È un Papa preoccupato quello che emerge dagli oltre 45 minuti di intervista alla emittente argentina cattolica Canal Orbe 21. Preoccupato dalla “tendenza universale all’autodistruzione tramite la guerra”, dalla “ipocrisia” di parlare di pace e intanto “armare” i conflitti. Preoccupato dalla morte violenta di madri, bambini, civili innocenti o giovani mandati al fronte e dalla mancanza di dialogo e dall’indebolimento delle istituzioni.
Francesco è a colloquio con la stazione tv che lui stesso, allora arcivescovo di Buenos Aires, fondò come canale della arcidiocesi. L’intervista, realizzata dalla giornalista Maria Bernarda Llorente pochi giorni dopo la conclusione del Sinodo, viene trasmessa oggi, venerdì 20 dicembre, nell’imminenza dell’apertura del Giubileo. L’Anno Santo, come pure l’assise sinodale, le riforme e l’avvenire della Chiesa, sono tra i temi del dialogo registrato a Casa Santa Marta. Ma la maggior parte dello spazio è dedicato all’attualità del mondo, a cominciare da quella guerra che, tante volte ha ripetuto il Papa, è “una sconfitta umana”.
“Mi preoccupa che i numerosi appelli alla pace delle organizzazioni internazionali entrino da un orecchio e escano dall’altro. C’è anche una ipocrisia di fondo: parliamo di pace, ma armiamo la guerra”, denuncia Francesco, ribadendo che “uno dei maggiori ritorni degli investimenti in Europa sono le fabbriche di armi. Così, organizziamo conferenze e incontri di pace, ma continuiamo a produrre armi per uccidere”.
Quello che intravede il Papa è “una tendenza universale all’autodistruzione tramite la guerra”. In particolare nelle guerre in Ucraina e Terra Santa - afferma - ci sono azioni “criminali” che sono “più da guerriglia che da guerra” e con un riferimento a Gaza aggiunge: “Quando ti trovi di fronte a una mamma con i suoi due bambini che passa per la strada perché è andata a prendere qualcosa a casa e torna alla parrocchia dove sta vivendo e la mitragliano senza motivo, quella non è una guerra, con le regole normali di una guerra. È tremendo”.
Parlando della guerra in Ucraina, il Papa sottolinea che c’è “una grande ipocrisia”. “Urge un trattato di pace - dice - ma quando si parla di pace cominciano a ballare il minuetto con cose secondarie”. Quindi si dice preoccupato per il fatto che in Ucraina vadano al fronte anche i giovani: “Succede che non hanno tanti uomini, mentre la Russia ne ha molti”.
Non sa dire il Papa “quali meccanismi in concreto stiano fallendo”, ma “certamente – afferma – c’è una etica personale che manca. Gli incontri che si fanno per ottenere la pace sono incontri di interessi”. Il dialogo è importante, rimarca, e l’Unione Europea avrebbe la capacità di metterlo in atto, solo che queste istituzioni “si sono un po' indebolite anche loro”. “Se non c’è dialogo, non ci sarà pace”, afferma Papa Bergoglio.
Con lo stesso vigore punta il dito contro negazionismi o discorsi d’odio che poco contribuiscono al dialogo: “Il negazionismo è sempre velenoso”, dice nell’intervista, “il negazionismo è suicida. Solo la realtà ti aiuterà a trovare una via d’uscita dai conflitti”.
Altrettanto pericoloso per il Papa è “quando una religione diventa qualcosa di simile a una politica di Stato”. Un fenomeno che non sembra verificarsi nel Sud del mondo, come i Paesi visitati a settembre di Asia e Oceania: lì, rammenta Francesco, “la cosa che prevale è il rispetto, il dialogo. Non ho trovato persecuzioni religiose cristiane da nessuna parte. E nemmeno il contrario, da parte di altre religioni. Questi Paesi sono un esempio di convivenza”.
In tema viaggi, nel colloquio si ricorda il pellegrinaggio in Canada nel 2022 durante il quale Papa Francesco chiese scusa alle popolazioni indigene per gli abusi e i soprusi subiti in passato da membri della Chiesa cattolica. “Quando si vede un errore, si dialoga e si chiedono scusa, è un buon passo verso la pace, sempre, sempre”.
Per la Chiesa è importante saper chieder scusa, così come è fondamentale saper ascoltare. Proprio per sviluppare la capacità di ascolto è stato convocato il Sinodo sulla sinodalità che, evidenzia il Papa, “abbraccia i problemi dell’umanità e della Chiesa di oggi, e cerca di risolverli lungo la linea del dialogo”. Francesco ricorda a tal proposito l’incontro con le donne che hanno partecipato all’assise: circa un centinaio che “esprimevano le loro idee con coraggio, qualcosa di inaudito 40 anni fa”.
Sulla stessa scia, Francesco chiarisce quel “tutti, tutti, tutti” che vuole sia la cifra della Chiesa e che, ammette, ha generato non pochi “chiacchiericci”. “Mi chiedono spesso dell'ammissione alla Chiesa e io dico quello che ha detto Gesù nel Vangelo: tutti, tutti, tutti. E i peccatori? Tutti e a sistemarsi dentro la loro situazione, ma tutti dentro. Tutti dentro e dentro che si vada discernendo, che tutti dialoghino, e magari se qualcuno si è intrufolato con cattive intenzioni, con cattivo atteggiamento, lo si allontani”, dice il Papa. E aggiunge: “Molti dicono che la Chiesa dovrebbe condannare questo, quello. Sì, condanna la moralità delle persone, ma le accoglie per aiutarle a camminare. Nessuno di noi che è dentro la Chiesa è un santo, siamo tutti peccatori e la Chiesa ci aiuta a risolvere le nostre situazioni deficitarie”.
Il male vero nella Chiesa sono “dogmatismi” e “ideologie”. A riguardo Bergoglio ricorda quando, nei tempi della sua infanzia, non si poteva visitare la casa dei divorziati perché erano “in peccato mortale”. “Era un dogmatismo”, dice: “Dobbiamo imparare a non intrappolarci nelle nostre conflittualità e uscire dal labirinto dall’alto”. Ai giovani credenti, soprattutto, il Papa raccomanda di stare in guardia dalle ideologie: “Quando vedi giovani che appartengono a queste organizzazioni più ideologiche che cristiane – di destra, di sinistra, o quel che sia – sono piccoli mostri attaccati all’idea”.
Guardando ancora ai giovani Papa Francesco biasima i modelli economici di austerità per istruzione e cultura in certi Paesi: “Fare l’austerità nell'istruzione è un suicidio programmato di un Paese. Non si può fare austerità nello sviluppo educativo di un Paese, è un crimine”, sottolinea senza troppi giri di parole. “L’istruzione è un alimento”, per questo “nei Paesi un po’ dittatoriali, sia con dittature dichiarate che con dittature mascherate”, essa è una delle “vittime” principali. “O te la fanno ideologica per cambiarti la testa, o, nel caso liberale, te la potano lentamente, no? E solo i figli dei ricchi possono avere accesso a un'istruzione superiore”, asserisce Francesco.
Da qui, un focus sull’imminente Giubileo, tempo di “rinnovamento totale”. “A volte – confessa il Pontefice - temo che venga associato al turismo religioso”, laddove esso “è un momento di perdono, di gioia, di ricomposizione di tante cose personali e sociali. Un Giubileo che si riduce al turismo non serve, questo mi spaventa”. Per questo il Papa ha deciso di estenderlo a tutte le diocesi, “affinché ogni persona nella sua città possa celebrarlo senza dover viaggiare”.
A conclusione dell’intervista un focus sull’importanza dell’intelligenza artificiale, certo non esente da rischi: “L’intelligenza artificiale è una sfida: o la affrontiamo o ci divorano le formiche. Bisogna affrontarla con criteri umani”. Spazio poi ad alcune note personali come il fatto di sentirsi “un povero disgraziato al quale Dio ha avuto molta misericordia” e non manca un cenno pure alle riforme portate avanti durante il pontificato: “Le trasformazioni sono vere, perché bisognava farle… Ora quello che viene è una donna prefetto del Dicastero e avanti. Che le donne entrino sempre più”. Infine un incoraggiamento al popolo argentino: “Continuate a lottare, difendetevi dalle ideologie e non lasciatevi ingannare, lottate per i vostri diritti”.
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