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  • Giordania: inaugurata la chiesa del Battesimo di Gesù

    Giordania: inaugurata la chiesa del Battesimo di Gesù

    “La chiesa è fatta di pietre, ma è fatta soprattutto di pietre vive, e queste pietre vive sono i credenti, così come i discendenti dei padri e dei nonni che hanno vissuto qui fin dai tempi antichi”: lo ha ricordato il card. Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, salutando ieri, 10 gennaio, l’inaugurazione della chiesa del Battesimo del Signore al fiume Giordano (Al-Maghtas), in Giordania.

    Situato nella regione di Qafra, Al-Maghtas (noto anche come Betania al di là del Giordano), è venerato dalla tradizione cristiana come il luogo in cui Gesù fu battezzato da Giovanni Battista.

    Dal patriarca sono venuti ringraziamenti ai tanti benefattori e al Re Abdullah II per il suo “sostegno e protezione per la santa Città Gerusalemme” e “per essere il padre della Giordania, e soprattutto per aver sviluppato il sito del Battesimo, che è diventato pronto ad accogliere migliaia di pellegrini cristiani provenienti da varie Chiese e da tutto il mondo”.

    Un dono della Chiesa locale

    “Questa chiesa – ha aggiunto il patriarca Pizzaballa – è innanzitutto al servizio di tutta la comunità, cioè dei fedeli che vivono in Terra Santa. Le sue porte sono aperte anche a tutti i cari pellegrini che invitiamo a visitare la Giordania e a coloro che l’hanno già visitata e desiderano tornare. È quindi un dono della Chiesa locale a tutti i cari amici che, ovunque, vengono a farsi benedire dalle acque del fiume Giordano e a recarsi in pellegrinaggio in questa Chiesa”.

    Non è mancato un riferimento al Giubileo: “Come diocesi, abbiamo iniziato questo giubileo la domenica della Sacra Famiglia, alla fine dello scorso anno, nella chiesa dell’Annunciazione a Nazareth. Ringraziamo tutti i pellegrini che si recheranno in pellegrinaggio in questo luogo”.

    Uno dei più importanti punti di riferimento della regione

    La messa è stata celebrata dal card. Pietro Parolin, inviato di Papa Francesco per inaugurare la chiesa, che “sarà considerata uno dei più importanti punti di riferimento religiosi della regione”.

    Con una superficie di 2.200 metri quadrati, il nuovo luogo di culto può ospitare oltre 1.000 fedeli, divenendo così uno dei più grandi del Medio Oriente. Nel 2003, il re Abdullah II di Giordania ha donato 30 dunams di terreno per la costruzione del tempio. Eretta in pietra di tafouhi, una pietra giallastra proveniente da Hebron, la chiesa presenta vetrate realizzate in Libano nello stile della cattedrale francese gotica di Chartres.

    Nella sua omelia - pronunciata in lingua araba da un lettore - il porporato ha inoltre sottolineato come la propria presenza odierna nel Paese, voluta dal Papa, rappresenti "un segno tangibile della vicinanza di tutta la Chiesa alle comunità cristiane del Medio Oriente". Una prossimità, ha aggiunto, espressa "in molti modi in questi ultimi mesi, mesi dolorosi e di guerra, soprattutto attraverso le parole di Francesco".

    La vicinanza del Papa al Medio Oriente

    Al riguardo, il segretario di Stato ha fatto riferimento alla lettera che il Pontefice ha inviato ai cattolici del Medio Oriente il 7 ottobre 2024 e nella quale ha messo in luce la loro vocazione ad "essere un seme di speranza, un seme piccolo, un seme circondato dal buio, ma un seme che porta frutto". Per questo, il cardinale Parolin ha esortato tutti a "non lasciarsi vincere dalle gravi difficoltà di questo momento, nella fiducia che Dio governa la storia degli uomini, anche se questa porta i segni della violenza, del peccato e della morte".

    Tacciano le armi!

    Pur nella consapevolezza dell’attuale momento storico che la regione sta vivendo, tra tanti "sconvolgimenti seri", il porporato ha al contempo ribadito l’importanza che "anche i cristiani possano dare il loro contributo a una società giusta e pacifica". Di qui il suo sguardo si è rivolto "al di là del Giordano" e, guardando in quella direzione, Parolin ha chiesto "che tacciano le armi, che si liberino prigionieri ed ostaggi, che sia garantito il diritto umanitario, che il cuore dei responsabili delle nazioni si lasci convincere a cercare la pace e la convivenza tra i popoli". Perché, ha rimarcato, "non deve essere la violenza a determinare il nostro futuro!".

    La preghiera del Patriarca

    Il patriarca, a sua volta, ha concluso il suo saluto invitando a pregare “per tutte le persone che stanno soffrendo, soprattutto per coloro che non hanno potuto pregare qui con noi e che ci seguono attraverso i media. E preghiamo anche per tutti coloro che stanno soffrendo nel proprio Paese a causa della mancanza di sicurezza, stabilità e pace, soprattutto in Palestina, Libano e Siria, così come in tutte le regioni del mondo che hanno bisogno di pace”.

    Guarda le foto della celebrazione e della chiesa

    Agensir/vaticannews/red

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