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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (19 dicembre 2024)
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  • Il Papa tra i bambini con disabilità di Dili: “Sono i nostri maestri, ci insegnano la cura”

    Il Papa tra i bambini con disabilità di Dili: “Sono i nostri maestri, ci insegnano la cura”

    “Quando Gesù parla del Giudizio finale, dice ad alcuni: ‘Venite con me’. Ma non dice: ‘Venite con me perché siete statibattezzati, perché siete stati cresimati, perché siete statisposati in Chiesa, perché non hanno mentito, perché non hanno rubato…’. No! Dice: ‘Venite con me perché mi vi siete presi cura di me. Vi siete presi cura di me’”.

    Pagine strappate al Vangelo quelle vissute questa mattina, 10 settembre, a Dili, secondo giorno del viaggio di Papa Francesco a Timor-Leste, nella casa Irmãs Alma. Una struttura fatta di mattoni, tappeti rossi e mura bianche dipinte, dove da anni le suore dell’Associazione delle Istituzioni Missionarie Laiche, fondata negli anni ’60 in Indonesia, garantiscono cure a bimbi disabili e gravemente malati. Nella mezz’ora della visita del Pontefice il sorriso, per la spontaneità della cinquantina di bambini presenti (ma anche delle suore) buttatisi in mezzo alla sala o in massa alle ginocchia del Papa, si è alternato alla commozione, con la carezza a Silvano, 7 anni, affetto da una gravissima malattia neuro-motoria, e al pianto, quando – uscendo dalla struttura – Francesco ha salutato uno ad uno mamme e papà disperati con in braccio figli idrocefali o con ritardi cognitivi.

    L'emozione della gente

    Pagine di Vangelo che si fanno carne con un Papa commosso dinanzi ad una sofferenza davanti alla quale – come ha detto in tante occasioni – ci sono solo le lacrime e nessuna spiegazione. Un Papa allo stesso tempo sorridente nel vedere l’emozione incontenibile di una popolazione dalla fede profonda, che non guarda a cordoni di sicurezza né a protocolli ma vuole solo avere una benedizione dal Successore di Pietro.

    Anche oggi, come ieri all’arrivo, il tragitto dalla Nunziatura alla Casa Irmãs Alma è stato segnato da file incontenibili di persone per strada che con grida, bandiere, applausi, lacrime e saltelli di gioia, hanno salutato il passaggio dell’automobile papale. L’impatto è stato forte all’ingresso della Casa, adornata di fiori, moquette rossa, una distesa di regali, rosari, statue della Vergine di Fatima: una bimba di nemmeno 5 anni, focomelica, insieme ad altre due coetanee con abiti tradizionali e una coroncina gli ha dato il benvenuto e lo hanno omaggiato con un tais, la tradizionale sciarpa timorese. Francesco ha stretto la bimba a sé e le ha inserito nel cinturone rosari e caramelle, mentre una suora, con un gesto di cura come i tanti che scandiscono la vita quotidiana nella Casa Irmãs Alma, le sistemava la spallina calata. Poi il Papa si è girato dai suoi collaboratori: “Non si può fare qualcosa per lei? Possiamo operarla?”, ha domandato.

    Il sacramento dei poveri e i gesti di cura

    Sono malattie incurabili, in realtà, quelle di cui soffre la maggior parte di questi bambini, e fa rabbia vedere invece che non si è potuto intervenire su malattie invece curabilissime durante la gravidanza, a causa della povertà e scarsità di mezzi sanitari. Rimane solo l’amore, ora, per queste persone completamente cieche, autistiche, disabili, focomeliche, con sindrome di Down. “Un amore che incoraggia, che costruiscae che rafforzi”. Questo io lo chiamo “il sacramento dei poveri”, ha detto il Papa in italiano,  nel suo breve discorso preceduto dal saluto della superiora suor Gertrudis Bidi, all’interno della sala San Vincenzo de Paoli.

    L’amore “è quello che si trova qui: amore”, ha sottolineato il Pontefice. Un amore visibile in piccoli gesti come quello delle suore di calmare un bambino scoppiato in un pianto a dirotto all’inizio dell’incontro, o di tenere in braccio ragazzini neanche troppo piccoli che si erano addormentati. O ancora le mani sulla testa per sistemare i capelli, gli inseguimenti in sala dei bimbi più vivaci, l’aver insegnato un canto in italiano con la chitarra a bimbe che non hanno la vista.

    Il Papa al popolo timorese: avete il "buon profumo" di chi insegna ai figli a sorridere

    Nell’omelia della Messa celebrata nella spianata di Taçi Tolu a Dili, davanti a 600 mila persone, Francesco invita a guardare alla tenerezza e semplicità dei bambini: attraverso di loro Dio si fa vicino, attenzione ai "coccodrilli che vogliono cambiare la vostra cultura e la vostra storia".

    Un dono per sognare

    “Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio”, scandisce nella sua omelia in spagnolo il Papa, ripetendo le parole del profeta Isaia proclamate nella prima Lettura: in una Gerusalemme prospera, ma in un momento di grande decadenza morale, “Dio fa splendere la sua luce che salva attraverso il dono di un figlio”. La nascita di un bambino, riflette Francesco, è un “momento luminoso, di gioia e di festa”, che suscita “desideri buoni”, di “ritorno alla purezza e alla semplicità”. Di fronte a un neonato, “anche il cuore più duro si riscalda e si riempie di tenerezza”.

    La vicinanza di Dio è attraverso di un bambino, Dio si fa bambino, e non è solo per stupirci e farci commuovere, ma anche per aprirci all’amore del Padre e lasciarci modellare da Lui. Da lui, affinché possa curare le nostre ferite, appianare le nostre divergenze, porre in ordine l’esistenza.

    Farsi piccoli per fare cose grandi

    Sottolineando la presenza gioiosa di numerosi bambini nel giovane Paese del Sudest asiatico, Francesco evidenzia che solo “facendoci bambini permettiamo l’azione di Dio in noi”, come Maria, “che oggi veneriamo come Regina”, cioè “come la madre di un Re che ha voluto nascere piccolo, farsi nostro fratello”, spiega facendo riferimento al brano evangelico di Luca ascoltato poco prima in portoghese.

    Maria (…) ha scelto di rimanere piccola per tutta la vita, di farsi sempre più piccola, servendo, pregando, scomparendo per far posto a Gesù, anche quando questo le è costato molto.

    Da qui il monito del Papa a non avere paura “di farci piccoli davanti a Dio, e gli uni di fronte agli altri, di perdere la nostra vita, di donare il nostro tempo, di rivedere i nostri programmi”, di ridimensionare i nostri progetti, “non per sminuirli, ma per renderli ancora più belli attraverso il dono di noi stessi e l’accoglienza degli altri”.

    Carità e misericordia

    Tutto questo è simboleggiato molto bene, secondo Francesco, da due monili tradizionali timoresi, il Kaibauk e il Belak: il primo raffigura le corna del bufalo e la luce del sole, si mette a ornamento della fronte o sulla sommità delle abitazioni e rappresenta “la potenza di Dio, che dona la vita” rammentandoci che “anche noi possiamo cooperare con le nostre azioni al grande disegno della redenzione”. Complementare al Kaibauk è il Belak, che si indossa sul petto, rimanda al chiarore delicato della luna e alla tenerezza della madre e rende ciò che tocca “luminoso della stessa luce che riceve da Dio”.

    Profumo di sandalo e Vangelo

    Al termine della celebrazione eucaristica ha preso la parola l’arcivescovo di Díli, il cardinale Virgílio do Carmo da Silva: “Oggi, questo luogo di Taçi Tolu è di nuovo l’epicentro di un evento storico per il popolo timorese”. Se la visita del Papa San Giovanni Paolo II ha segnato “il passo decisivo per il nostro processo di autodeterminazione” - ha detto riferendosi alla conquista dell’indipendenza - oggi la presenza di Papa Francesco contrassegna “un passo fondamentale nel processo di costruzione del Paese, della sua identità e cultura”. In passato, ha ricordato il porporato, esploratori e navigatori sono stati attirati nell’isola di Timor dal profumo del sandalo, che “a un certo punto della storia si è incrociato con quello del Vangelo”, persistente fino a oggi grazie all’impegno continuo dei missionari.

    Francesco ha dunque aggiunto a braccio che il sandalo ha un buon profumo, ma la cosa migliore che ha il Timor è "il suo popolo. Non posso dimenticare questo popolo ai lati del cammino, con i bambini. Quanti bambini avete! La cosa migliore che ha il popolo è il sorriso dei suoi bambini. E un popolo che insegna a sorridere ai suoi bambini è un popolo che ha un futuro". 

    Richiamando con una battuta i coccodrilli che vivono in alcune spiagge del Paese, il Papa ha messo in guardia dai "coccodrilli che vogliono cambiare la cultura, la storia, perché mordono forte". "Io vi auguro la pace, vi auguro di continuare ad avere molti figli", ha detto invitando a prendersi cura dei bambini e degli anziani, "che sono la memoria di questa terra", prima di concludere, tra gli applausi, con un incoraggiamento a guardare avanti e a farlo con speranza.

    Vatican News / Red

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