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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (14 giugno 2025)
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  • Valentina Anzini COMMENTO

    Papa Francesco e i giovani: un legame di cuore e parole

    di Valentina Anzini*

    Ci sono incontri che segnano la vita, parole che risuonano nel cuore e non lo lasciano più. Papa Francesco è stato questo per milioni di giovani nel mondo: un padre, un pastore, un compagno di strada. Non un uomo lontano, ma una guida vicina, capace di parlare con semplicità, con passione, con l’amore di chi crede profondamente nei giovani.

    Per me, è stato il Papa delle prime GMG a cui ho partecipato. Il Papa che ho visto attraversare il mondo per incontrare i giovani a Rio, a Cracovia, a Panama, a Lisbona. Non importava la distanza, la fatica, l’età. Ogni volta, con il suo sorriso e le sue parole, ci ha fatto sentire amati e protagonisti di una storia più grande di noi.

    Ogni volta ci ha incoraggiati a "non stare sul divano", a non essere giovani da museo, ma "giovani con le scarpe ai piedi, meglio se sporche di fango”.

    Francesco ci ha ascoltati davvero. Ha aperto un Sinodo dedicato ai giovani, ha dato spazio ai nostri sogni, alle nostre paure, alle nostre domande. E ci ha ricordato una verità troppo spesso dimenticata: "Voi giovani non siete il futuro, siete il presente di Dio." Non qualcosa che verrà, non un domani incerto, ma un oggi vivo, urgente, pieno di possibilità.

    Ma più di tutto, Francesco ha visto nei giovani la speranza della Chiesa. Si è reso conto che senza di loro, senza il loro entusiasmo, la loro autenticità, il loro coraggio, la Chiesa rischierebbe di spegnersi. Ha creduto in noi, ha voluto una Chiesa che non parlasse dei giovani, ma con i giovani. E per questo ci ha dato spazio, ci ha teso la mano, ci ha affidato un compito grande: essere luce nel mondo, custodi di un Vangelo che non invecchia, costruttori di una fede che non ha paura di rinnovarsi.

    E lo ha fatto non solo con i gesti, ma con le parole, con uno stile che sapeva arrivare al cuore. Il suo modo di parlare era quello di un padre che ama, di un amico che incoraggia. Non parole di circostanza, ma parole che scaldano l’anima, che ci hanno fatto sentire accolti, compresi, chiamati per nome. La sua voce non era mai lontana, mai inaccessibile: era lì, vicina, capace di toccare il cuore.

    E poi, Lisbona. L’ultima GMG. L’ultimo grande incontro con i giovani. Anche lì, Francesco ci ha consegnato un’eredità preziosa. In un mondo dove spesso si guarda dall’alto in basso con giudizio, con distanza, con superiorità, lui ci ha lasciato una lezione di vita:

    L’unico momento in cui è lecito guardare una persona dall’alto in basso è per aiutarla a rialzarsi

    Queste parole restano. Resteranno per sempre. Perché ci parlano di un amore che non giudica, ma solleva. Di una Chiesa che non esclude, ma accoglie. Di una vita che non si chiude nell’egoismo, ma si apre agli altri, soprattutto a chi è più fragile.

    Ora che ci ha lasciati, il suo messaggio non muore. Anzi, diventa ancora più forte. Papa Francesco ci ha insegnato a sognare, a rischiare, a vivere con il cuore grande. A credere che Dio ci ama così come siamo, con le nostre ferite e con le nostre speranze.

    E allora, il modo migliore per ricordarlo non è solo con le parole, ma con la vita. Portando avanti il suo sogno. Facendo nostro il suo sguardo di misericordia. Continuando il cammino con quella gioia e quella speranza che lui ci ha sempre donato.

    Perché in fondo, tutto quello che ci ha detto, tutto quello che ci ha testimoniato, aveva un solo scopo: indicarci la via verso Cristo, farci scoprire che il vero respiro della nostra vita è in Dio. Grazie, Papa Francesco.

    *pastorale giovanile, diocesi di Lugano

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