Un altro appuntamento per Papa Leone XIV questo lunedì in Libano: dopo la visita alla tomba di San Charbel, il Papa si reca al Santuario di Nostra Signora del Libano ad Harissa per l’incontro con i Vescovi, i Sacerdoti, i Consacrati, le Consacrate e gli Operatori pastorali.
Il Santuario di Nostra Signora del Libano fu costruito nel 1904, in occasione del 50° anniversario della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione da parte del Papa Pio IX. Affidato alle cure della Congregazione dei Missionari Libanesi, è tra i più importanti santuari mariani del Medio Oriente. All’interno ospita una copia della statua della Madonna di Lourdes, benedetta da Giovanni Paolo II il 22 marzo 1992 durante la Messa per gli ammalati nella Basilica Vaticana, poi portata in Libano dall’Opera Romana Pellegrinaggi.
“Con grande gioia vi incontro durante questo viaggio, che ha per motto “Beati gli operatori di pace”. La Chiesa in Libano, unita nei suoi molteplici volti, è un’icona di queste parole, come affermava San Giovanni Paolo II, tanto affezionato al vostro Popolo: «Nel Libano di oggi – diceva – voi siete responsabili della speranza”, afferma il Papa Leone IV.
“Uno dei simboli contenuti nel “logo” di questo viaggio è l’ancora. Papa Francesco la evocava spesso nei suoi discorsi come segno della fede, che permette di andare sempre oltre, anche nei momenti più oscuri, fino al cielo. Diceva: «La nostra fede è l’ancora in cielo. Noi abbiamo la nostra vita ancorata in cielo. Cosa dobbiamo fare? Aggrapparci alla corda [...]. E andiamo avanti perché siamo sicuri che la nostra vita ha come un’ancora nel cielo, su quella riva dove arriveremo». Se vogliamo costruire pace ancoriamoci al Cielo e, lì saldamente diretti, amiamo senza timore di perdere ciò che passa e doniamo senza misura. Da queste radici, forti e profonde come quelle dei cedri, l’amore cresce e, con l’aiuto di Dio, prendono vita opere concrete e durature di solidarietà”, dice Papa Leone XIV.
“Papa Benedetto XVI, durante il suo viaggio in questo Paese, parlando della potenza unificatrice dell’amore anche nei momenti di prova, diceva: «È proprio adesso che bisogna celebrare la vittoria dell’amore sull’odio, del perdono sulla vendetta, del servizio sul dominio, dell’umiltà sull’orgoglio, dell’unità sulla divisione, [...] saper convertire le nostre sofferenze in grido d’amore verso Dio e di misericordia verso il prossimo”, aggiunge il Papa parlando di Papa Benedetto.
“Solo così non si rimane schiacciati dall’ingiustizia e dal sopruso, anche quando, come abbiamo sentito, si è traditi da persone e organizzazioni che speculano senza scrupoli sulla disperazione di chi non ha alternative. Solo così si può tornare a sperare per il domani, pur nella durezza di un presente difficile da affrontare. In proposito, penso alla responsabilità che tutti abbiamo, in tal senso, nei confronti dei giovani. È importante favorire la loro presenza, anche nelle strutture ecclesiali, apprezzandone l’apporto di novità e dando loro spazio”, conclude il Pontefice nella sua omelia.
“La Chiesa in Libano ha sempre curato molto l’istruzione. Incoraggio tutti voi a continuare in quest’opera lodevole, venendo incontro soprattutto a chi è nel bisogno e non ha mezzi, a chi si trova in situazioni estreme, con scelte improntate alla carità più generosa, perché alla formazione della mente sia sempre unita l’educazione del cuore. Ricordiamoci che la nostra prima scuola è la Croce e che l’unico nostro Maestro è il Cristo”, dice il Papa parlando dell’importanza della formazione.
“Padre Charbel, in proposito, parlando della sua esperienza di apostolato nelle carceri, ha detto che proprio lì, dove il mondo vede solo muri e crimini, negli occhi dei detenuti, a volte smarriti, a volte illuminati da una nuova speranza, noi vediamo la tenerezza del Padre che non si stanca mai di perdonare. Ed è proprio così: vediamo il volto di Gesù, riflesso in quello di chi soffre e di chi si prende cura delle ferite che la vita ha provocato”, dice ancora il Papa.
“Tra poco faremo il gesto simbolico della consegna della Rosa d’oro a questo Santuario. È un gesto antico, che ha tra i suoi significati quello di esortarci ad essere, con la nostra vita, profumo di Cristo. Davanti a questa immagine, mi viene da pensare al profumo che sale dalle tavole libanesi, tipiche per la varietà dei cibi che offrono e per la forte dimensione comunitaria del condividerli. È un profumo fatto di mille profumi, che colpiscono nella loro diversità e talvolta nel loro insieme. È così il profumo di Cristo. Non è un prodotto costoso riservato a pochi che se lo possono permettere, ma l’aroma che si sprigiona da una mensa generosa su cui trovano posto tante pietanze diverse e da cui tutti possono attingere insieme.”, conclude il Pontefice.
Incontro ecumenico e interreligioso
Nel cuore del Medio Oriente, la culla delle tre religioni abramitiche, Leone XIV ha inoltre partecipato all'incontro ecumenico e interreligioso in piazza dei Martiri a Beirut. Il suo richiamo a essere costruttori di pace, che ricalca quello espresso fin dai primi momenti del suo approdo nel Paese, nel suo discorso alle autorità politiche e civili libanesi, è quello di un padre spirituale che unisce la sua voce - nel solco dei predessori che hanno visitato questa "terra amata" - alla polifonia dei capi religiosi locali. Commosso e grato, li ascolta fraternamente, uno per uno, costantemente orante, pronto a confortare il Libano perché non perda l’armonia tra tutte le sue comunità.
L'evento fa seguito all'incontro, presso la Nunziatura Apostolica con il Consiglio dei Patriarchi Cattolici d’Oriente - durante il quale si è parlato, tra l’altro, della data comune a tutti i cristiani per la Pasqua - e il pranzo, nella medesima sede, a cui si sono aggiunti il Catholicos della Chiesa armena apostolica di Cilicia, Aram I, il Patriarca di Antiochia e capo della Chiesa Siro-Ortodossa Ignazio Efrem II, il Patriarca greco ortodosso di Antiochia Yohanna X Yazigi.
Leone ricorda anche in questa circostanza i sessant'anni dalla Dichiarazione Nostra Aetate che "aprì un nuovo orizzonte" sottolineando che il vero dialogo "ispirato dall’amore divino, abbraccia tutte le persone di buona volontà, e respinge pregiudizi, discriminazioni, persecuzioni affermando l’uguale dignità di ogni essere umano". Dal vescovo di Roma un sussulto di fiducia: “Ecco, dunque, la missione che rimane immutata nella storia di questa amata terra: testimoniare la verità duratura che cristiani, musulmani, drusi e innumerevoli altri possono vivere insieme, costruendo un paese unito dal rispetto e dal dialogo.”
La fiducia del Papa è quella appresa dal Vangelo, che contiene racconti della vita di Gesù che ebbero luogo nel sud dell'attuale Libano, nei dintorni di Tiro e Sidone: menziona, per esempio, quello dell'incontro con la donna siro-fenicia, una madre implorante di cui parla l'evangelista Marco. "Umiltà, fiducia e perseveranza superano ogni barriera e incontrano l’amore sconfinato di Dio", afferma Leone, convinto che il Libano incarna proprio questa attitudine storica. L'immagine dell'olivo - un magnifico esemplare stilizzato fa da sfondo alla scenografia preparata per questo evento centrale nella tappa libanese del viaggio del Papa -, simbolo di pace e convivenza, è quella che il Papa usa per evidenziare la straordinaria capacità di resistenza e di speranza che mai deve abbandonare il popolo libanese. E mentre affida al materno abbraccio della Vergine, Nostra Signora del Libano, venerata nel santuario di Harissa, insiste: “In una globalità sempre più interconnessa, siete chiamati a essere costruttori di pace: a contrastare l’intolleranza, superare la violenza e bandire l’esclusione, illuminando il cammino verso la giustizia e la concordia per tutti, attraverso la testimonianza della vostra fede.”
agenzie/red