Calendario Romano Mc 10,46-52 / XXX Domenica del Tempo ordinario
di Dante Balbo*
Sarei ipocrita se dicessi che il vangelo di questa XXX domenica non mi riguarda, perché la mia condizione è simile a quella di Bartimeo, il cieco che mendicava sulla strada di Gerico. La differenza sostanziale è che nel ventunesimo secolo i ciechi lavorano, almeno in Occidente, ma la mendicanza come condizione necessaria all’incontro rimane invariata. La cecità fisica, come ogni altro limite più frequente di quanto si immagini, tanto che qualcuno ha detto che la salute è una condizione rara se pure non patologica, ci pone in modo brutale di fronte alla nostra fragilità. Non è perciò sorprendente se Bartimeo nel vangelo invoca con insistenza la misericordia del Re.
Quello che meraviglia è l’insensibilità di chi gli sta attorno e dei discepoli che tentano di zittire il mendicante fastidioso che interrompe la quiete del maestro. Gesù sente nel profondo il grido di quell’uomo e lo chiama. Perché gli domanda cosa voglia, come se non fosse evidente? L’iniziativa di Dio è sempre delicata, anche quando passa attraverso vicende terribili, non impone mai nulla, aspetta il consenso. Bartimeo non protesta, non rivendica risarcimenti per l’ingiustizia subita; ha imparato nella mendicanza a dipendere da tutti, ad affidarsi, a sentire che quel Rabbi è diverso dagli altri, che non dice solo parole, ma è padrone della vita e delle cose. Per questo Gesù gli dice: «la tua fede ti ha salvato». Il limite ci offre sempre una scelta: possiamo maledire e lasciare che il rancore ci divori, senza scampo, senza perdono, vivendo in attesa di una giustizia che non verrà, perché pretesa. Oppure possiamo accogliere la vita com’è, condividendo con tutti la fragile condizione umana, di cui quel limite è solo una fra le molte manifestazioni. Il cuore si aprirà alla compassione, alla gratitudine per quello che le sfide da affrontare ci hanno insegnato. Ci possiamo domandare chi sia cieco in questo frammento evangelico: sicuramente non Bartimeo, che proprio per questo ottiene la guarigione anche fisica. *Dalla rubrica Il Respiro spirituale di Caritas Ticino
Calendario Ambrosiano Mc 16,14b-20 / I Domenica dopo la Dedicazione del Duomo
di don Giuseppe Grampa
La pagina evangelica ci riserva due messaggi sorprendenti. Anzitutto il rimprovero di Gesù agli undici, per non aver creduto a quanti, in quelle ore, annunciavano la sua risurrezione. È davvero sorprendente nelle pagine evangeliche successive alla morte di Gesù la tenace resistenza degli Apostoli. Eppure più volte Gesù aveva annunciato la sua morte e la sua risurrezione il terzo giorno. I discepoli che al momento dell’arresto del Maestro erano fuggiti e da lontano avevano seguito gli eventi drammatici della crocifissione hanno cancellato dalla loro memoria la promessa della resurrezione.
Trovo questa reazione dei discepoli profondamente umana. Ormai le loro speranze erano crollate. La dura, inesorabile evidenza della morte cancella ogni speranza.
Dopo il rimprovero ci aspetteremmo una sorta di licenziamento: come il Signore potrà fidarsi ancora di uomini che non hanno prestato fede alle sue parole? E invece: dopo il rimprovero il comando: «Andate in tutto il mondo e predicate l’evangelo ad ogni creatura». L’evangelo, la buona notizia di una speranza che vince l’inesorabile tragedia della morte, è affidato proprio a questi uomini così poco affidabili da esser oggetto di rimprovero.
Così la durezza del rimprovero è cancellata dalla rinnovata fiducia del Signore.
Da allora fino ad oggi la parola dell’Evangelo viene incessantemente affidata alla nostra incredulità. Come se il Signore dicesse: «Io conosco la tua fatica a credere, so che il tuo cuore può chiudersi ad ogni speranza, vinto dalla durezza della vita e dal silenzio della morte, ma la Parola che ti affido è più grande del tuo cuore incerto: la metto nelle tue mani perché tu la accolga e la trasmetta ad altri. Non dovrai dire parole tue, parole incerte come incerta è la tua fede. Và, io sono con te, sostengo io la tua incredulità. Non aver paura: lampada ai tuoi passi la mia Parola».
Intervista a fra’ Michele Ravetta, cappellano delle strutture carcerarie cantonali.
Un centinaio di persone, il 15 dicembre, hanno fatto un percorso dal sagrato della chiesa di S. Rocco fino alla chiesa di S. Giorgio, dove si è potuto ammirare, in una grotta, la rappresentazione vivente della Natività.
Raccolti CHF 26'500 a sostegno delle persone in difficoltà in Ticino. I fondi saranno destinati a due realtà locali che incarnano i valori di solidarietà ed assistenza: alla Lega Cancro Ticino (in aiuto ai bambini) ed alla Fondazione Francesco (di fra Martino Dotta)