di Silvia Guggiari
«God bless America», «Dio benedica l’America», è il motto utilizzato da Donald Trump durante il suo giuramento alla seconda presidenza degli Stati Uniti, il 20 gennaio scorso. Il fattore «R», ovvero quello della religione, è da sempre molto presente nella società americana e Trump ha saputo farne un punto di forza fin dalla sua campagna elettorale, conquistando grandi fette di elettorato anche tra i cattolici. È a partire da questa consapevolezza che giovedì sera, al centro Cittadella di Lugano si è svolto un affollato dibattito dal titolo «Trump e i cattolici». Moderati da don Italo Molinaro, sono intervenuti il prof. Massimo Faggioli, docente di Teologia e Studi religiosi alla Villanova University in Pennsylvania, autore del libro «Da Dio a Trump. Crisi cattolica e politica americana», e il prof. Adriano Fabris, filosofo, docente all’Università di Pisa e direttore a Lugano dell’Istituto ReTe della Facoltà di teologia.
In collegamento dagli USA, il prof. Faggioli ha sviluppato alcuni tratti del 47° presidente americano che sta utilizzando ogni sua mossa per mostrare una immagine a dir poco santificata, profetica e addirittura messianica di sé. E se nel suo primo mandato aveva mantenuto un tono moderato, ora «sta creando un regime di carattere politico ma anche religioso, all’interno del quale la sua appartenenza al cristianesimo è diventata un aspetto totalmente strumentale». Diverso invece il caso del suo vice James David Vance, che ha ricevuto il battesimo nel 2019: «è un giovane che incarna il nuovo cattolicesimo degli USA, nel quale i convertiti sono un fenomeno rilevante che scelgono il cattolicesimo come rifugio ideologico dalla modernità». Rimane il fatto che Donald Trump sia sempre più divisivo anche all’interno delle Chiese, tra le quali quella cattolica che è la più grande del Paese: «In questi mesi si è verificata una polarizzazione storica anche all’interno della Conferenza episcopale. Il 10 febbraio scorso, in una lettera indirizzata ai vescovi, papa Francesco ha ricordato agli USA che la dottrina sociale della Chiesa afferma posizioni molto discostanti rispetto a quelle dette da Trump e da Vance». Questa lettera ha dato un segnale forte alla Chiesa americana – ha affermato Faggioli – «e rappresenta un incitamento ai vescovi a prendere una chiara posizione su tematiche democratiche importanti come quelle dell’immigrazione e della povertà». Quella americana per Faggioli è oggi «una Chiesa divisa ideologicamente, senza più contatti umani nelle comunità».
Il prof. Fabris invece ha parlato dell’Europa dove la Chiesa appare sempre più secolarizzata: «In Europa regna l’indifferenza, del cristianesimo ce ne importa relativamente». Mancano i preti, dobbiamo fare i conti con delle chiese sempre più vuote e con una società nella quale la cultura religiosa sembra essere venuta meno. In questo quadro la fede sta diventando sempre più un aspetto individuale, le comunità scompaiono, la liturgia è superflua come anche lo stare insieme. Si tratta di una religione «fai da te» a nostro uso e consumo per trovare il benessere personale, ma questo non è cristianesimo». Che futuro ha dunque il cattolicesimo in America come in Europa? Sia Faggioli che Fabris sono convinti che nonostante tutto il cattolicesimo abbia un futuro, perché rimane uno dei pochi «vaccini» rispetto a quello che sta succedendo, come la rivoluzione tecnologica, informatica e industriale. È una delle ultime cose che può ancora dare conto dell’umano e se col tempo si ridimensionerà sarà sicuramente una proposta più intenzionale e più vera.
Domani alle 18.30 alla Biblioteca Salita dei Frati di Lugano, la presentazione del progetto co-diretto dalla prof.ssa ticinese, insegnante a Monaco, Daria Pezzoli-Olgiati, e con la partecipazione del ricercatore Baldassare Scolari, «Grenzgänge. Religion und die Alpen».
La presa di posizione dell'associazione, che si è occupata di adozioni internazionali dagli anni '60 fino al 2010, sollecita il Consiglio federale a ritornare sulla sua decisione, presa lo scorso 29 gennaio.
Il 24 maggio il diacono grigionese attualmente in servizio presso la parrocchia di Küsnacht-Erlenbach sul lago di Zurigo sarà ordinato prete, a Coira, da mons. Bonnemain. In intervista alla Zürichsee-Zeitung racconta la sua vocazione.