La prima casa svizzera per donne dell’Associazione Lazare è stata ufficialmente inaugurata a Ginevra quest’autunno. Dieci giovani donne vivono qui insieme: cinque “giovani professioniste”, donne professionalmente attive sostenute dalla loro fede cristiana, e altre cinque in situazione di precarietà, inviate dagli assistenti sociali dell’Hospice général.
Situata in una zona residenziale di Vessy, nella campagna ginevrina, la dimora si presta a meraviglia a questa convivenza solidale, all’insegna dell’amicizia. La casa conta dieci camere e tre bagni, e gli spazi comuni – cucina, sala da pranzo e salotto – sono ampi. Ciascuna delle coinquiline dispone dunque di uno spazio personale dove ritirarsi quando ne sente il bisogno e di ambienti favorevoli alla socializzazione.
Il terreno comprende anche un giardino e una dependance, nella quale vivono Clément e Maïlys, la coppia di responsabili volontari della casa, e i loro due figli, secondo lo schema classico messo in atto dall’Associazione Lazare.
In cucina, Jeanne, una delle “giovani professioniste”, ed Emma (nome di fantasia) si danno da fare. Gratin di verdure, yogurt con coulis di frutti rossi su base di biscotto: è tempo di preparare un pasto di festa. Perché questa sera di ottobre 2025 è quella dell’ultima cena di “collocazione” alla quale partecipa Jeanne Pierson, 31 anni, prima donna di questa comunità. Dopo più di un anno trascorso qui, questa traduttrice per il Consiglio ecumenico delle Chiese, ha deciso di traslocare e iniziare un nuovo progetto di vita.
Parola chiave: l’amicizia…
«Sono una persona molto socievole», spiega. «Abitavo da sola nel mio monolocale da diversi anni e avevo voglia di uscire dalla mia zona di comfort, di vivere nuove amicizie con persone che altrimenti non avrei incrociato. E anche di vivere la mia fede cristiana con altre persone. Il progetto Lazare mi ha subito convinto e mi sono impegnata per un anno».
Jeanne entra nella casa nell’agosto 2024, alla sua apertura. L’inizio è difficile, perché si ritrova da sola per due mesi nella grande casa! Non proprio l’ideale per una coinquilina… Intraprende con la famiglia responsabile dei lavori di rinfrescamento del luogo. In ottobre entra una seconda inquilina. Poi, nel gennaio 2025, è il “miracolo”: sette donne abitano la casa. La condivisione della vita nell’amicizia e nella fede può finalmente cominciare per Jeanne.
La condivisione del quotidiano
«In quanto cristiana, trovo importante donare il proprio tempo», osserva la traduttrice. «È il regalo più bello che si possa fare alle persone. Vivere il Vangelo non significa solo andare in chiesa, pregare, ma essere vicini agli altri, amare il prossimo come se stessi. L’obiettivo dell’Associazione Lazare è la condivisione della vita quotidiana. Questo permette di costruire amicizie in semplicità. E anche se non mangiamo insieme tutte le sere, abbiamo il tempo di creare legami».
«A forza di frequentarsi, si arriva a “decifrarsi” a vicenda, a capire se una ha bisogno di parlare o solo di una presenza benevola», conferma Emma, entrata nella casa sei mesi fa su consiglio della sua assistente sociale. In un anno questo funzionamento è stato ben rodato. «Accogliere le nuove arrivate oggi è più facile». «Non le lasceremo vagare in questo spazio che non conoscono. Cercheremo di integrarle nel migliore dei modi. Ed è questa dinamica che permetterà loro di sentirsi libere con noi».
E la fede?
Dal lato delle “giovani professioniste”, il sostegno della fede è certamente un valore aggiunto. «Lazare non è un movimento cattolico ma piuttosto un movimento di ispirazione cristiana», precisa Jeanne. La casa per uomini di Ginevra (prima della Svizzera, creata nel 2021) ha così ospitato per un certo periodo un pastore protestante come “giovane professionista”.
Come tutte le case Lazare, quella di Vessy accoglie un piccolo oratorio con un’icona davanti alla quale coloro che lo desiderano si ritrovano per pregare insieme ogni mattina. «Non è facile essere fedeli a questo appuntamento mattutino (7h40). C’è chi prega e deve partire subito per il lavoro e chi torna a dormire», sorride Jeanne.
«Personalmente questo mi dà molto», prosegue. «Pensavo anche di trovare qui un tabernacolo, come avviene in altre case Lazare. Prima abitavo a cinque minuti da una chiesa e andavo a messa tutti i giorni. Sapevo che vivendo qui, lontano dal centro, non avrei più potuto parteciparvi quotidianamente. Così puntavo sulla presenza reale di Cristo nella casa. Era per me una vera motivazione. Sono stata un po’ triste nello scoprire che non c’era un tabernacolo. Ma ammetto che sarebbe stato un enorme lusso…»
Una casa aperta a tutte
Dal lato delle coinquiline in situazione di precarietà, invece, la questione delle credenze non entra in gioco. La casa di Vessy conta anche un’induista e una musulmana. «Finché tutto si vive nel rispetto reciproco», osserva Emma, «tutto va bene. Questo non ci impedisce di condividere talvolta momenti spirituali. Torniamo ora dalla Forclaz, dove abbiamo trascorso un fine settimana insieme alla casa dei ragazzi. C’è stata una messa, ed Evelyne, che è musulmana, ed io vi abbiamo partecipato».
Come dirà con semplicità Evelyne poco dopo, durante la cena comune: «Sono credente. Avevo voglia di raccogliermi con alcune di voi cattoliche. Ed è stato un bel momento di condivisione».
Le questioni pratiche
Per il resto, come in tutte le case, le questioni di organizzazione pratica e di gestione degli spazi comuni (in particolare cucina e servizi igienici) rappresentano un punto cruciale. Tutto può essere discusso durante la cena obbligatoria settimanale. Del tipo: «Per favore non fare la doccia dopo le 23, perché la mia stanza confina con le tubature e mi sveglia».
Questo momento di condivisione si rivela estremamente prezioso per disinnescare eventuali conflitti. «La mia paura più grande», racconta Emma, «era quella di trovarmi di fronte a persone con comportamenti limite, che gestissero male la vita comune. Tanto più che sono diventata molto sensibile ai rumori e alle grida. Ma Maïlys mi ha rassicurata durante i colloqui di ingresso. Mi ha detto che in ogni caso non è ammessa alcuna violenza, né fisica né verbale. E che ricorrervi può comportare la cessazione del contratto».
Alla fine, Emma non rimpiange affatto la sua scelta. Dice di aver trovato nella casa Lazare uno stile di vita che le fa bene, permeato di benevolenza e di uno spirito familiare.
La semplicità del quotidiano
La notte scende, la casa si riempie e il gratin è pronto. La cena di addio organizzata da Jeanne può cominciare. Le coinquiline raggiungono la sala da pranzo, vestite con bei vestiti da sera per renderle omaggio. Attorno alla tavola si brinda con l’acqua (l’alcol è vietato nella casa) e con il dessert! Jeanne distribuisce piccoli regali. Poi inizia il rituale settimanale.
Ciascuna, a turno, si esprime sul fine settimana organizzato alla Forclaz, condivide la propria “pepita”, quel momento che è stato particolarmente felice o significativo ai suoi occhi. Scoppiano le risate, si aprono parentesi di tenerezza, fragilità o anche d’impazienza. Poi si affrontano i problemi concreti. Non troveranno necessariamente una soluzione quella stessa sera. «Tutto avviene nella semplicità disarmante del quotidiano», sottolinea Maïlys. «La magia agisce in modo invisibile.»
fonte: cath.ch/lb/traduzione catt.ch