di Laura Quadri
Si apre domani alle 17 in contemporanea in diretta youtube sul canale della diocesi dalla Cattedrale di Lugano e dal vivo in una chiesa per ogni vicariato del Ticino l’anno giubilare nei vicariati (per il programma e i luoghi vedi box a lato). Un’ulteriore occasione per i fedeli ticinesi, dopo l’apertura diocesana in Cattedrale lo scorso 29 dicembre, di vivere assieme l’inizio dell’Anno Santo, nello spirito che lo contraddistingue sin dal suo motto: «Pellegrini di speranza». Per l’occasione e proprio sul tema della speranza cristiana abbiamo sentito due vicari foranei: don Carmelo Andreatta per il Locarnese e don Gian Pietro Ministrini per il Mendrisiotto.
«Da quello che ho percepito dai fedeli nei giorni scorsi, mi aspetto alla celebrazione di domani una bella partecipazione da parte di molti. Abbiamo anche chiesto alle corali del Mendrisiotto di unirsi a noi per la condecorazione della celebrazione: saranno presenti con una rappresentanza», ci racconta Ministrini con entusiasmo.
Per il Mendrisiotto il ritrovo è nella chiesa collegiata a Balerna: «Essere in tanti, per queste occasioni, è sempre bello, è un momento di respiro. Credo che già questo susciterà certamente speranza: la fiducia, la sensazione di una rinascita in tempi non sempre sereni per la Chiesa».
Ministrini pensa in particolare alle famiglie, a partire dall’esperienza delle «Famiglie inRete», realtà ben radicata nel Sottoceneri: «Anche le famiglie cristiane oggi soffrono. I problemi sono tanti, le loro confidenze lo dimostrano: problemi con i figli adolescenti, coppie di amici che si separano. Non è sempre facile e ci si può sentire persi. Per cui il Giubileo è una buona occasione anche per le nostre famiglie per aprirsi a momenti di novità, in cui si speri in qualcosa di nuovo».
Una riflessione che estende poi a tutta la società: «Il Giubileo sarà un’occasione soprattutto se saremo accoglienti. Oggi i bisogni sono tanti, ma soprattutto c’è attesa, domanda, richiesta di valori. Essere pellegrini di speranza è infine cercare di dare una risposta a questa necessità», conclude Ministrini.
A Locarno il Giubileo si aprirà nella chiesa del Collegio Papio. Don Andreatta parte da una spiegazione anzitutto teologica: “La Speranza cristiana, ce lo insegna il Catechismo, è una virtù teologale che con la Fede e la Carità, è infusa da Dio stesso nella persona per renderla così capace di vivere in relazione con la Trinità. Sempre unita alla Fede e alla Carità la Speranza fonda e anima l’agire morale del cristiano e dona vita e forza alle altre virtù proprie all’uomo chiamato ad agire e a compiere il Bene nella Verità”.
Così, “Il Cristiano alla luce della Speranza è l’uomo che ha la capacità, l’energia e la forza di vivere e se del caso di lottare contro la disperazione... una persona che “può sperare contro ogni speranza” e nelle situazioni più difficili e diverse continua a credere nella Presenza viva e operante del Signore. Proprio come si legge in uno dei Vangeli di questi giorni natalizi dove Gesù ripete ai suoi in difficoltà per le condizioni avverse nella traversata del lago di Galilea, camminando sul lago agitato: “Coraggio, sono io, non abbiate paura!”. La Speranza, poi, per il Cristiano è un “di più” di vita. Vivere in Cristo, perché Lui è la Speranza che non delude, ci proietta in una prospettiva molto più ampia rispetto a quella terrena, donando pienezza di vita alla vita stessa, che è quella dell’Eternità. Ogni cosa vissuta in Dio già da questo mondo ha infatti uno spessore e una sapienza nuova”.
«Per l’uomo d’oggi - prosegue don Andreatta - in genere, la vita è tutta qui: vediamo tanta gente che vive con prospettive a corto termine, minime, rispetto alla Speranza cristiana. Ma nel cuore dell’uomo c’è da sempre questa aspettativa di una vita che non finisca più: l’infinito è dentro di noi! Lo si vede bene nell’uomo che cerca, ad esempio, nuovi espedienti per aggiungere anni alla vita su questa terra: si vorrebbe solo vivere e mai morire. È un segnale, uno dei tanti come anche l’amare, il metter su famiglia, il desiderio di avere una persona con la quale vivere per tutta la vita. Più ami questa persona e più vorresti che non muoia mai. Così la vita stessa ha dentro il segno, il desiderio di questa speranza di questo “di più” che però non è il risultato della sapienza di questo mondo. Ciò che ci è chiesto è aprire il cuore, la mente e le forze a al Dio dell’umanamente impossibile. L’anno giubilare è quindi anche tempo di scoperta o riscoperta dell’Amore di Dio che è capace di donare vita agli anni e vita nuova ed eterna alla vita».
È importante, infine, fare una sottolineatura: «La speranza è presente da sempre nella vita del cristiano, al di là del Giubileo: è Gesù Cristo vivente nella sua Chiesa; non dobbiamo dunque cercare lontano, perché sperare non è altro che entrare in Lui, nella sua vita, nel suo modo di vivere, dentro cioè il suo Mistero d’amore. Solo se riscopriremo questa centralità di Cristo nella nostra vita diventeremo segni di speranza in un mondo che è affamato di autentico presente e di un futuro che non delude. Nella misura in cui le comunità cristiane si riscopriranno pregne di questa speranza che è Gesù, grazie alla Parola e ai Sacramenti che Lui ci ha donato per vivere e vivere sempre in comunione con Lui e tra di noi, esse porteranno speranza per questa società. E tutti possono partecipare di questo impegno di testimonianza, davvero tutti: dai più piccoli ai più grandi, e di ogni vocazione: il sacerdote nella misura in cui amerà la sua gente come la amava e la serviva Gesù. Gli sposi: più saranno impegnati nell’entrare in una relazione d’unione con Gesù e quindi tra di loro, più saranno cellule vivissime di speranza», conclude don Andreatta.
Un commento al tema giubilare della speranza, a partire dalla Bolla di indizione e alla luce della "Deus caritas est" di papa Benedetto XVI, fino ad un testo del card. Carlo Maria Martini.
I commenti al Vangelo di Dante Balbo e di don Giuseppe Grampa, nel giorno in cui la Chiesa ricorda il Battesimo di Gesù nel fiume Giordano.
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