Calendario romano III Domenica di Quaresima
di Dante Balbo
Ogni giorno siamo investiti da notizie tragiche, che ci mostrano l’apparente insensatezza della vita, la sua precarietà, il disagio nel non trovare alcuna giustizia nel sangue innocente versato, nei poveri che pagano per tutti, nei governanti corrotti che la fanno franca sempre. Anche Gesù si ritrova a confrontarsi con la cronaca locale, di cui ci offre uno spaccato il Vangelo di questa terza domenica di Quaresima. Una torre è crollata su 18 persone, il procuratore romano ha massacrato della gente, mentre pregava e offriva sacrifici. Il maestro non nega la realtà, ma rifiuta il concetto semplicistico di giustizia, per cui quello che è capitato in un certo senso se lo sono cercati, probabilmente peccando e attirandosi l’ira di Dio. Le vittime infatti non erano né più peccatori, né migliori di coloro che lo stavano ascoltando. Tuttavia è proprio l’imprevedibilità della vita, la complessità delle cause che determinano gli eventi a suggerire attenzione. Ci sono realtà ancora peggiori, che hanno a che fare con quello che possiamo decidere rispetto alla nostra relazione con Dio. Non perché se non facciamo i bravi saremo puniti, ma perché se non ci convertiamo rischiamo di perdere tutto ciò per cui vale la pena di vivere. La vita intera diventa segno della nostra fragilità, che possiamo preservare solo aggrappandoci alla certezza che abbiamo un Dio che ci sostiene, nonostante tutto. I cristiani sono colpiti come gli altri, ma hanno la Grazia di stare stretti al loro Signore. Lui non si è risparmiato, ha scelto di andare incontro alla morte, all’offerta totale di sé, accogliendo la più infamante ingiustizia. Gesù non ha cercato la sofferenza, ma ha accolto quello che la vita gli presentava, riconoscendo sempre di più che era l’unica strada per salvarci. Lo sguardo di Dio è rivolto a quello che conta davvero, la fiducia e la comunione con lui. La durezza della vita ci pone di fronte a una scelta: possiamo odiarla o accoglierla. Questo significa conversione e la Quaresima è una straordinaria occasione.
Calendario ambrosiano III Domenica di Quaresima
di don Giuseppe Grampa
Innumerevoli volte nelle pagine della Bibbia il nome di Dio è congiunto con quello di Abramo. Se vogliamo conoscere Dio dobbiamo conoscere Abramo, dobbiamo riconoscerci gente del suo popolo. In una notte piena di stelle Dio gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle se riesci a contarle: tale sarà la tua discendenza. Egli credette al Signore» (Gen 15,5). In quella stellata notturna c’eravamo anche noi figli promessi ad Abramo, chiamati a far parte di questo grande popolo. È grazie a questa ininterrotta catena di credenti– i figli di Abramo – che la fede è giunta fino a noi. È dentro questo popolo che Gesù, della stirpe di Abramo, è venuto nel mondo. Ma allora è in forza del sangue di Abramo che anche noi e ogni altro uomo può appartenere al popolo dei figli di Abramo? Se così fosse non la fede ma il sangue deciderebbe della nostra appartenenza al popolo di Dio. In altre parole, la nostra sarebbe una religione etnica, costruita sulla base esclusiva di una appartenenza razziale. Ma le promesse di Dio non sono per un popolo, peggio per una razza, ma per l’intera umanità. Pretendere di legare Dio ad un popolo, ad una razza, ad una lingua, ad una cultura vuol dire negare quel Dio che è sì il Dio di Abramo, dei nostri Padri, ma per una salvezza che è per tutti, per ogni uomo che lo cerca con cuore sincero. Nessuno spirito settario, nessun esclusivismo è compatibile con il respiro grande, universale del popolo di Dio. In tempi di risorgenti chiusure e ostilità verso stranieri e diversi bisogna tenacemente ripetere che «Dio non fa preferenze di persone» (At 10,34). La fede di Abramo ha una seconda caratteristica. Il popolo dei figli di Abramo, il popolo di Dio è popolo in cammino, popolo in ricerca. Come Abramo così il popolo di Dio cammina avendo negli occhi un sogno, cieli nuovi e terra nuova. Ancora oggi si riconoscono figli di Abramo Ebrei, Cristiani e Mussulmani. Possiamo insieme pregare così: «Benedetto sei tu, Signore Dio dei nostri padri. Non ritirare da noi la tua misericordia, per amore di Abramo, tuo amico».
Il cardinale Coccopalmerio, a Lugano per ricordare mons. Corecco, riflette sul futuro sinodale della Chiesa: più partecipazione, dialogo e corresponsabilità. Propone consigli pastorali obbligatori e voto deliberativo per una vera sinodalità guidata dallo Spirito.
Mons. de Raemy in intervista torna per catholica/cdt e catt.ch sulle sue nuove nomine: dal delegato ad omnia fino al rettore del Seminario definendole scelte a favore della missionarietà e per dinamizzare la diocesi. Un pensiero anche all'attualità di cronaca relativa al prete accusato di abusi.
Sabato "Strada Regina" su RSI LA1, domenica "Chiese in diretta" su RSI Rete Uno e la Santa Messa su RSI Rete Due.