di Silvia Guggiari
Dal 28 novembre all'8 dicembre: prima Aleppo, poi Hama, Daraa, Homs e infine domenica Damasco. Dieci giorni che hanno segnato la caduta fulminea del regime di Bashar al-Assad per mano dei ribelli guidati da Abu Mohammad al Jolani, leader di Hayat Tahir al-Sham (Hts): ora, dopo 13 anni di guerra civile, si apre una nuova fase politica.
In questo scenario, che negli ultimi dieci giorni è divenuto ancor più drammatico, le uniche vittime continuano ad essere i civili che sono ormai arrivati allo stremo, come ci racconta Seydi Gösteris, volontaria dell’associazione ticinese «Il giardino dei bambini», che è appena rientrata da questi luoghi: «Sono stata una settimana in Libano e due settimane in Siria: la situazione è molto grave in entrambi i Paesi».
Seydi ci racconta di essere rimasta sconvolta da quello che ha visto in Libano, nella zona di Beirut e sul confine della Siria, dove ha incontrato rifugiati cristiani e musulmani sciiti che hanno perso tutto: «Ho incontrato una famiglia cristiana che era scappata dal sud del Libano dopo che la loro casa di notte era stata colpita da un missile: il padre era riuscito a salvare miracolosamente dalle macerie la loro figlia più piccola. I cristiani in Libano hanno aperto le loro scuole, le case, le chiese, e li hanno trasformati in campi per rifugiati. C’è un’enorme sofferenza: è una guerra e come ogni guerra non c’è pietà. Tutti sono coinvolti; io credo solo che bisogna pregare per la pace, perché il Signore illumini coloro che sono al potere».
«La Siria è stremata dalla guerra, dal terremoto, dalla grave inflazione, dall’embargo imposto da 15 anni, dalla scarsa elettricità e ora per completare il quadro sono arrivati i nuovi attacchi: Aleppo è completamente isolata», racconta Seydi che è riuscita ad entrare nel Paese attraverso la dogana di Homs, l’unica rimasta ancora aperta, mentre altri tre valichi con il Libano sono già stati bombardati. Sul confine, la volontaria svizzera è riuscita a visitare i campi dei rifugiati oltre che numerose case: «Ho incontrato delle situazioni drammatiche, che mi hanno ricordato quelle che avevo visto in Iraq nel 2014 al tempo della guerra con l’ISIS. Nei campi dei rifugiati abbiamo distribuito aiuti di prima necessità e vestiti caldi per l’inverno».
Il viaggio di Seydi aveva uno scopo ben preciso, quello di partecipare all’inaugurazione del centro di accoglienza sistemato e restaurato grazie all’associazione «Il giardino dei bambini» che da sempre ha uno sguardo prezioso sui più deboli nei contesti di guerra: «Ora, in questo luogo, possono trovare ospitalità i bambini poverissimi spesso abbandonati per le strade, ognuno di loro con storie terribili: offriamo formazione scolastica, oltre che supporto psicologico ed educativo e garantiamo due pasti al giorno. Tutelare i più piccoli è fondamentale perché in strada rischiano di diventare preda dei ribelli alimentando ulteriormente questa catena di odio». Inoltre, a Homs Seyde accompagnata da padre Luca ha incontrato e distribuito aiuti materiali a centinaia di bambini musulmani che vivono in una situazione disperata, abbandonati per strada.
In questo teatro di macerie, quello che rimane è solamente pregare, «affinché non avvenga un’altra carneficina, e questa è una tragedia, la gente non ce la fa più. Quello che mi dà speranza è che le Chiese non abbandonano i loro fedeli: l’arcivescovo siro ortodosso di Aleppo mons. Boutros Kassis, il cardinale di Damasco, come anche i frati francescani hanno detto di voler rimanere con la loro gente e le loro comunità. La comunità internazionale deve intervenire subito: i siriani sono un popolo molto attivo, ma l’embargo sta distruggendo questa nazione. Il popolo sta soffrendo, muore di fame e sta perdendo tutto: i potenti non possono continuare ad essere così indifferenti», conclude in lacrime Seydi.
È possibile sostenere i progetti dell’Associazione «Il giardino dei bambini» a favore degli sfollati in Medio Oriente con una donazione sul conto CH80 8080 8009 0477 1595 6. Info su www.ilgiardinodeibambini.ch.
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