di Laura Quadri
72 anni, americano e «in missione» fuori dal proprio Stato, l’Ohio, dall’età di 17 anni, quando raggiunge il monastero di Monte Oliveto in Toscana, accogliendo la chiamata alla vita monastica in seno all’ordine benedettino. Tale è il profilo di Padre Christopher Zielinski, oggi abate della Basilica di S. Maria del Pilastrello a Lendinara. Al Ticino lo lega la vicinanza alle Monache di Rosano, che hanno a lungo sostenuto il Monastero benedettino di Claro e che a loro volta ospitano ancora oggi alcune Monache ticinesi, tra cui una giovane novizia in formazione. Proprio grazie all’abadessa di Rosano, madre Stefania, lo scorso fine settimana padre Zielinski ha potuto esser ospite dell’associazione degli Amici del Monastero di Claro. Nelle stesse ore, a Roma, si svolgeva la S. Messa per l’apertura del pontificato di Leone XIV. Un evento sentito fortemente anche a Claro, dato che, ha rivelato padre Zielinski, «la casula portata dal Papa durante la Messa è stata finemente ricamata dalle consorelle di Rosano».
Ma come ha vissuto, da americano, padre Zielinski, l’elezione di Prevost? «È stata una sorpresa gioiosa perché mi ritrovo molto nelle sue scelte. Sia io che lui siamo stati a lungo lontani dagli Stati Uniti, e questo penso ci abbia dato una visione più globale, ci ha permesso di fare delle esperienze di altri mondi, altre lingue. Posso immaginare come per lui sia stato lo stesso che per me: un’esperienza che ci ha dilatato il cuore e ha creato sempre più spazio per gli altri». Padre Zielnski non ha mai conosciuto personalmente il Papa, ma qualcuno che gli è molto vicino: «Mia zia e mia cugina hanno conosciuto i Prevost presso la parrocchia degli agostiniani di S. Rita, nella parte sud di Chicago. Ci sono andato spesso anche io. In quel periodo Prevost era già vescovo in Perù: se ne parlava molto, in un certo senso creava sorpresa, questo americano diventato cittadino peruviano. Si pregava molto per lui. E pensiamo a quello che è riuscito a fare: trasformare una piccola missione in una Diocesi. È formidabile: ha unito le due Americhe». Una capacità che ha, ci spiega padre Zielinski, anche uno sfondo mariano: «In Italia ha dimostrato grande devozione per la Madonna del Buon Consiglio, ma in America è stato molto vicino alla Madonna di Guadalupe. Posso testimoniare personalmente come questa devozione unisca, anche oggi, molto fortemente il Paese: nel mio breve rientro negli Stati Uniti, sono stato abate in New Mexico in un Monastero dedicato proprio a S. Maria di Guadalupe e ricordo il fervore della gente per questa Madonna». Da americano, padre Zielinski ha un desiderio: «Mi auguro che il Papa continui a parlare della migrazione. L’andare in missione ti mette di fronte agli altri. Gli americani del Nord al Sud sono visti come yankee o, come dicono anche i messicani, un gringo, un uomo estraneo alla cultura del posto. È un’esperienza che ti mette a confronto con i pregiudizi della gente, che devi saper rispettare e accogliere, e anche superare. Il missionario deve comprendere il cuore dell’altro». Padre Zielinski, dopo le sue prime esperienze, è stato chiamato in Vaticano da Benedetto XVI, dapprima come Vice Presidente dei Beni culturali, poi nel Dicastero per la Divina Liturgia. Compiti che poi, nel 2013, lascia in anticipo per diventare, fedele alla sua vocazione, abate di Lendinara. «Per un monaco hanno molto valore la Parola, il senso di comunità, il silenzio. E mi sembra di capire dal temperamento del Papa e dalla sua gestualità che questi aspetti lo hanno segnato. Specialmente mi colpisce il suo modo di fare uso del silenzio e della parola: lo trovo molto monastico». E conclude con un altro auspicio: «Nella S. Messa per l’apertura del pontificato il Papa ha evocato la necessita di unità nella Chiesa. E ha ribadito: non c’è via per la pace perché la pace è la via. È una puntualizzazione è fondamentale. Convertire dapprima il cuore è l’urgenza».