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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (4 giugno 2025)
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  • Voci dal reparto delle Cure palliative all’Ospedale Italiano di Lugano, per una medicina «a misura d’uomo»

    di Maria Giuditta Valorani, phd

    La cronaca ticinese nei giorni passati ha raccontato dell’inaugurazione del Reparto di Cure palliative dell’Ospedale italiano. Attivato nel maggio del 2021, il 21 giugno 2023 il Reparto ha raggiunto la sua piena funzionalità, con una cerimonia nel pomeriggio dedicata a famiglie, associazioni e autorità. Un luogo dove la cura come presa a carico complessiva della persona malata e dei suoi affetti è decisiva. «Le Cure palliative - ci spiega il primario, la professoressa Claudia Gamondi - sono le cure per i pazienti con malattia evolutiva cronica, quali ad esempio la malattia oncologica, le malattie dei polmoni, dei reni etc. Tutte le malattie che non sono guaribili, ma che hanno un margine di cura palliativa nonostante siano patologie che creano una serie di disturbi ai pazienti e alle loro famiglie». I pazienti vengono ricoverati nel momento in cui c’è una sofferenza che non può essere gestita laddove la persona si trova. Ad accogliere i pazienti un team di professionisti: medici ed infermieri, dietista, fisioterapista, ergoterapista, consulente spirituale, assistente sociale, e dunque una squadra di persone che collabora per migliorare la qualità di vita dei pazienti, attraverso un approccio multidisciplinare sinergico. È fondamentale entrare in una relazione empatica per fornire un’assistenza personalizzata che rispetti e accolga quelle che sono le abitudini di vita quotidiane del paziente. L’obiettivo del Reparto è di fare in modo che la persona si senta a casa: nessun orario fisso per mangiare e dormire, possibilità di visite 24 ore su 24 e un divano letto in ogni stanza, per poter riposare accanto al proprio caro. Dunque, non solo farmaci! La cura di questi pazienti è impostata in modo globale, rivolta sia alle loro problematiche sanitarie, sia ad attivare le loro risorse, che in un momento più difficile della vita si possono perdere di vista. Le Cure palliative non pongono attenzione solo alle problematiche, ma investono anche sulle risorse che il paziente e le famiglie hanno per affrontare queste malattie. «Ci si sente vinti, sconfitti, battuti. È sconvolgente. Un infinito vuoto ci circonda. Rabbia, paura, negazione, rifiuto, depressione sono i sentimenti che predominano», ci raccontano due parenti di una paziente che incontriamo alla giornata inaugurale del reparto. «Le infermiere e i medici ci sono vicini e si stringono a noi. Empatici, sensibili, delicati. Anche loro condividono questo dolore, questo squarcio al cuore, inimmaginabile in una persona piena di forza e gioia di vivere. In situazioni senza vie d’uscita, avere qualcuno vicino a cui ci si può appoggiare è importantissimo, ci sostengono, sentiamo il loro affetto, ci vogliono bene. La loro azione non si ferma davanti alla morte, sono coerenti sino in fondo, grazie ad una volontà straordinaria». La cura come totalità di presa a carico della persona, e non solo come terapia farmacologica, è la caratteristica fondamentale che il team curante riserva ai pazienti, ed estende con l’attenzione alle relazioni con i famigliari. «Questo confrontarsi, per i curanti, con la malattia e la morte quotidianamente è motivo di grande ammirazione per il lavoro che svolgono!», concludono i parenti della paziente. Una testimonianza che esprime fortemente la necessità - a tutti i livelli laddove è in gioco la sanità - di riappropriarsi della pienezza del significato etimologico di cura, che va oltre la sola dimensione terapeutica, proprio perché l’essere umano ha bisogno anche di altro: di sentirsi considerato pienamente e sempre persona, e non solo paziente.

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