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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (2 giugno 2025)
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  • Papa Leone XIV incontra i pellegrini durante l'udienza generale COMMENTO

    Giornata mondiale delle comunicazioni sociali: Francesco e Leone XIV, l’urgenza dell’ascolto

    di Alessandro Gisotti

    “Quando una persona ti parla, aspettare che finisca per capirla bene e, poi, se me la sento dire qualcosa. Ma l’importante è ascoltare”. Pochi giorni dopo la sua morte, è stato reso pubblico un breve video di Papa Francesco registrato nel gennaio scorso. Meno di un minuto, condensato nelle parole che abbiamo riportato all’inizio. L’ascolto come urgenza per la vita (il video era rivolto a dei ragazzi), ma anche come testamento ideale di un Pontefice che in 12 anni si è messo in ascolto di tutti e specialmente dei più lontani, degli scomodi, degli scartati di questo mondo. Quelli insomma che preferiamo non ascoltare perché, spesso, le loro parole, le loro storie ci danno fastidio, ci mettono a disagio. Francesco ha fatto del primato dell’ascolto la regola aurea per la comunicazione, sia che si trattasse di quella dei professionisti del settore, sia che considerasse invece la comunicazione interpersonale, quella che fa rima con relazione e che è in fondo il sale di ogni rapporto umano. Ascoltare, dunque, e poi parlare. Ascoltare come primo atto del comunicare. Ascoltare, vedere e toccare con mano prima di informare soprattutto sulle tante ferite profonde che lacerano il corpo della nostra umanità. Verbi che riecheggiano anche alla vigilia della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, che si celebra domani per la 59.ma volta.

    Certamente sull’ampio tema del comunicare Bergoglio e Prevost (già prima di essere eletti alla Cattedra di Pietro) hanno sottolineato entrambi con molta convinzione la centralità dell’ascolto nella comunicazione. L’esigenza di dare tempo e spazio all’altro per incontrarlo nel silenzio prima ancora che nella parola. Come è noto, Francesco – promotore di quelle che ha definito “ascolto-terapia” e “pastorale dell’orecchio” – ha più volte ripreso il Santo Poverello d’Assisi che chiedeva ai suoi frati di “inclinare l’orecchio del cuore”. Affermazione in sintonia con quanto già otto secoli prima aveva affermato il Vescovo di Ippona: “Non abbiate il cuore nelle orecchie, ma le orecchie nel cuore”. L’agostiniano Robert Francis Prevost ha fatto di questa massima uno stile di vita e poi un metodo di azione pastorale. Non c’è amico, collaboratore sia degli anni in Perù che di quelli da priore generale degli Agostiniani e infine da prefetto del Dicastero dei Vescovi che non abbia sottolineato innanzitutto questa dote: “E’ un uomo che ascolta”. Intervistato sul nuovo Pontefice da L’Osservatore Romano, il cardinale Luis Antonio Tagle ha sottolineato che Leone XIV “è dotato di una capacità di ascolto profondo e paziente. Prima di prendere una decisione, si dedica a uno studio e a una riflessione attenti. Esprime i suoi sentimenti e le sue preferenze senza volere imporre”.

    Oggi, purtroppo, viviamo invece in un mondo dove sembra che si abbia peso, importanza, non se si ascolta ma solo se si ha “l’ultima parola”. E questo certamente anche nel continente digitale, dove la tentazione di chiudere la conversazione con un post ad effetto tende a farci dimenticare che nella comunicazione non dovrebbe esserci un vincitore e un vinto, ma un comune arricchimento anche (e forse soprattutto) quando non la pensiamo allo stesso modo. L’ascolto quindi come attenzione all’umanità dell’altro. Alla sua unicità. Quello che Papa Leone XIV ha appreso fin dalla gioventù: nella famiglia dei figli di Sant’Agostino e prima ancora nella sua famiglia, a Chicago. Come ha raccontato in una intervista da cardinale, quando stava per entrare nel noviziato ha avuto un lungo colloquio con suo padre. “Anche se avessi sentito cento volte i miei formatori – ha confidato – quando mio padre mi parlava in una forma molto umana, molto profonda, mi dicevo: ‘Qui c’è molto da ascoltare, c’è da pensare molto a quello che mi ha detto’”.

    C’è bisogno di donne e uomini capaci di ascoltare. E più è alto il loro livello di responsabilità, più è necessaria questa virtù. Oggi in fondo le crisi più gravi che affliggono il mondo nascono proprio dall’incapacità di ascoltarsi, di “mettersi nei panni dell’altro”. Durante la pandemia da Covid-19, periodo terribile ma dal quale dovremmo avere appreso qualche lezione, siamo stati obbligati a tornare all’essenza della comunicazione che è il dialogo con il nostro prossimo e prima ancora con noi stessi, con la nostra imperfetta interiorità. Come ha notato lo psichiatra Eugenio Borgna, durante il lock down è cresciuto il “desiderio sconfinato di essere ascoltati”. Un desiderio che ci accompagnerà sempre. E che nessuna Intelligenza Artificiale potrà soddisfare. Anche la più avanzata tecnologia informatica, infatti, potrà sì rispondere ad una nostra domanda. Ma nulla potrà di fronte al nostro silenzio e alla nostra esigenza primordiale di avere accanto a noi un cuore che ci ascolta.

    Vatican News

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