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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (15 dicembre 2025)
  • Commenti ai Vangeli domenicali

    calendario romano - Lc 3,15-16.21-22 / Battesimo del Signore

    Le nostre radici sono in chi ci genera

    di Dante Balbo (dalla rubrica televisiva Il Respiro spirituale di Caritas Ticino in onda su
    TeleTicino e online su YouTube)

    Oggi quando incontriamo qualcuno che non conosciamo ancora, gli chiediamo che lavoro o che scuola fa, se è giovane. Un tempo i nostri vecchi chiedevano «A chi sei figlio?» o più semplicemente «Di chi sei?». Significava collocare le persone nella sostanza di cui erano fatte, con i pregi e i pregiudizi, ma con la consapevolezza che ognuno di noi ha le proprie radici in chi lo genera. Gran parte del lavoro
    della psicoterapia consiste nell’accettare questa dipendenza, proprio per poterla superare e andare
    oltre. L’incarnazione non è semplicemente l’assunzione di un corpo da parte del Figlio di Dio, ma abbraccia pienamente la condizione umana. Questo è evidente nel Battesimo cui il Messia si sottopone per mano di Giovanni Battista. Lo ricorda don Willy Volonté nel commento a questa domenica.
    Proprio nella sua disponibilità a farsi fratello di tutti, Gesù mostra la sua misericordia umana e divina.
    Non impone nulla che non abbia sperimentato, accettando di fare un cammino di conversione, non certo per mondarsi dai peccati, ma per stare accanto a chi questa fragilità non può evitare, finché non ha accettato l’altro Battesimo, quello che Gesù è venuto a portare. Il Battesimo di conversione di Giovanni lava il corpo e purifica il cuore, ma non può trasformare radicalmente la vita. Lui stesso lo riconosce
    quando afferma che dopo di lui viene uno che battezza in Spirito Santo e Fuoco. Lo Spirito Santo non è una forza, una energia più o meno mistica o quantica, ma l’amore profondo incommensurabile che unisce il Padre e il Figlio in un dono totale, reciproco, infinito. Questo è quanto riceviamo quando veniamo battezzati, così che non siamo rinnovati nel proposito di adempiere alla legge di giustizia, ma inseriti in questo amore, figli adottivi, amati dal Padre nell’amore del Figlio, portati dal Figlio nell’amore del Padre. Sarebbe bello rispondere ai nostri anziani, ricordando il nostro battesimo, «Sono fratello a Gesù, come te.»

    calendario ambrosiano - Lc 3,15-16.21-22 / Domenica dopo l’Epifania

    È un Gesù che si immerge dentro l’umanità

    di don Giuseppe Grampa

    Abbiamo ancora negli occhi l’immagine del Presepe, il bimbo avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia e con un balzo di trent’anni oggi l’evangelo ci presenta Gesù che inaugura la sua vita pubblica dopo i lunghi anni trascorsi a Nazareth.
    Trent’anni di quella «vita nascosta» che saremmo tentati di considerare insignificanti, trascorsi nella più ordinaria quotidianità, scanditi dai gesti del vivere, del lavorare. Nessuno, nel villaggio, aveva intuito la misteriosa identità di quel bambino, ragazzo, giovane uomo. Quando Gesù per la prima volta prenderà la parola nella Sinagoga di Nazareth mostrando sorprendente autorevolezza nell’interpretare le Scritture sacre, la gente si stupirà. Gesù inaugura così la sua vita pubblica. Per questo primo atto pubblico sulle rive del Giordano, potremmo attenderci una qualche solennità e invece lo stile di Gesù è sorprendente e paradossale: si manifesta nascondendosi. Luca annota che c’era tanta gente e in quella calca anche Gesù che chiede come tutti gli altri a Giovanni Battista il gesto di purificazione nell’acqua del fiume. Gesù inizia la sua vita pubblica mescolandosi con la folla, quasi perdendosi in questa umanità. Anche i Magi per vedere l’Epifania, la manifestazione del neonato Re dei Giudei, avevano dovuto lasciare il palazzo del sovrano per trovare nella campagna di Betlemme questo singolare Messia. Un Messia, un Re dei
    Giudei che si defila, che si nasconde.
    E adesso, trent’anni dopo, la seconda epifania, è un mescolarsi con la folla, identificandosi con quella massa di gente che si immerge nelle acque del Giordano. Scopriamo una legge dell’agire di Gesù, un suo singolare stile: per manifestarsi Gesù non vuole distinguersi, non prende le distanze, non emerge. Anzi si immerge dentro l’umanità, quasi si confonde con essa. È ancora una volta la legge dell’incarnazione, dell’entrare fino in fondo nell’umano assumendolo. C’è solo una voce che lo dichiara «Figlio amatissimo», nessun segno meraviglioso, solo una parola.

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