Calendario Romano Anno C / Lc 17, 5-10 / XXVII Domenica del Tempo ordinario
Percosse, gelsi, senape e letizia
di Dante Balbo*
Il Vangelo di questa 27a domenica del Tempo Ordinario parla di fede, con una vivace rappresentazione, in cui Gesù riprende il simbolo della pianta di senape, che nasce da un seme minuscolo, per diventare luogo di riparo per gli uccelli. La medesima misura di un granello di senape, riguarda la fede, che con una iperbole il maestro paragona ad una forza straordinaria, così che un gelso possa essere trapiantato nel mare. La fede quindi rende possibile quello che possibile non è, anche se l’equivalente di una pianta radicata in mare potrebbe essere la fatica di crescere in un mondo di soprusi, vivere accanto a un figlio che ha bisogno di cure per la vita intera, sopportare dolore e infermità per anni in un letto in solitudine. La risposta a questi interrogativi per i quali i discepoli chiedono a Gesù di accrescere la loro fede, sta nella prima lettura, in cui il profeta ricorda che il dolore non ha l’ultima parola, che c’è un termine e il Signore è fedele e non tradirà la sua promessa. La fede non è semplicemente la credenza in qualcuno o qualcosa, ma uno strumento per vivere, per camminare, per scoprire la potenza dello Spirito Santo. Lo ricorda Don Willy Volonté nel suo commento, rievocando un fioretto francescano. In esso Frate Leone chiede a Francesco dove si trovi Perfetta Letizia. Questi racconta di una sera in cui arrivati al loro convento non vengano riconosciuti, anzi, insistendo per farsi aprire, vengano percossi duramente. Così conclude il santo d’Assisi: «Se noi subiremo con pazienza ed allegria pensando alle pene del Cristo benedetto e che solo per suo amore bisogna sopportare, caro frate Leone, annota che sta in questo la perfetta letizia. Ascolta infine la conclusione, frate Leone: fra tutte le grazie dello Spirito Santo e doni che Dio concede ai suoi fedeli, c’è quella di superarsi proprio per l’amore di Dio per subire ingiustizie, disagi e dolori». Con un amore così, forse davvero si può piantare un gelso in mare.
*Dalla rubrica televisiva Il Respiro spirituale di Caritas Ticino in onda su TeleTicino e online su YouTube
Calendario Ambrosiano Anno C / Lc 6, 27-38 / V Domenica dopo il Martirio di Giovanni
Una parola di fiducia contro l’ostilità dell’uomo
di don Giuseppe Grampa
Le parole del Vangelo odierne, così estranee alla mentalità corrente, rischiano di farci di pensare che il Vangelo sia una parola per anime belle che non riconoscono la violenza e il male che sfigurano il volto della terra. Ma in realtà, «amate i nemici» vuol dire: non considerate nessuno come nemico, non considerare nessuno così distante, così estraneo, così ostile da esser tuo nemico. E un secondo imperativo: perdonate e sarete perdonati. Quante volte certe persone rimangono inchiodate ai loro comportamenti violenti solo perché nessuno ha mai creduto nel loro possibile riscatto, nella loro possibile conversione. L’unica parola che può sciogliere certe durezze, aprire chiusure ostili è la parola della fiducia nelle risorse dell’uomo, anche dell’uomo più disastrato, appunto è la parola del perdono. Lo stile del perdono non è alternativo all’esercizio della giustizia. Certo la giustizia deve mettere il colpevole in condizione di non nuocere più ma una giustizia che non sia animata dall’intenzione del riscatto e del recupero di chi ha sbagliato è una giustizia spietata. Anche le legislazioni statali, di solito, non vogliono una giustizia solo punitiva, cioè una giustizia vendicativa ma una giustizia capace di riabilitare. Anche per questo io non credo all’efficacia della pena di morte o di una detenzione senza fine. Mi fa paura quell’espressione: «Chiudiamolo in galera e gettiamo via la chiave». Il perdono, l’amore per i nemici, il rispondere al male sempre e solo con la forza del bene non sono affatto atteggiamenti deboli, rinunciatari incapaci di misurarsi con i conflitti. Al contrario: solo la logica del perdono, dell’amore anche per il nemico, della nonviolenza aiutano a costruire una convivenza davvero umana. Diceva mio padre a proposito di qualcuno che gli era ostile: «Bisogna ammazzarlo di cortesia». Espressione paradossale che con efficacia traduce la parola evangelica: Rispondi al male sempre e solo con la forza del bene. Insomma: ammazza di cortesia perché questo è l’agire di Dio il misericordioso.