Calendario romano: Gv 17, 20-26
Non vado via, sono sempre con te
di Dante Balbo*
Quando ero ragazzo, se mi innamoravo, usavo termini molto presuntuosi, come «sempre», «mai», «non ti lascio», anche se poi la vita, gli eventi, il nostro cuore a volte li rendevano vani. L’amore ha bisogno di assoluti, a dispetto dei risultati; la speranza che tutto continui per sempre, che siamo accolti, accompagnati, riversando nell’altro il desiderio di infinito che ci abita, si ripete ad ogni nuovo incontro. L’unico che realizza veramente questo amore è Gesù, perché ha dalla sua la potenza, la grazia, la fedeltà che lo unisce al Padre e che è così grande da essere una persona. Lui se ne è andato, per stare alla destra di Dio, ma proprio per questo la sua presenza è ancora più forte con noi. Questa domenica, unica in Svizzera, perché attorno a noi si festeggia l’Ascensione, racconta di una promessa, che il Signore non delude.
Noi lo chiamiamo Spirito Santo, una parola ambigua, perché fa pensare a qualcosa di evanescente, impalpabile, una specie di energia, perché gli spiriti nella nostra cultura sono immateriali, non si possono toccare, guardare, cogliere con i sensi fisici.
Gesù però gli dà delle caratteristiche personali, lo chiama Paraclito, che significa avvocato. Non dobbiamo però pensare ad un uomo di legge, professionista, perché ai tempi, l’avvocato era un amico dell’imputato, uno che prendeva le sue difese.
Viene tradotto anche come consolatore, per alleviare le sofferenze, assistere nelle persecuzioni, accompagnare nella mancanza. Lo Spirito Santo non si limita ad un incontro personale, costruisce la Chiesa, la comunità dei credenti.
Con l’Ascensione di Gesù e la venuta del Paraclito, il Signore non se ne è andato, anzi, ha portato con sé il Padre. Prima di andare incontro alla morte, il Maestro ha pregato per tutti noi, affinché si manifestasse la Presenza del Padre nei suoi discepoli. Lo Spirito Santo ci ricorda che Gesù non va mai via, è con noi, ogni giorno, per sempre.
*Dalla rubrica televisiva Il Vangelo in casa di Caritas Ticino in onda su TeleTicino e su YouTube
Calendario ambrosiano: Gv17, 1b.20-26
L’appello di Gesù: “Che siano una cosa sola”
di don Giuseppe Grampa
Le parole che abbiamo appena ascoltato appartengono alla grande preghiera che Gesù rivolge al Padre, l’ultima sera della sua vita, nel Cenacolo.
L’evangelista Giovanni ci invita a guardare Gesù l’Intercessore, colui che si mette in mezzo tra Dio e noi e porta a Dio le voci degli uomini, le nostre voci. Infatti nella prima parte della grande preghiera gli occhi di Gesù sono rivolti ai discepoli; nell’ultima parte i suoi occhi invece guardano lontano, verso quanti crederanno per la parola dei discepoli. L’ultima sera della sua vita in mezzo a noi Gesù ha pregato per noi e per quanti nel corso della storia avrebbero accolto il suo evangelo. In quell’ultima sera noi, ognuno di noi, eravamo presenti: nel pensiero, nel cuore del Signore. E per noi, per tutti gli innumerevoli discepoli, Gesù chiede soltanto questo: «Che siano una cosa sola, come tu Padre sei in me e io in te». Sulle labbra di Gesù questo «essere una cosa sola» non è soltanto unanimità, convergenza, accordo, intesa frutto di buona volontà e dialogo. È partecipazione della vita stessa di Dio. Solo se saranno questa unità allora il mondo crederà. Tutti i discepoli di Gesù, tutte le Chiese che credono al Vangelo non hanno altra ragion d’essere se non questa: essere una cosa sola, compito più decisivo di questo i discepoli di Gesù non hanno. E nessuna altra testimonianza più persuasiva possono dare al mondo se non questa: essere una cosa sola. Sappiamo che noi discepoli di Gesù siamo lontani da questa unità. Siamo dolorosamente divisi da molti secoli per responsabilità che ricadono su noi tutti. Adesso, soprattutto grazie al Concilio, sempre meglio comprendiamo che tutti dobbiamo camminare verso quell’unica casa che non sarà certo un luogo, una istituzione, ma sarà «Dio tutto in tutti». Tutti dobbiamo ritornare a casa, tutti siamo bisognosi di riforma, tutti mendicanti di perdono.