di Ernesto Borghi, presidente dell’Associazione Biblica della Svizzera Italiana
«Venne dunque Gesù e lo trovò che era già da quattro giorni nel sepolcro. Era, Betània, vicina a Gerusalemme: all’incirca quattro chilometri. Molti fra i Giudei erano venuti da Marta e Maria per confortarle a proposito del fratello. Marta dunque, non appena sentì che Gesù viene, andò incontro a lui; Maria invece, stava seduta in casa. Disse dunque Marta a Gesù: “Signore, se (tu) fossi stato qui, non sarebbe morto mio fratello! [Ma] anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, Dio te la darà”. Dice a lei Gesù: “Risusciterà tuo fratello”. Dice a lui Marta: “So che risusciterà nella risurrezione nell’ultimo giorno”. Disse a lei Gesù: “Io sono la risurrezione e la vita; colui che crede in me, anche se muore, vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?”. Dice a lui: “Sì, Signore, io ho creduto e credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che viene nel mondo”».
Questo brano del cap. 11 del vangelo secondo Giovanni è il testo biblico scelto a livello mondiale per la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani in questo anno 2025. Il centro del discorso è il tema della fede nella risurrezione, con particolare riferimento alla domanda che Gesù rivolge a Marta: “Credi tu questo?”. Al di là del successivo ritorno in vita di Lazzaro, che è l’aspetto miracoloso del racconto, che cosa significa avere fiducia nel fatto che il Nazareno sia effettivamente risuscitato, evento a partire dal quale sostanzialmente nasce il cristianesimo?
Credere nella risurrezione di Gesù di Nazareth vuol dire orientare la vita verso una logica costante nella quale l’amore resiste al di là di eventi tragici come la morte fisica, che, prima o poi, tocca senza possibilità di evitarla, ogni essere vivente. Tutto ciò implica fidarsi della forza concreta dell’amare e dell’amore, nonostante sofferenze, delusioni, inadeguatezze personali e collettive.
Come? Non cercando prove “scientifiche” della risurrezione di Gesù Cristo, che sono introvabili, ma confidando in questo: vivere amando, ossia solidarizzando con gli altri, in particolare nei momenti di difficoltà, è il modo più serio e realistico di provare ad essere discepole e discepoli di un Dio che ha senz’altro una caratteristica essenziale.
Quale? Aver deciso di vivere e morire, nella sua umanità radicalmente divina, per amore e fondamentalmente per amore. Marta, nel testo giovanneo, afferma di credere che l’amico “divino” che le parla sia la vita eterna, ossia l’amore sempre e comunque, senza moralismi, dolorismi e astrattezze. Questa settimana di gennaio 2025, dedicata comunque a far riflettere sulla fede in Gesù Cristo come il vero elemento che deve caratterizzare coloro che dicono di essere cristiane/i, si trova nell’anno che per i cattolici è giubilare. Questo Giubileo è centrato sulla speranza nell’amore di questo Dio. Tale amore, se è vissuto con apertura di cuore e di mente effettive sia da chi lo dà sia da chi lo riceve, non delude.
Detto tutto questo, proviamo a porci una domanda: abbiamo capito davvero che credere che Gesù di Nazareth sia il Cristo vuol dire cercare di vivere lo stesso amore che egli ha mostrato di vivere, senza remore e chiusure, verso chiunque? Se riuscissimo a rispondere positivamente, non faremmo altro che tentare di costruire ogni occasione possibile di dialogo e di collaborazione con ogni essere umano che si trovi nella nostra quotidianità, anche quando fosse di altra confessione cristiana.
E queste opportunità di dialogo e di collaborazione esisteranno sempre, quando si vivrà lo spirito di amicizia e collaborazione che, per esempio, in questi venticinque anni ha animato la Comunità di Lavoro delle Chiese Cristiane nel Ticino (2000-2025). E sarà possibile sempre costruire iniziative di formazione e di intervento sociale, che facciano crescere e migliorare tutte e tutti, con persone come la vescova episcopaliana statunitense Mariann Edgar Budde. Ella, di fronte a quella testimonianza di alternatività al Vangelo di Gesù Cristo, tutta arroganza, egoismo e volontà di potenza che sono idee e azione di Donald Trump, ha ricordato, nei giorni scorsi, quello che è il cuore di un modo di pensare e di agire realmente cristiano: amare chiunque ad immagine e somiglianza dell’amore del Dio di Gesù Cristo per ogni essere umano, senza distinzioni ed esclusivismi. Ed è proprio questa l’implicazione fondamentale che non può non cercare di vivere chi afferma di credere nella risurrezione del Nazareno crocifisso e risuscitato.
Per ascoltare e vedere l’intervento della vescova Mariann Edgar Budde, citata nell’articolo, si utilizzi il seguente link: https://youtu.be/a7UVYd7PGb0?si=QbFkTXR3YfIZOetS
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Si è svolto lo scorso 22 febbraio, presso il centro Cittadella, a Lugano.