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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (27 giugno 2025)
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  • Commenti ai vangeli domenicali

    calendario romano Gv 6,60-69 / XXI Domenica del Tempo ordinario

    Non induriamo il cuore all’appello di Cristo

    di fra’ Agostino Del Pietro

    «Sclerare» è un termine che viene utilizzato soprattutto dai giovani per parlare di qualcuno che sragiona, che è andato fuori di testa. La parola viene fatta derivare da arteriosclerosi. L’etimologia del termine arteriosclerosi deriva in parte dal greco sklérosis, «indurimento», da skléros, «duro ». Quando Gesù, secondo il racconto dell’evangelista Giovanni, conclude il suo lungo discorso sul pane di vita, molti dei suoi discepoli dissero: «Questo linguaggio è duro (skléros); chi può intenderlo?». L’attività e i discorsi effettuati da Gesù all’inizio della sua attività pubblica non hanno riscontrato univoco consenso da parte dei suoi contemporanei. Non soltanto tra la folla c’era chi riteneva che Gesù fosse andato fuori di testa, simile opinione serpeggiava anche tra i suoi parenti. L’evangelista Giovanni riferisce di questo rifiuto della persona, del messaggio e dell’opera del Cristo già nel prologo del suo Vangelo: «Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto». Ma questo rigetto era dovuto esclusivamente alla durezza delle proposte di Gesù o piuttosto alla durezza delle menti e soprattutto dei cuori dei suoi contemporanei? Sarà soprattutto l’apostolo Paolo a parlare della durezza del cuore dei pagani. Per i correligionari di Gesù potremo invece intravedere nel rifiuto la mancata realizzazione di una bella profezia contenuta nel libro di Ezechiele: «Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne». Fortunatamente, come veniamo a sapere alla fine del capitolo sesto di Giovanni, alcuni di coloro che seguivano Gesù avevano invece ascoltato le sue parole, ben disposti. Tanto bene disposti che uno tra di loro, di nome Pietro, a Gesù – che constatando l’allontanarsi di tanti suoi seguaci chiede agli apostoli: «Forse anche voi volete andarvene? » – risponde: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna». E noi, che cosa pensiamo? «Sclera» il Vangelo di Gesù o «sclera» il nostro cuore?

    calendario ambrosiano Lc 7, 1b-10 / XIII Domenica del Tempo Ordinario

    La Parola di Gesù ci cambia la vita

    di don Giuseppe Grampa

    Decisiva in questa scena evangelica la parola del Centurione: «Non scomodarti a venire nella mia casa. Dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito». Parola stupenda carica di fede nella forza della parola di Gesù. Ma l’ufficiale, da buon soldato, sostiene la sua richiesta sulla base della sua esperienza di uomo di comando. Sa che le parole con le quali trasmette ordini ai subalterni producono quanto comandano. Le sue parole sono efficaci, producono. Forse quell’ufficiale aveva ascoltato Gesù che proprio in quelle terre attorno al lago di Cafarnao più volte aveva detto la forza della sua parola attraverso l’immagine del seme, un minuscolo seme  che produce un grande albero ospitale. Ecco quindi la sua ferma convinzione: «Dì una parola e il mio servo sarà guarito». Ancora una volta uno straniero, un soldato romano del tutto estraneo al popolo dei figli Abramo manifesta una fede che non ha l’eguale in Israele. «Dì una parola e…»: riconosciamolo, è per noi difficile affidarci alla efficacia della parola. Non ci basta la parola, vogliamo sicure garanzie. Eppure in passato bastava la sola forza della parola dei contraenti perché un contratto avesse definitivo e perenne valore. Si diceva: «Hai la mia parola», e questo bastava. Ma anche oggi vi sono parole che hanno la solidità della roccia, parole sulle quali è possibile costruire un’intera vita. Pensiamo alle parole che si scambiano un uomo e una donna, accogliendosi reciprocamente nella buona e nella cattiva sorte finché la morte non li separi. Quelle poche parole – possono esser sostituite da un semplice «sì» – hanno la forza di mutare la vita di quelle due persone. Anche la parola di Gesù ha la stessa forza. È così efficace da realizzare quanto dice. Nel cuore della celebrazione saranno ripetute le parole del Signore: quelle parole e la potenza dello Spirito di Gesù ci donano il suo corpo e il suo sangue, il gesto supremo del suo amore per noi e per tutti.

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