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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (12 dicembre 2025)
  • I commenti al Vangelo di domenica 10 luglio

    Calendario romano
    XV Domenica del Tempo Ordinario

    La dura legge dell'obbedienza

    di Dante Balbo

    C'è qualcosa di stupido o di eroico a parlare di obbedienza. Oggi prevale la dinamica del diritto, che ha favorito conquiste straordinarie, anche se spesso smentite dai fatti, perché si sono radicate nella civiltà occidentale. Pensiamo solo al diritto dei bambini, fino a un paio di secoli fa, praticamente simili agli animali, che si potevano vendere o uccidere. Il diritto alla propria libertà e autodeterminazione è divenuto così importante che ogni forma di obbedienza anche alle leggi dello Stato è vista come una prevaricazione.
    Nello stesso tempo figure che hanno obbedito alla legge della fedeltà ad un ideale religioso o politico o umano, suscitano simpatia e ammirazione nell'udirne le gesta.

    Ha dunque ragione don Willy Volonté nel sottolineare che questa XV domenica propone letture impegnative ed esigenti, che tolgono ogni velo di sentimentalismo ai concetti d'amore evangelici. Viene infatti narrata nel Vangelo di questa domenica la parabola della pecora perduta, nella quale il pastore per una sola delle sue amate pecorelle si affanna per dirupi e boscaglia, senza darsi pace finché non l'ha trovata.
    Questo testo però non sarebbe comprensibile senza la seconda e la prima lettura. È infatti san Paolo che in uno splendido inno ci ricorda che Gesù è il fondamento, il principio, la fonte e il fine di tutte le cose. Senza di lui nulla esiste. Non c'è altro amore a cui ancorarsi, in esso tutti gli amori possono prendere forma e divenire fruttuosi. Questa radicalità è antica, già espressa da Mosè, che richiama all'obbedienza alla Legge di Dio,
    perché non è troppo alta e irraggiungibile, troppo lontana e impraticabile, ma nella bocca e nel cuore del credente. Potrebbe sembrare astratta questa affermazione, ma il cerchio si chiude tornando al Vangelo, in cui Gesù, il compimento di ogni vita è un uomo di carne che dà sé stesso per ognuno di noi. Una dura obbedienza, non imposta, ma donata.

    *Dalla rubrica televisiva Respiro Spirituale di Caritas Ticino con mons. Willy Volonté in onda su TeleTicino e online su YouTube e Facebook – XV Domenica del Tempo Ordinario dalla Chiesa.

    Calendario ambrosiano
    V Domenica dopo Pentecoste

    Liberi di aprire la porta

    di don Giuseppe Grampa
    La domanda rivolta a Gesù circa il numero di coloro che si salvano e di coloro che saranno esclusi dalla salvezza e la successiva metafora della porta mi ha ricordato la brevissima parabola di Apocalisse 3,20: «Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me». Con efficacia la parabola attesta il ruolo della nostra libertà. Libertà che ascolta e poi decide se aprire o tener chiusa la porta. Difficile dire con maggiore chiarezza, e oso aggiungere, drammaticità, la forza della nostra libertà. L’incontro con Dio può esser impedito proprio dalla nostra libertà. Ecco perché Gesù non può rispondere alla domanda circa il numero di quanti aprono la porta e di quanti invece la tengono chiusa: la storia della nostra relazione con Dio è una storia di libertà. Di fronte a Dio non siamo né burattini né robot: siamo capaci di ascolto e quindi di risposta; accoglienza o rifiuto. Eppure la domanda rivolta a Gesù ha una parziale risposta: da parte di Dio c’è una volontà inguaribilmente buona, perché «vuole che tutti siano salvati e giungano alla conoscenza della verità» (1Tim 2,4). Tutti, nessuno escluso. Innumerevoli i testi nei quali è attestata questa universale volontà di salvezza. Proprio perché l’ingresso nella Vita è affidato alla nostra libertà, decisivo l’appello di Gesù: «Sforzatevi di entrare…». Occorre una chiara determinazione, appunto un gesto libero e impegnativo per entrare. La porta è Gesù stesso, occorre quindi la fede in lui per entrare: «Io sono la porta delle pecore…se uno entra attraverso di me, sarà salvo» (Gv 1,7ss.). E infine non vorrei trascurare, anche se è inquietante, l’aggettivo che Gesù adopera: porta stretta. Ma perché stretta? Perché l’esercizio necessario della libertà che sceglie ciò che è giusto, vero, buono, bello non è né ovvio né scontato. Non è sempre facile e domanda rigore nei confronti del nostro “io” talvolta indisponibile ad accogliere ciò che è giusto, vero, buono, bello.

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