“Profondamente turbati dall’attuale situazione politica e di sicurezza del nostro Paese, e in particolare dall’intensificarsi degli atti di violenza in varie parti dell’area metropolitana, noi, vescovi cattolici di Haiti, alziamo ancora una volta la voce per chiedere pace e armonia nazionale”. È l’appello che giunge dalla Conferenza episcopale haitiana, di fronte alla nuova escalation di violenza che ha coinvolto il Paese, e in particolare la capitale, Port-au-Prince, negli ultimi giorni, e anche i missionari ticinesi giunti sull'isola, il parroco di Losone don Jean Luc Farine, presidente di Missio Svizzera e Mauro Clerici, in visita alla missione ticinese per conto della Conferenza missionaria della Svizzera. I due ticinesi al 19 novembre risultano ancora essere bloccati sull'isola.
“Fedeli alla nostra missione profetica, denunciamo questa spirale di distruzione e sofferenza, questi atti che stanno causando la morte di tante persone innocenti, il massiccio spostamento di popolazioni e un’angoscia diffusa. In questi giorni bui, molti nostri fratelli e sorelle vivono sotto il terrore delle armi, privati dei loro diritti fondamentali, in particolare del diritto alla sicurezza, alla vita e alla libertà di movimento. Anche gli aerei non sono stati risparmiati”.
Infatti, “la chiusura dell’aeroporto Toussaint Louverture ci ha isolati dal resto del mondo. La capitale è isolata, le scuole sono chiuse. Le attività economiche sono paralizzate. Non c’è una vera vita nel Paese. Questa situazione è inaccettabile” e, proseguono i vescovi, “non possiamo rimanere indifferenti di fronte a questa tragedia”.
Prosegue il messaggio: “La violenza non porta né soluzione né redenzione. Non possiamo sperare di raccogliere la pace seminando violenza. La pace è innanzitutto un dono di Dio, ma richiede anche gli sforzi di tutte le persone di buona volontà per costruire una società secondo la volontà di Dio. Esortiamo i responsabili del governo della città ad agire con determinazione per ripristinare la sicurezza e garantire la protezione dei cittadini, in conformità con la loro missione primaria di servire il bene comune. Ciò significa riaffermare l’autorità dello Stato, ma anche riconciliare la nazione con se stessa. Invitiamo quindi, il Governo, la società civile e i protagonisti di tutte le parti, armati e non, a riconoscere che è giunto il momento di risolvere questo problema di violenza continua.
Bisogna fare qualcosa. In nome di Dio, che vuole la vita per i suoi figli, in nome del rispetto della dignità umana, chiediamo che la vita sia rispettata”.
Concludono i vescovi, che nel contempo esprimono vicinanza a tutte le famiglie colpite da lutti e ferimenti: “Incoraggiamo i fedeli a non cedere alla disperazione. La fede in Dio deve ispirarci a lavorare insieme per costruire un futuro di giustizia, dove ogni vita umana sia rispettata e protetta”.
agensir/red
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Il messaggio lancia un appello per la liberazione “degli ostaggi, dei prigionieri, il ritorno dei senzatetto e degli sfollati, la cura dei malati e dei feriti, il ripristino delle proprietà sequestrate o minacciate e la ricostruzione di tutte le strutture civili che sono state danneggiate o distrutte”.
Oggi, 12 dicembre, è la sua festa. La testimonianza di quanto la purezza del cuore possa far fiorire nel mondo la bellezza.