di Silvia Guggiari
Mercoledì 16 ottobre mons. Alain de Raemy, amministratore apostolico della diocesi di Lugano, ha fatto visita al nuovo centro «Pasture» di Balerna inaugurato lo scorso maggio, dove ha incontrato la direttrice, gli operatori, oltre che gli ospiti presenti nella struttura che può accogliere fino a 350 migranti. «Volevo mostrare il mio interesse per questa realtà così complessa e così drammatica presente sul nostro territorio», ci confida.
Mons. de Reamy è stato accompagnato nel centro dal diacono Marcel Mattana che ha avuto l’iniziativa di questa visita; qui è stato accolto dalla direttrice Micaela Crippa, dal capo sezione alloggi Jimmy Ferro, e dal direttore del personale Stefano Sica: «Ho avuto modo di visitare la struttura, rendendomi conto di quanta gente ci fosse e dell’organizzazione al suo interno. È una realtà molto difficile da gestire dato che le persone rimangono solamente pochi mesi – sono dunque in grande preoccupazione per il loro avvenire – giusto il tempo di effettuare il triage prima di essere inviati in un altro cantone svizzero».
Mons. de Raemy, come le è sembrata l’accoglienza dedicata ai migranti presenti?
«Ho percepito una grande cura nell’accogliere le persone: certo rimane difficile instaurare un legame umano e affettivo tra gli ospiti e le persone che li accolgono perché sanno che questo legame verrà presto interrotto. Nonostante ciò ho avuto l’impressione che l’assistenza sia garantita sotto tanti aspetti: dal punto di vista giuridico, psicologico, sanitario e naturalmente anche spirituale grazie alla presenza del diacono permanente Marcel Mattana, del rappresentante della Chiesa evangelica e dell’imam. Per i più piccoli vi è anche la possibilità di andare a scuola: ho visto le aule di due classi allestite per le lezioni, sembrava di essere in una delle nostre scuole elementari, non si ha l’impressione di essere in un luogo provvisorio».
Quella dei migranti rimane una delle più grandi emergenze del nostro tempo per la quale il Ticino non può non sentirsi coinvolto. Secondo lei, come viene affrontata questa emergenza dalla politica, dalla società e dalla Chiesa ticinese?
«La distribuzione dei migranti viene decisa da Berna a livello federale; l’anno scorso a Chiasso si era superato il numero massimo, una situazione che non aveva responsabili perché i numeri di migranti che giungono al confine possono variare in poco tempo. Mi sembra che ci sia stato un alleggerimento della procedura a livello federale e che questa che si sta attuando sia la strada giusta nel modo di accogliere queste persone, i minori in particolare, che vengono rispettate anche nella loro libertà. Sono tante le proposte di attività e di lavoro che arrivano agli ospiti in collaborazione con i comune limitrofi o con gli oratorio di Balerna, Mendrisio e di Novazzano, quest’ultimo sostenuto da diversi volontari, che il pomeriggio organizzano momenti creativi e accolgono i migranti che liberamente decidono di uscire dal centro. È un momento particolare, durante il quale i ragazzi e le famiglie con i loro bambini riescono a vivere una dimensione più intima rispetto a quella del centro: mi è stato detto che quando sono fuori si aprono e parlano molto di più rispetto a quando si trovano nel centro che probabilmente vivono come un luogo ufficiale e controllato. Quello che però mi stupisce è il poco interesse dei media per questa realtà presente in Ticino».
Ha avuto modo di relazionarsi con gli ospiti?
Ho potuto parlare in spagnolo con una famiglia colombiana, la mamma con i due figli di circa 15 e 8 anni, e poi ho incontrato una famiglia proveniente dalla Macedonia con un bambino che presentava delle bruciature e delle ferite. Sui loro volti si leggeva la fatica del viaggio vissuto e non ancora terminato: non so esattamente le loro storie ma si percepiva che si trattava di qualcosa di terribilmente drammatico.
Un centinaio di persone, il 15 dicembre, hanno fatto un percorso dal sagrato della chiesa di S. Rocco fino alla chiesa di S. Giorgio, dove si è potuto ammirare, in una grotta, la rappresentazione vivente della Natività.
Raccolti CHF 26'500 a sostegno delle persone in difficoltà in Ticino. I fondi saranno destinati a due realtà locali che incarnano i valori di solidarietà ed assistenza: alla Lega Cancro Ticino (in aiuto ai bambini) ed alla Fondazione Francesco (di fra Martino Dotta)
Oggi, mercoledì 18 dicembre, alle 20.30, padre Francesco Patton ofm, sarà in Ticino per un incontro dal titolo "Il coraggio della pace. Riflessioni su dialogo, riconciliazione e speranza (quando tutto sembra perduto)". Modera Andrea Fazioli