Modifico un proverbio: Dimmi come parli e come scrivi e ti dirò chi sei.
Il cardinale Robert Francis Prevost mi era del tutto ignoto fino al quando, lo scorso otto maggio, dalla Loggia delle Benedizioni in piazza San Pietro, a questo nome per me – ma credo per moltissimi altri – sconosciuto, si aggiunse il nuovo nome: Leone quattordicesimo.
Uno stile sobrio e un’identità agostiniana
In questi giorni ho letto e in qualche caso anche ascoltato i numerosi interventi di papa Leone e credo sia possibile, per questa via, tentar di conoscere un poco il nuovo Vescovo di Roma e Pontefice.
Una prima osservazione sullo stile comunicativo di Leone: sobrietà mi sembra la cifra del suo stile. Sobrietà quanto alla misura dei suoi interventi, brevi, mai prolissi e estranei alla “sacra eloquenza”, l’arte della predicazione che ha conosciuto grandi predicatori.
Leone comunica con semplicità, senza costruire discorsi che cerchino di colpire l’ascoltatore ricorrendo ad espedienti retorici. La sua scrittura è chiara, senza ricorrere a un lessico elaborato. Di sé Leone parla pochissimo, mentre nelle sue parole si avverte quanto sia vera la definizione che ha dato di sé: “Sono un figlio di sant’Agostino.”
A 22 anni entrò nel Noviziato dell’Ordine di sant’Agostino (Agostiniani) e ne sarà priore generale dal 2001 per 12 anni. Nel 2014 Papa Francesco lo volle vescovo di una diocesi di un milione e centomila abitanti nel nord del Perù, Chiclayo, fino al 2023, quando sempre Francesco – che evidentemente lo conosceva bene e lo stimava – lo chiamò a Roma affidandogli uno dei dicasteri più importanti della Curia romana: quello che sceglie i vescovi per tutte le diocesi del mondo.
Il messaggio della pace e la continuità con papa Francesco
Accanto al legame filiale con sant’Agostino, Leone manifesta una vera devozione per il suo predecessore Francesco. Nel suo primo saluto, subito dopo l’elezione, ha detto: “Ancora conserviamo nei nostri orecchi quella voce debole ma sempre coraggiosa di Papa Francesco che benediva Roma… consentitemi di dar seguito a quella stessa benedizione.”
E sulle labbra di Leone la benedizione è il primo saluto di Cristo risorto: “La pace sia con voi.” Una scelta che sarà il cuore del Pontificato, come ha detto ai Vescovi italiani: “È necessario uno slancio rinnovato nell’annuncio e nella trasmissione della fede. Si tratta di porre Gesù a centro… portare Cristo nelle vene dell’umanità.”
L’annuncio di Cristo è annuncio di pace. E ben undici volte nel suo primo saluto Leone invoca una pace “disarmata e disarmante, umile e perseverante”.
Nel messaggio all’Arena di pace (Verona 30/5/2025) ricorda Francesco: “La costruzione della pace inizia col porsi dalla parte delle vittime…” e cita la Fratelli tutti, richiamando la necessità di istituzioni di pace e un “noi” collettivo.
Anche nel discorso al Corpo diplomatico (16/5/2025), Leone sottolinea il valore dell’incontro tra culture, auspicando una rinnovata diplomazia multilaterale. Ai Vescovi italiani chiede di fare di ogni comunità una “casa della pace”, con progetti di educazione non violenta e accoglienza.
Il cuore del Pontificato: unità, sinodalità, carità
Nel primo messaggio alla Chiesa, Leone invita a camminare uniti, come discepoli, costruendo ponti con il dialogo. Ricorda con affetto la sua diocesi peruviana di Chiclayo, la sua “cara” comunità.
Nella celebrazione di inizio pontificato, Leone ha parlato del suo nuovo servizio, riflettendo sull’intimo dialogo con Cristo, come Simone chiamato Pietro: “Simone, mi ami tu?” A lui, come a Pietro, è chiesto un amore oblativo, la carità come unica vera autorità.
Dice Leone: “Non si tratta mai di catturare gli altri con la propaganda religiosa, ma di amare come ha fatto Gesù.” Pietro non è un capo, ma un servo.
Ritorna spesso l’appello: “Guardate a Cristo… Accogliete la sua Parola… Diventate la sua unica famiglia.” È anche il motto scelto da vescovo: “Nell’unico Cristo noi siamo uno.”
Lo stesso invito è rivolto a tutte le Chiese cristiane, alle religioni, a ogni persona in ricerca, per costruire un mondo di pace. Lo spirito missionario di Leone non è chiusura, ma apertura e fraternità.
Al Simposio su Nicea (7/6/2025) ha auspicato che si attinga a quella comune radice per superare le divisioni e avanzare nel cammino ecumenico. E il 19/5/2025, parlando alle altre religioni, ha ribadito: “In Illo Uno unum”: in quell’Unico che è Cristo, siamo uno.”
Infine, ricorda la sua elezione e il significato della sinodalità: “Dio non è solitudine, ma comunione… siamo un popolo in cammino.” Una Chiesa non chiusa ma lievito nel mondo, in armonia, custode del creato.
Conclusione
Concludo questo, inadeguato, tentativo di conoscere papa Leone grazie alle sue parole nelle prime settimane del suo pontificato.
Rivolgendosi ai Rappresentanti pontifici, Leone fa sue le parole di Pietro allo storpio del Tempio: “Guarda verso di noi.” Guardarsi negli occhi è creare relazione. Questo è il ministero di Pietro: creare ponti, relazioni, con umiltà e realismo, offrendo ciò che conta: Cristo.
Don Giuseppe Grampa