«Educare alla speranza e alla liberta», un titolo provocatorio che è stato sviluppato lunedì sera alla Filanda di Mendrisio in una conferenza organizzata da Caritas Ticino alla quale hanno preso parte mons. Alain de Raemy, amministratore apostolico della diocesi di Lugano, il filosofo Marco di Feo e il direttore del centro risorse didattiche e digitali del DECS (Dipartimento dell’Educazione della Cultura e dello Sport), Daniele Parenti. Un incontro durante il quale si è voluto mettere l’accento su alcuni obiettivi fondamentali che le figure educative di oggi non possono tralasciare nella loro missione: educare all’uso consapevole delle tecnologie; educare a un senso della libertà; educare a un pensiero critico e a delle scelte consapevoli.
Il ruolo centrale della famiglia
Il primo atto da mettere in pratica da parte di colui che educa è l’ascolto, riconoscere dunque che si ha a che fare con una persona con dei sentimenti, una sua volontà e libertà, come ha spiegato mons. de Raemy: «La famiglia rimane l’ambiente fondamentale per crescere ragazzi sani. È un ambiente di relazioni sicuro e costruttivo; è una scuola di vita. I figli devono sapere che non c’è nessuna domanda né preoccupazione che non possa essere espressa in famiglia, anche se si tratta di qualcosa che non verrà condiviso. Questo credo sia la base per educare i figli a una libertà che non sia un condizionamento».
Tecnologia e disagio giovanile
Daniele Parenti, che si occupa di educazione digitale, ha poi affrontato la relazione dei giovani con la tecnologia: «Le tecnologie esistono e non vanno demonizzate. Possono senz’altro creare problemi, ma spesso ho l’impressione che sia il disagio giovanile ad alienare i ragazzi e non tanto internet. Per capire il disagio è necessario analizzare i modelli sociologici che stiamo proponendo ai nostri ragazzi: spesso si adultizzano i bambini e si infantilizzano gli adolescenti. Uno dei nodi è che oggi chiediamo ai giovani una certa consapevolezza quando noi adulti non siamo in grado di mantenere un comportamento coerente». Il mondo virtuale ormai è intrinseco a quello reale e gli adulti non possono non tenerne conto: «Dobbiamo far sentire ai nostri ragazzi che ci stiamo preoccupando di loro e questo deve trasmettere loro grande speranza». È necessaria l’educazione alle tecnologie perché, come ha esplicato il vescovo Alain, «internet ci dà l’illusione di essere in contatto con il mondo intero, ma il sistema degli algoritmi ci chiude in una bolla».
Educare alla scelta consapevole
Un altro pilastro da trasmettere ai ragazzi attraverso l’educazione, ha aggiunto Di Feo, riguarda l’arte del giudizio insieme a quello dello sviluppo del pensiero critico in ogni ambito della vita: «La scuola, la società, gli adulti devono insieme educare alla libertà per arrivare ad educare alla scelta consapevole».