di Davide De Lorenzi*
Nella scena finale del film The rise of Skywalker, il nono episodio della saga di Star Wars, la protagonista Rey affronta il terribile nonno Palpatine: quando sembra ormai annientata, sente la voce di generazioni di maestri Jedi che le infondono coraggio e vigore. Nelle sue vene scorre potente la forza e Rey capisce di avere tutto per affrontare l’ultima battaglia, perché è parte di una storia di bene e di luce. Come sarebbe bello se ogni giovane, di fronte alle difficoltà della vita, magari mentre sta per rassegnarsi, potesse risentire la voce di maestri che avevano saputo mettere in luce le sue qualità, avevano trasmesso positività e testimoniato che è possibile, alla fine, vincerla. Sappiamo che non è sempre così, non sempre bastano buoni maestri e qualcuno si arrende o viene schiacciato. Ma se vogliamo essere una società che vuole avere un futuro, non basta puntare a raggiungere conoscenze e competenze sempre più alte se allo stesso tempo non sappiamo sostenere e aprire prospettive, dare speranza.
Speranza allora, che è al centro del cammino giubilare della Chiesa, non è una parola vuota ma uno stile educativo, che sa fornire chiavi di lettura, termini di confronto tra passato e presente, abbozza traiettorie di futuro. Speranza, allora, perché nel campo educativo abbiamo a che fare con la materia più preziosa del mondo, quei diamanti allo stato grezzo dall’altra parte dei banchi, in casa, in strada: i bambini, i ragazzi, giovani. Certo, le difficoltà e le sfide non mancano, lo sanno i genitori, lo sanno i docenti. Ma occorre avere pazienza, dare fiducia, riconoscendo e facendo scoprire risorse e talenti nascosti. I giovani non sono oggetti ma soggetti dell’educazione, vanno ascoltati e aiutati anche quando pensano e progettano un futuro diverso da come ce lo aspetteremmo.
Le immagini provenienti dalla Serbia sono molto interessanti: un esempio di un mondo giovanile che non tace, lotta e fa da apripista per un’intera società che vuole cambiare. Nel campo educativo la scuola ha un ruolo centrale ma non esclusivo, attenzione a non colpevolizzarla quando è la società intera che fatica a educare. La scuola è laboratorio di speranza, di conoscenze e valori forti, laboratorio di creatività che ha cambiato il mondo: è dove bravi maestri hanno suscitato allievi ancor migliori. È dove grandi domande sono state lanciate, è dove oggi la società si reinventa e si ripensa. In questo momento tra i banchi di scuola – chissà dove – abbiamo un bambino che un giorno diventerà Papa; bambine e bambini che diventeranno presidenti, leader, inventori.
La fortuna di noi docenti è proprio questa: abbiamo a che fare con persone che vivono uno dei momenti più creativi e plastici della loro vita: il nostro lavoro – assieme a quello della famiglia e della società – è fare in modo che ogni esistenza possa ricevere tutto ciò che serve per essere vissuta in pienezza. La scuola custodisce un senso, quasi sacro, di eredità di intere generazioni rielaborate e reinventate: un luogo privilegiato dove educare e sperare si confondono nella stessa tensione, o forse diventano sinonimi.
*docente di scuola media
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