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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (12 marzo 2025)
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  • "Don Eugenio, uomo libero, il suo tempo, seppur breve, ha lasciato un segno"

    di Francesco Muratori

    Trent’anni fa moriva monsignor Eugenio Corecco, vescovo di Lugano, figura di spicco non solo per il Ticino, ma per la Chiesa cattolica in generale. Lo ricordiamo stasera alle 18:35 su LA1, a Strada Regina. E in occasione di questo anniversario, è il giornalista Michele Fazioli a ripercorrere i gesti e il pensiero: lo conobbe da giovane e ne seguì il percorso fino agli ultimi anni di vita.

    “Corecco non fu un vescovo convenzionale. Fin dal suo ingresso nella diocesi, volle essere “il vescovo di tutti”, al di là delle etichette ecclesiali o delle appartenenze al movimento di Comunione e Liberazione, con cui è stato a lungo legato. Un concetto che difese con fermezza sin dall’annuncio della sua nomina nel 1986. Nonostante i pregiudizi iniziali, dimostrò la sua capacità di guidare l’intera comunità, operando per unire le diverse anime della Chiesa ticinese. Giudizi polarizzanti che spesso giungono fino a noi oggi, a me, che non l'ho conosciuto ma ne ho solo ascoltato il pensiero dai testimoni o letto gli scritti.

    Il ricordo di Fazioli spazia tra il privato, con aneddoti, il lavoro di giornalista e il ricordo maturato in tanti anni dalla sua scomparsa. Un vero “controluce” (dal titolo della trasmissione di successo di Fazioli).

    Fazioli ricorda: “Uno dei suoi meriti principali fu la fondazione della Facoltà di Teologia di Lugano, primo tassello di un sistema accademico che si sarebbe poi evoluto nell’Università della Svizzera Italiana (USI). Credeva fermamente nell’importanza della cultura e dell’educazione come strumenti per una fede più consapevole e radicata.”

    E poi: “Il suo carisma conquistò i giovani, non con moralismi, ma intercettando i loro desideri e proponendo il cristianesimo come una scelta di vita autentica e appagante. Fu capace di rilanciare l’Azione Cattolica in Ticino, coinvolgendo centinaia di ragazzi in un’esperienza viva di fede e formazione”.

    Ma il tratto più toccante della sua esistenza fu senza dubbio il modo in cui affrontò la malattia. Nel 1994, un anno prima della sua morte, si raccontò proprio a Fazioli in un’intervista televisiva senza filtri, ne manderemo in onda un estratto: “Non ci sono ragioni per nascondere una malattia”, disse. Per lui, il dolore era un’occasione per testimoniare la fede e condividere la sofferenza con gli altri. Ammetteva le proprie paure, la ribellione iniziale e persino il timore di “scomparire nel nulla”. Eppure, trovò nella fede la forza per affrontare quel momento con lucidità e speranza.

    “La tua grazia è più importante della vita” fu la frase che lo accompagnò fino alla fine, tratta da un salmo che aveva letto per cinquant’anni, ma di cui comprese il vero significato solo durante la malattia. Questa sua apertura e umanità colpirono profondamente i fedeli, al punto che, come lui stesso disse, si sentì “più utile da malato che da sano”.

    Oggi il ricordo di Corecco vive nei suoi scritti, nelle istituzioni che ha contribuito a creare e nelle persone che lo hanno conosciuto. Fazioli conclude con una parola significativa: “mons. Eugenio era un uomo libero”. Il suo tempo, seppur breve, ha lasciato un segno.

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