore Gesù, morto e risorto per la salvezza del mondo.
fonte: vaticannews