Calendario Romano
Lc 10, 38-42 / XVI Domenica del Tempo ordinario
Più antichi delle querce, più nuovi di un bambino
di Dante Balbo*
Don Willy Volonté si concentra sulla prima lettura di questa domenica, nella quale è descritto un episodio fondamentale della storia della nostra salvezza. Riguarda il nostro padre Abramo, benedetto da una nascita insperata, che ha concretizzato la promessa di Dio di una discendenza più numerosa della sabbia del mare. Sembra uno di questi giorni, con un allarme canicola, in cui non vale la pena muoversi, restando appena fuori dalla tenda, sperando arrivi un filo d'aria a conciliare il riposo. Un vecchio ha ben diritto di starsene tranquillo, circondato dai suoi beni, in greggi, schiavi e operai, con la moglie a trafficare alle sue spalle, per chissà quale lavoro domestico. In questa situazione irrompe il divino, nella forma di tre viandanti che vengono a visitarlo. Quando Dio arriva, tutto si muove, porta promesse impossibili, missioni imprevedibili e lascia un seme che crescerà oltre ogni speranza. Ci sarà la fecondità di Sara, ormai anziana, il segno fisico della fedeltà di Dio che aveva chiamato Abramo a divenire padre di popoli, ma che si moltiplicherà al punto che 4’000 anni dopo possiamo chiamare il patriarca padre nella fede. Spesso nella Bibbia la sterilità è capovolta, ma mai come nel caso di Abramo, se pure non si tratta di una generazione fisica solamente, tanto è vero che Gesù dirà che Dio può far sorgere figli di Abramo dalle pietre. È questa fecondità che anima il canto straordinario di san Paolo, che può parlare di gioia nelle sofferenze, se subite per coloro che ama, così come Gesù ha fatto con lui. È la fecondità stessa di Dio che ereditiamo, così che anche noi come i viandanti visitatori di Abramo, siamo ancor più antichi delle querce che hanno assistito al prodigio della profezia della generazione di Isacco, ma anche come loro più nuovi del bambino che in quel giorno è stato generato, perché portatori di una fecondità che è sempre fresca e rende lieti anche nella fatica e nella sofferenza, capaci di generare figli di Dio, nello Spirito del Figlio.
*Dalla rubrica Il Respiro spirituale di Caritas Ticino su TeleTicino e su YouTube
Calendario Ambrosiano
Gv 19, 30-35 / Domenica Vi dopo Pentecoste
L’alleanza cristiana: io per voi, voi per me
di don Giuseppe Grampa
Un tema percorre i testi di questa domenica: il tema dell’alleanza. La prima lettura (Es 24,3-18) descrive il rituale antichissimo di una alleanza fondata nel sangue che era considerato la sede stessa della vita. Sangue di animali versato in parte sull’altare luogo della divinità e in parte sul popolo. Così nel sangue si stringeva l’alleanza tra Dio e il suo popolo, un legame di appartenenza tenace come il sangue. L’alleanza tra Dio e il suo popolo è un patto di sangue, un vincolo sacro, come sacrosanto è il legame di sangue. E infatti tutte le formule di alleanza sono formule di reciprocità: «Io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo», o ancora più brevemente: «Io per voi e voi per me». E leggiamo in 2Sam 5,1: «Vennero tutte le tribù del popolo di Israele da David in Ebron e gli dissero: ecco noi ci consideriamo come tue ossa e tua carne». L’alleanza crea un vincolo, rende consanguinei.
Accostiamoci ora alla prima lettura e al colpo di lancia che ferisce il fianco di Gesù ormai morto sulla croce: «E subito ne uscì sangue e acqua». Sappiamo che l’evangelista Giovanni non è tanto preoccupato di darci la cronaca degli avvenimenti, ma attraverso anche piccoli dettagli vuole restituirci il senso profondo degli eventi. Sangue e acqua sono stati letti dalla tradizione cristiana come simboli della nuova vita che sgorga dal fianco di Cristo crocifisso. Un fiotto di vita sgorga da questo povero cadavere appeso al patibolo. Sta qui il paradosso di questa morte che è principio di vita. Come dal primo uomo, Adamo dormiente, è stata tratta la donna madre di tutti i viventi, così dal fianco di Cristo avvolto dal sonno della morte, nasce la Chiesa attraverso i due gesti dell’acqua battesimale e del sangue eucaristico. Diventano così pienamente comprensibili le parole con le quali, l’ultima sera della sua vita, prendendo nelle sue mani il calice del vino Gesù dice: «Bevetene tutti perché questo è il mio sangue dell’alleanza» (Mt 26,27).