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  • Catania. Uno spettacolo in onore di S. Agata con i testi del poeta Gilberto Isella

    Catania. Uno spettacolo in onore di S. Agata con i testi del poeta Gilberto Isella

    Martedì 28 gennaio, alle ore 21, il Centro culture contemporanee di Catania ha ospitato lo spettacolo multimediale “Agata. Suoni, immagini e parole”, un omaggio a S. Agata, patrona di Catania, andato in scena nei giorni imminenti alla grande festa religiosa e popolare che l’ha celebrata, come ogni anno, con grande concorso dei fedeli.

    Protagonisti sul palco sono stati la pianista Isabella Libra, curatrice della direzione musicale del progetto, la quale, coadiuvata dal tecnico audio Enrico La Greca, ha suonato al pianoforte e sintetizzatore; l’attore Agostino Zumbo che ha letto dei testi appositamente preparati dal poeta Gilberto Isella; e Renato Zacchia autore di una galleria di fotografie dedicate alla festa. La serata è anche stata introdotta, nella parte iniziale dello spettacolo, da un testo sulla vita di S. Agata scritto e curato dalla prof.ssa Rita Gari.

    Un viaggio attraverso l’emozione della festa della patrona di Catania, restituendo momenti salienti di una delle più grandi feste popolari nel mondo.

    Di seguito riportiamo il testo di Gilberto Isella:

    E così, Sant’Agata

    Il bello è il buono, il bello é l’armonia. Un compenetrarsi reciproco di passi, di sguardi abitati dall’attesa. Creature mosse da uno spirito celeste che si rivelerà nel tripudio collettivo. Incontreranno una giovinetta veleggiante su un vascello diafano. Sant’Agata, figlia della grande Madre mediterranea, tornata tra la gente da lontananze arcane, eppure così familiari.

    Accolta da limpide voci invocanti, pronte a fondersi con la sua eco di perla e di argento. Pronte a rivivere il suo martirio, ma sotto gemiti bianchi di luce, tra festoni di meduse azzurre spalancate all’orizzonte.

    E così gli occhi socchiusi si concedono a un’alba nuova, ogni anima risorge sotto la grande cupola del creato. Frange di vita in sé rapprese e quasi timorose ma al contempo cullate da palpiti crescenti, sul punto di smarrirsi entro le spire di un turbine folle. Fogli volanti di una passione che vuol raggiungere il cielo. La passione di Agata, il desiderio nostro.

    Un incanto sospende il tempo quotidiano, liberandolo dalle ombre che lo assediano. Purezza dell’amore, beanza. Brillìo di agate variopinte, tra schiere di cilindri voluttuosi. Vòlti mutati in lanterne, in sequele di ceri votivi. Affratellati gli uni e gli altri da un velo d’estasi senza confini. Corpi congiunti in atmosfere chiare e dense, vasi comunicanti entro un unico evento. L’evento del basso che si rispecchia nell’alto. Un tappeto umano in procinto di volare verso ignote fonti di perfezione. Agate dell’anima, che si prolungano nell’agape.

    Scendono in strade e piazze messaggi da un cielo sempre in movimento. Che chiede di poter riversarsi nelle arterie della città. Cielo liquido, sereno come il fiato mistico sospinto da attese in festa. Nessuna parola potrà esprimere tali attese, tali peripezie dello spirito. Cielo-talismano guidato da onde leggere, impalpabili. Onde affastellate in radiosi quarzi, intorno all’esistente.

    Dopo un lungo letargo, la voce celeste rinasce, e a poco a poco si espande. Incontra il respiro della terra e i sussulti del mare. Assedia le torce del desiderio che permea i corpi e scioglie le mani. Investe quelle colonne di cera che ognuno stringe a sé, le rende fiamme parlanti.

    Decine di bocche, più in là, si aprono sui fianchi del vulcano, eruttano lapilli e lave. Ma non c’è lava più gagliarda del sangue gioioso che scorre nelle colonne di cera. Cilindri in processione, simboli effigiati nella carne, negli àliti, nei gesti. Un impulso intimo e segreto pervade il grande teatro. Ascendente, digradante, mentre lo spazio intero si affusola, trema, divora i raggi che lo attraversano.

    Contiguità del continuo, continuità del contiguo: su questo scenario si svolge la vita dell’uomo. Là dove ogni differenza si vanifica.

    Nessuna catena potrà ostacolare l’estasi, il canto di liberazione che matura nella profondità del respiro. Anche la pietra e il suolo vi hanno parte. Il lento vaevieni dell’etere li modella in personaggi in sintonia con gli umani.

    Entità a specchio che rinnovano vicende ancestrali, vissute forse in un antimondo. Tinte intrecciate, il bianco degli àlbatri con l’ombra delle piazze e delle case. Ora festeggiano il cammino della terra che ha dato loro esistenza.

    Sale febbre d’amore, guidata da un rito sacro-profano al di là del tempo. Febbre che si incide nei vólti, concavi o convessi a seconda del variare dell’aria, o dell’umore degli astri sotto cui si svolge la grande traversata. Dioniso e Cristo, nell’ombra, si stanno stringendo la mano.

    E Agata ancora rammenta il suo nido dei primordi, in fondo al mare. Ancora profuma di alghe e nel seno mìtili amici nasconde. Mìtili, astici, sirenette impregnate di muschio, il divo Proteo dalle mille metamorfosi. Compagni d’avventura su e giù per l’infinita vena azzurra del Mediterraneo. Ora al vertice di una piramide sacra e sensuale, dove l’uomo si rigenera al contatto col divino.

    “Meravigliosamente un amor mi distringe, e mi tiene a ogni ora”, scriveva il poeta di Lentini. L’amore trattiene il creato in un'unica entità, ma il cui orizzonte oscilla o s’incrina. Orizzonte di vortici e vertigini, che sussiste in virtù dei suoi riverberi incessanti, delle sue stupefacenti chimere. Volti, gradini e vie oblique, anime e carni in transito, girandole nel cuore, radure. Nessuno, nemmeno chi ne dà testimonianza, potrà registrarne il ritmo, il suono reali. O forse solo l’armonia di una natura che non muta.

    Mai s’interrompe la polifonia del cosmo, neppure dentro le parole che nessuno sa od osa pronunciare. Un suono verso occidente, un altro verso oriente, un vibrare disinibito, come il rumorìo dell’oceano quando il vento agita le onde. Voci eccelse, più numerose dei granelli di sabbia, o delle gocce contenute in un acquario strabordante. Ronde insaziabili su pergamene che attendono la scrittura dell’alba. Che girano intorno a una fonte generosa, inesauribile. Questa fonte ha un nome: Sant’Agata, la santa più amata, la santa di Catania, che silenziosa solleva il manto del tempo.

    Gilberto Isella

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