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  • Sinodo: la sfida della grande assemblea della Chiesa in Italia

    Sinodo: la sfida della grande assemblea della Chiesa in Italia

    “Oggi torniamo qui dove tutto era iniziato: nella sede di Pietro, il 30 gennaio 2021, quando rivolgendosi all’Ufficio Catechistico Nazionale, il Papa ci incoraggiò a intraprendere in modo deciso il Cammino sinodale. Lo ringraziamo per l’attenzione paterna che sempre rivolge alle Chiese in Italia e gli assicuriamo la nostra preghiera per la sua salute”. Nell’introdurre il 31 marzo la seconda Assemblea sinodale delle Chiese in Italia – dopo la prima svoltasi a novembre nella basilica di San Paolo fuori le mura – il primo pensiero del card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della conferenza episcopale italiana (CEI) è andato al Santo Padre, che sta trascorrendo la convalescenza a Casa Santa Marta, dopo il ricovero di 38 giorni al Policlinico Gemelli per una polmonite bilaterale. E pur non essendo presente, Papa Francesco ha voluto inviare un messaggio ai mille partecipanti, tra vescovi delegati delle diocesi e invitati.

    “La gioia cristiana non è mai esclusiva, ma sempre inclusiva, è per tutti”, vi si legge: “E’ dono di Dio; non è una facile allegria, non nasce da comode soluzioni ai problemi, non evita la croce, ma sgorga dalla certezza che il Signore non ci lascia mai soli. Ne ho fatto esperienza anch’io nel ricovero in ospedale, e ora in questo tempo di convalescenza”.

    “La Chiesa non è fatta di maggioranze o di minoranze”, avverte Francesco esortando la Chiesa italiana a lasciarsi guidare “dall’armonia creativa che è generata dallo Spirito Santo”. In un mondo “attratto dalla forza di un io che si impone e risolve, con sintesi che a volte appaiono grottesche, altre preoccupanti e pericolose”, la gioia cristiana “è comunitaria, ecclesiale, non per élite di Chiesa, ma finalmente al plurale e per tutti”, l’affresco del presidente della Cei.

    Perché “non c’è gioia cristiana senza inserimento pieno nella storia, senza coinvolgimento attivo nelle vicende della gente, senza lettura dei segni dei tempi, senza amore per tutti, soprattutto per quanti si trovano relegati, loro malgrado, nelle periferie esistenziali”. “La gioia che vogliamo annunciare è nostra nel senso che è di tutta la Chiesa ed è anche aperta, offerta con rara gratuità a ogni donna e uomo di questo nostro tempo”, ha proseguito Zuppi, secondo il quale “un primo risultato del Cammino sinodale è stato lo stile dell’ascolto ecclesiale, a cui è corrisposta la libertà di chi si è espresso sentendosi partecipe e accolto. Non dovremo perdere questo slancio anche in futuro”.

    “Tutti noi sappiamo che sono le persone a cambiare le strutture, e non viceversa”, la consegna per questa fase finale: “Non ci sottrarremo certo alla responsabilità di cambiare le procedure, a livello diocesano, regionale e anche nazionale, se lo riterremo necessario: ma non perdiamo l’orizzonte spirituale entro cui ci muoviamo”.

    “Non ci rassegniamo davanti alla realtà malata della società, come se non si avesse niente da dire o da dare”, ha affermato Zuppi: “Dalla fraternità dei pochi alla fraternità senza confini. Questo è il mio augurio: che alla fine di questa Seconda Assemblea sinodale delle Chiese che sono in Italia tutti insieme si possa dire che costruiamo comunità aperte, piene di Dio e di umanità”.

    “La nostra Chiesa è viva”, ha detto mons. Erio Castellucci, presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale, tracciando un bilancio dei i frutti del Cammino sinodale già maturati e presentando le Proposizioni che verranno votate nella seconda Assemblea sinodale delle Chiese in Italia, per poi fare da base al documento finale che uscirà dalla prossima assemblea della Cei di maggio: “certo in forme diverse rispetto al passato anche recente, ma è comunque viva, non sta vegetando, non si trova in uno stadio terminale; semplicemente sta cercando di ascoltare la voce dello Spirito, che reclama modalità di presenza e azione rinnovate”. “Né facili entusiasmi che preconizzino una nuova primavera della Chiesa, né facili scoraggiamenti che annuncino un declino inevitabile”, la sintesi di Castellucci, secondo il quale “chi ha preso parte, in qualsiasi modo, al Cammino sinodale, adotta piuttosto un sano realismo, a partire da un dato di fede: lo Spirito del Signore Risorto non si è ritirato a vita privata, ma continua a soffiare nella vita normale delle nostre comunità. Questa quotidiana trama di bene, che sfugge alle statistiche, è anche la ricchezza più grande – e spesso nascosta – rilevata nei quattro anni sinodali”.

    “Snellire: alleggerire quanto è diventato troppo pesante per camminare insieme”. Così Lucia Capuzzi, membro del Comitato nazionale del Cammino sinodale, ha sintetizzato la suggestione dell’ultima fase del percorso. “Lungi dal rimpiangere un potere e un prestigio mondani perduti, i grandi numeri e le impalcature imponenti, l’interrogativo che, con cuore sincero, ci poniamo è come e cosa dobbiamo cambiare nelle forme storiche e nello stile per continuare, in quest’epoca, a rendere ragione della nostra speranza”, ha spiegato ripercorrendo le tre fasi del Cammino sinodale – narrativa, sapienziale e profetica – finalizzate a dare corpo alle intuizioni di Papa Francesco nella Evangelii gaudium: “una Chiesa evangelica, accogliente e ospitale, attenta più alle relazioni e alla testimonianza che alla conservazione delle strutture. Una Chiesa determinata a un’opzione preferenziale per i poveri. Una Chiesa capace di contrastare l’iniquità, di ricucire le relazioni rotte e i fili spezzati di un mondo in frantumi. Di farsi strumento di pace mentre infuria la guerra e si moltiplicano i fronti. Di tessere alleanze buone con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, di diverse appartenenze religiose e culturali, per farsi promotrice di fraternità. Per forgiare insieme alternative di vita umane e umanizzanti mentre la disumanità avanza”.

    fonte: sir

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