“Arte e Cultura”, trimestrale edito dalla Fontana Edizioni e per anni diretto da Giorgio Mollisi, ha da un anno un nuovo direttore: Mirko Moizi. Laureato in Storia e critica dell’arte all’Università degli Studi di Milano, ha conseguito il Dottorato di ricerca all’Accademia di architettura di Mendrisio (Università della Svizzera italiana), dove attualmente insegna. Le sue ricerche si concentrano in particolar modo sulla scultura dal Trecento al Cinquecento e sulle problematiche relative alla gestione delle botteghe e dei cantieri.
Mirko Moizi, cosa significa per lei essere diventato direttore della rivista?
Bisogna dire che è stato un processo graduale: nel 2017 ho iniziato a collaborare, con sempre maggior frequenza, ad “Arte e Cultura”, prima scrivendo singoli contributi e poi occupandomi della parte redazionale. Dopo qualche anno, Giorgio Mollisi mi ha chiesto di affiancarlo, prima come vicedirettore (nel 2021) e poi come condirettore (nel 2022), fino a quando ho assunto la direzione della stessa (dallo scorso anno). E ammetto che portare avanti questo progetto di valorizzazione del patrimonio artistico ticinese è qualcosa che mi inorgoglisce.
Possiamo ricordare i principali cantieri di ricerca conclusisi nel ‘24?
Se ragioniamo su tutto quello che abbiamo fatto nel 2024, nei tre volumi pubblicati (due volumi singoli e un volume doppio) ci siamo occupati di ben 12 edifici sacri del Cantone: la chiesa di San Giovanni Battista e la chiesa di San Nazario nel numero dedicato a Sonvico; le sette chiese di Giornico nel numero doppio; e la chiesa di Sant’Andrea, l’oratorio di San Rocco e l’oratorio di San Giovanni Battista di Sigirino nel numero uscito a dicembre. È stato molto impegnativo, soprattutto il volume su Giornico, ma ne è valsa sicuramente la pena, perché, in un modo o nell’altro, siamo riusciti ad approfondire una serie di tematiche e di questioni che non sempre avevano ricevuto la giusta attenzione.
E per il prossimo futuro?
Per il 2025 la programmazione è già definita. Inizieremo l’anno con un numero incentrato sul battistero di Riva San Vitale, il più antico edificio religioso cristiano presente nei territori ticinesi, per poi concentrarci sulla collegiata di Balerna, recentemente restaurata, per la quale abbiamo pensato ad un numero doppio che costituisce l’ideale continuazione del volume che “Arte e Cultura” ha dedicato – nel 2023 – all’antico battistero di Balerna (oggi chiesa della Beata Vergine e di San Giovanni Battista) e al vicino palazzo della Nunziatura. Nell’ultimo volume, invece, tratteremo la collegiata di Agno.
L’allestimento di un numero, di solito, prevede un bel lavoro di équipe, in cui intervengono studiosi e ricercatori dalle più varie competenze. Ci può rivelare qualcosa di questo lavoro di squadra?
La collaborazione con – e fra – gli studiosi è fondamentale. Per quanto possibile, cerco di coordinare il lavoro fra le varie parti, talvolta mettendo in comunicazione gli stessi autori, in modo che la narrazione dei vari argomenti che proponiamo sia corretta e coerente. Poi, certo, ci sono collaboratori che scrivono con maggiore frequenza, con i quali si sono formati sinergie e automatismi più forti. Per quanto riguarda, invece, gli edifici o i temi da trattare, talvolta sono i singoli consigli parrocchiali (o altri enti locali) a contattarci per chiederci di realizzare un volume dedicato alle loro chiese, mentre altre volte siamo noi ad individuare ciò di cui vogliamo scrivere.
Quanto rivelano gli edifici studiati dalla rivista della fede delle persone nei secoli e quanto conta, per lei personalmente, che questi edifici siano appunto l’espressione di fede delle persone?
Le opere d’arte conservate in una chiesa sono chiaramente espressione della fede delle persone che erano solite frequentare la stessa chiesa. Pensiamo, ad esempio, ai committenti che ordinavano dei dipinti per essere collocati su determinati altari, nei quali venivano spesso raffigurati santi per i quali essi avevano una particolare devozione, oppure agli ordini religiosi o alle confraternite, che sceglievano con cura quali santi o episodi sacri valorizzare maggiormente all’interno dei loro edifici di culto. Di conseguenza, le ricerche che effettuiamo sulle varie chiese rivelano molto di questa fede e, per noi che studiamo storia dell’arte, questi legami fra opere e persone sono molto importanti anche perché ci danno la possibilità di comprendere meglio le stesse opere o di scoprire qualche informazione in più sui committenti.
In che modo l'arte può alimentare la spiritualità?
Di certo, secoli fa, se la fede poteva ispirare i soggetti delle opere (come abbiamo detto prima), allo stesso modo i santi o gli episodi rappresentati potevano suscitare un certo coinvolgimento spirituale nello spettatore. Ma era una società diversa, con un rapporto con la religione che definirei differente – sotto vari aspetti – da quello odierno; ed era anche un’arte diversa, direi più immediata, che probabilmente ispirava un sentimento religioso più profondo di quanto non possa fare gran parte della produzione artistica odierna.
Prevedete delle novità per il futuro della rivista?
Negli ultimi due anni abbiamo già introdotto diverse novità: è stata cambiata la carta, perché volevamo una tipologia che valorizzasse maggiormente le immagini senza compromettere la leggibilità dei contributi; il fotografo è un altro; e abbiamo introdotto, nella parte finale di ogni volume, gli abstracts in italiano, tedesco, francese e inglese di tutti gli interventi. Per il prossimo anno, quindi, non prevediamo – almeno per ora – ulteriori modifiche, ma ci concentreremo sul consolidamento di quanto fatto fino ad oggi.
Per ordinare la rivista: www.fontanaedizioni.ch/categoria/collana-arte-cultura/
Per contattare la redazione: artecultura@fontana.ch
Laura Quadri
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